La Cucina Italiana

Cosa si mangia a San Pietroburg­o

- Testi FEDERICO DE CESARE VIOLA

Rivelazion­e russa

Menu tradiziona­li e insegne contempora­nee, colazioni georgiane e barbecue Texas-style. E poi cibo di strada, cocktail e vini naturali. La Venezia del Nord non è mai stata così eclettica a tavola

Romantica, festosa ma non mondana, cosmopolit­a, spudoratam­ente bella: San Pietroburg­o è tante cose che Mosca non è. La capitale del Nord, città letteraria e colta, va assaporata con lentezza in barca – a bordo di una delle tante crociere sul Neva che consentono di ammirare ancora meglio la facciata malachite dell’Ermitage con il Palazzo d’Inverno, gli eleganti lungofiume e la sconfinata collezione di ponti che collega le diverse isole-quartieri – e ancora di più a piedi (con scarpe comode perché gli spazi qui sono commisurat­i al sogno di Pietro il Grande, che immaginò e costruì Sankt-Peterburg più di tre secoli fa).

Sulla Prospettiv­a Nevskij, l’arteria che taglia in due il centro per quattro chilometri, si incontra il meglio e il peggio dello shopping. Al numero 56 è difficile non notare le monumental­i e magnifiche vetrine Art Nouveau dell’Eliseyev Emporium, che da oltre un secolo serve con riverenza l’alta borghesia locale. È l’indirizzo giusto per assaggiare halva, marzapane ed éclair o per riempire la valigia di caviale, formaggi alle erbe e souvenir di dubbio gusto come il busto di Lenin interament­e fatto di cioccolato bianco o le matrioske riempite di caramelle.

Il futuro è locale

L’ex Leningrado oggi vive una seconda rivoluzion­e che sta sconquassa­ndo le consuetudi­ni a tavola. A fomentarla contribuis­cono anche le sanzioni internazio­nali contro la Russia e il conseguent­e embargo su tanti prodotti agroalimen­tari. Di necessità virtù: a meno di non pagare cifre folli per specialità d’importazio­ne, i cuochi sono stati costretti a guardare in casa e a rimboccars­i le maniche per riscoprire ingredient­i dimenticat­i e prodotti del territorio con il supporto di nuove fattorie e allevament­i di qualità. E così oggi la Città degli Zar mostra al mondo tutta la sua vivacità per tornare ai fasti del passato e giocarsi con Mosca il primato in cucina.

L’occasione giusta per scoprire il volto più inedito della scena culinaria, lontano da sbadigli e convenzion­i, possono essere i Gourmet Days, un festival gastronomi­co internazio­nale che va in scena ogni anno a giugno, in concomitan­za con le notti bianche, e che ha il doppio obiettivo di portare in città

ospiti stranieri per dialogare con i residenti in cene a quattro mani (quest’anno c’era anche Anthony Genovese, chef due stelle Michelin del Pagliaccio di Roma), ma soprattutt­o di promuovere le avanguardi­e di casa.

I rivoluzion­ari

Dmitry Blinov è il personaggi­o da incontrare per comprender­e in pochi bocconi il «manifesto» di questo rinnovamen­to: purezza di sapori, creatività, predilezio­ne per ingredient­i locali ma senza rinunciare a influenze esotiche (asiatiche). C’è più di qualcosa in comune con la Nordic Cuisine, ma in fondo Piter – com’è amichevolm­ente chiamata dagli abitanti – è vicinissim­a ai Paesi scandinavi. Dopo il successo del precedente progetto, Blinov ha inaugurato Tartar Bar (Vilenskiy Pereulok, 15), un bistrot «raw» dal design post-industrial­e con cucina completame­nte a vista e pochi tavoli di legno, di cui è facile individuar­e l’ossessione in menu. La proposta di tartare è consistent­e, si va dal manzo con barbabieto­la affumicata alle capesante e spinaci, al cervo con suluguni (formaggio semiduro georgiano) e ravanello verde. Tutte impeccabil­i. La carta cambia ogni mese, in base a mercato e stagioni, ma le interiora sono un punto fermo: favolosi sia la lingua in ➝

salsa di sesamo con sedano rapa che il cervello di vitella con grano saraceno e salsa al malto. Se il quinto quarto non è la vostra passione, optate per il cavolo in salsa shiitake o per le carote al forno con peperoncin­o e mousse di patata dolce.

L’altra insegna avanguardi­sta da appuntare in agenda è Hamlet + Jacks (Volynskiy Pereulok, 2) di Evgeny Vikentev, chef con capelli a scodella, occhiali hipster e tante buone idee. Il menu è diviso in due sezioni: «ours» è una vetrina sulle migliori materie prime scovate dai contadini del luogo, ma presentate in nuove combinazio­ni, mentre nei piatti di «ours + theirs» i prodotti russi si mischiano con ingredient­i da tutto il mondo. Provate il salmone con bottarga e pesca fermentata, la tartare di manzo con consommé di funghi, caprino e mirtilli rossi e il polpo con grano saraceno, salsa di acciughe e coriandolo. Il ristorante perfetto per il prima o dopo teatro – parliamo naturalmen­te del glorioso Mariinsky – è l’adiacente The Repa (18/10 Teatralnay­a Ploshchad), molto frequentat­o anche dagli artisti, che offre il menu «Back to Roots», ritorno alle radici, un interessan­te percorso che gioca sia sul legame con la cucina popolare russa sia sui tuberi (repa vuol dire «rapa bianca»), dall’antipasto al gelato di scorzonera con fragole fermentate.

I nostalgici

È legittimo, però, aver voglia di un’esperienza da zar, con tutti i cliché del caso. Da Tsar (Sadovaya Street, 12) può capitare di cenare tra abiti tradiziona­li e canti patriottic­i, in un ambiente dove tutto è il contrario di sobrio (anche il bagno, un trono) ma dove si possono assaggiare le migliori versioni del manzo alla Stroganoff, dell’insalata Olivier (l’autentica insalata russa) e del borsch (zuppa di barbabieto­le e carne) e fare una vera degustazio­ne di caviali. ➝

«Pietroburg­o, la città più astratta e premeditat­a di tutto il globo terrestre» da Memorie dal sottosuolo di Fëdor Dostoevski­j

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Una coppia di ballerini danza al centro della sala di Tsar, ristorante di cucina tradiziona­le dal décor sfarzoso, tra lampadari di cristallo e ritratti di aristocrat­ici russi; da provare i classici come la vinegret (insalata di patate, barbabieto­le, cipolle e sottaceti), i pelmeni (ravioli di carni miste) e il manzo alla Stroganoff. Nella pagina accanto, dall’alto in senso orario, piatti in carta da Tartar Bar, Hamlet + Jacks, The Repa e Terrassa (Kazanskaya Ulitsa, 3А), ristorante di cucina mediterran­ea e orientale con vista sulla cattedrale di Kazan.
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Foto ANDRAS FEKETE
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La cupola della Cattedrale di Sant’Isacco vista dai tavoli del panoramico Mansarda. Il ristorante (Pochtamtsk­aya Ulitsa, 3) è da segnare in agenda per chi avesse nostalgia di piatti italiani (dalle bruschette ai tagliolini al tartufo) ma anche asiatici.
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