Vita da cuoco Una giornata stellata. Antonio Guida
«Cucinare è come suonare il piano, più lo fai più diventi bravo»: questa è la filosofia di Antonio Guida, grande interprete della buona tavola in un ristorante di Milano. Lo abbiamo seguito al lavoro, dalla prima colazione alla cena
Pugliese di Depressa, frazione di Tricase nel Leccese, Antonio Guida, quarantacinque anni, è lo chef del ristorante Seta presso l’hotel Mandarin Oriental a Milano dal 2015, anno in cui ha aperto e in cui si è aggiudicato la prima stella Michelin. La seconda è arrivata nel 2016, anche se Antonio, alle stelle, non è nuovo visto che quando lavorava all’hotel Il Pellicano, a Porto Ercole, se ne era già aggiudicate due, rispettivamente nel 2004 e nel 2010. E ha avuto grandi maestri, uomini stellari e stellati. Da Pierre Gagnaire a Parigi, celebre cuoco con la barba bianca, a l’Enoteca Pinchiorri a Firenze fino al Don Alfonso sulla Costa d’Amalfi, prima di approdare al La Terrazza dell’Hotel Eden. Un uomo con le stelle, ma anche un uomo molto semplice e operoso. Basta vedere la sua giornata.
7.30 Buongiorno!
È l’ora in cui ci si sveglia in casa Guida, nel centro di Milano, dove Antonio abita con la moglie Luciana e la figlia Viola di quattro anni. «Ci alziamo tutti insieme perché mia figlia va all’asilo. Per colazione non mangio nulla, bevo solo un caffè, il primo di molti altri e poi corro al lavoro». Esce quasi sempre in bicicletta, «mi piace pedalare per la città la mattina presto, prendere aria, godermi l’atmosfera di Milano ancora un po’ assonnata, ma già di corsa e pronta a dare lo sprint di sempre. E il ristorante è centralissimo, a pochi passi dal Duomo, una fortuna!».
8.30 In cucina
All’arrivo in hotel, scatta il secondo caffè di solito con Federico Dell’Omarino (l’executive sous chef, qui sotto e in basso, a destra) e Nicola Di Lena, il pasticciere (nella foto in basso, sulla sinistra). «Di solito mangio un croissant, ma confesso che, in questo periodo, Nicola sta facendo un cheesecake alle albicocche strepitoso e spesso cedo alla tentazione. Subito dopo faccio un giro al buffet della colazione per verificare che tutto sia a posto, è un rito di sempre, prima di quelli che chiamiamo
morning meeting (siamo una compagnia internazionale) con il direttore e tutti i manager di reparto come il food and beverage, il servizio in camera... Gestiamo le prenotazioni, le occasioni speciali, o le situazioni più curiose. Un esempio? La settimana scorsa un cliente neozelandese ha voluto riservare quattro volte di fila il nostro chef’s table e abbiamo dovuto riorganizzare la sala. Oppure vediamo come reagire ai reclami, se ce ne sono, pochi in genere per la verità. Finita la riunione, mi occupo dei fornitori, di quello che è arrivato, controllo che sia tutto in ordine, vedo le prenotazioni, vado al ristorante e poi in cucina. Qui mi aspetta una parte interessante del lavoro. Mi capita di pulire il pesce insieme ai ragazzi o pelare le patate come quando ero un ragazzino! Mi serve per non perdere il contatto con la mia brigata e con il cibo. Credo che la cucina sia come il pianoforte. Bisogna suonare tanto per migliorare. Poi ci concentriamo sui piatti. Adesso siamo su un nuovo risotto e su un pollo in tre varianti: cotto in crosta di sale con salsa all’uvetta e limone, la coscia con il brodo di granciporro (un tipo di granchio dell’Atlantico), e il collo con le rigaglie».
12.00 Il pranzo
«Mangiamo presto tutti insieme nella mensa dell’hotel che serve ogni giorno circa 180 pasti. Una cucina a tutti gli effetti! La gestisce Alessia, la moglie di Nicola (il pasticciere) e ci prepara sempre cose semplici e buone. Di solito preferisco stare leggero, prendo dei legumi oppure un’insalata, in ogni caso poco, perché durante il servizio assaggio molto e molti ingredienti diversi. Devo restare a palato pulito e stomaco non pieno. Poi inizia il servizio e di solito sto al passo, chiamo le comande, controllo che i piatti siano perfetti, assaggio, aiuto qualcuno dei ragazzi, se è in difficoltà. Ho una brigata molto veloce e attenta!».
15.00 La pausa
«È l’ora in cui finiamo il servizio ed è anche il momento in cui posso tornare a casa. Di solito, cerco di fare una pennichella per aspettare che tornino le mie “ragazze” (mia moglie Luciana e la piccola Viola), poi sto un po’ con mia figlia e verso le cinque riparto per il Seta dove mi aspetta la serata».
17.30 Tutto è pronto
«Eccomi di nuovo al lavoro! Prima andiamo in mensa per un boccone veloce giusto per riuscire a tenere fino a notte fonda, e poi passiamo al briefing con la sala. È un momento importante perché i ragazzi che raccontano i nostri piatti sono come i nostri ambasciatori. È fondamentale che si sentano un gruppo unico e compatto insieme con la brigata dei cuochi. Dopo aver controllato gli aperitivi, mi chiudo in cucina per il servizio e ci resto fino a quando uscirò a salutare i clienti. Ci tengo molto ad ascoltare i loro pareri, anche negativi certo, i suggerimenti, m’ispira molto nella creazione dei miei piatti e mi piace vedere le persone felici dopo una cena al Seta. L’ultima comanda la prendiamo alle 22.30 quindi, in generale, finiamo verso l’una o le due di notte, dipende dalla sala. Non mi pesa mai, anzi, e finisco il servizio quasi sempre con un bicchiere di vino con Federico e Nicola, magari accompagnato da qualcosa da mangiare! Mi aiuta a rilassarmi dopo la tensione. È anche per questo che mi piace tornare in bici o addirittura a piedi quando la città è già andata a dormire».