La Cucina Italiana

Cosa si mangia in Sicilia

Piatti che sanno di spuma di mare, un b&b nell’oasi selvaggia, il picnic tra i pistacchi. Sapori di una regione straordina­ria, tra grandi classici e piacevoli scoperte. Un percorso per sognare, da un euro in su

- Testi SARA TIENI, Foto MONICA VINELLA

L’isola che c’è

Attraversa­re la Sicilia e provare i suoi sapori è come fare un viaggio dentro se stessi. Non a caso una delle definizion­i più calzanti su questa terra viene dal padre della psicoanali­si, Sigmund Freud, che la definì «la più bella regione d’Italia: un’orgia inaudita di colori, di profumi, di luci, una grande goduria». Per cogliere l’essenza di un’isola così complessa e variegata per tradizioni e storia, le guide ideali sono i suoi cuochi. Sì, la Sicilia si può condensare nei suoi piatti.

LO SPLENDORE I grandi cuochi

Partiamo da due miti della gastronomi­a locale, Pino Cuttaia e Ciccio Sultano. Due facce, ugualmente affascinan­ti, di una sola medaglia. Timido, introspett­ivo e cerebrale il primo, vulcanico, istrionico e travolgent­e il secondo. Immerso nella sua Licata Cuttaia, lontano dalle più note mete turistiche; «sultano», di nome e di fatto, Ciccio, re indiscusso della barocca e spettacola­re Ragusa Ibla. Ad accomunarl­i, maestria mirabile in cucina e due stelle Michelin.

«Ogni chef è in viaggio e ogni viaggio è fatto di ricerca, esplorazio­ne e idee. Il mio conduce dove tutto ha inizio: nella cucina di casa», racconta Cuttaia servendo una delle sue ricette più iconiche, di una semplicità sconvolgen­te: Memoria Visiva, una fettina di pregiato tonno alalunga che mima la fettina di carne che la madre gli serviva da bambino quando era malato, con tanto di seme di limone spremuto che, lontano dall’essere una dimentican­za, è la sua firma. «La perfezione imperfetta del gesto domestico... Mai mamma lo avrebbe fatto mancare», racconta lui con sentimento. Il ristorante La Madia, aperto nel 2000 e insignito nel 2006 della prima stella Michelin, ne riflette la personalit­à: uno scrigno elegante e minimal, quasi nascosto nel centro del paese, con pochi tavoli, una grande vetrata sul cortile interno che sembra una cartolina sulla Sicilia più evocativa e arcaica. Emigrato a Torino da bambino, Cuttaia è stato cresciuto dalla nonna e ha conosciuto il lavoro in fabbrica alla Olivetti, prima di seguire la sua vocazione. Dopo alcune esperienze in importanti ristoranti tra cui Al Sorriso a Soriso (Novara) e Il Patio a Pollone (Biella), è tornato al paese natio. Accanto a lui la moglie Loredana, tre figli e un amatissimo Labrador. Ma c’è anche Francesco Di Stefano, assistente-scienziato che, insoddisfa­tto degli studi di medicina, ha tentato di entrare nella brigata dello chef ma è stato dirottato verso l’analisi sensoriale degli ingredient­i. In pratica, aiuta Cuttaia a sfruttare le naturali proprietà chimico-fisiche degli ingredient­i. Il risultato sono ricette come La Scala dei Turchi, omaggio alla spettacola­re falesia che spicca sul mare tra Realmonte e Porto Empedocle: una sfoglia di calamaro trasparent­e ripiena di crema di ricci nascosta da una spuma all’acqua di mare. «Quando lo si assaggia sembra di tuffarsi tra le onde», spiega il cuoco. Vicino al ristorante stellato c’è anche Uovodisepp­ia, bottega ispirata alle scuole di arti e mestieri. «Un luogo dove io posso sentirmi più libero, senza le regole rigide del ristorante. Dove si acquistano e si raccontano prodotti eccellenti, ingredient­i tracciati, piatti firmati. E basta un euro per acquistare una tortina di mele di alta pasticceri­a». Indimentic­abile per noi il gelato alle mandorle.

«Una strada barocca, né larga né stretta, giusta, che a una delle estremità ha la cupola del duomo come sfondo», così Ciccio Sultano descrive il suo locale, Il Duomo, dentro il secentesco

Palazzo La Rocca, lo stesso che fece da set a Divorzio all’italiana, il film del 1961 diretto da Pietro Germi con Marcello Mastroiann­i. I locali, di un lusso sobrio, sono stati rinnovati da poco a cura dell’architetto Fabrizio Forti: ogni stanza ha un colore diverso, e ci sono piccoli abat-jour sui tavoli per creare intimità e «illuminare meglio il cibo». Il padrone di casa condivide la scena e la sua vita con Gabriella Cicero, direttore generale. «È con lei, e grazie a lei, che il ristorante è fino in fondo la mia vita». In carta, da quest’anno, spicca il Menu Dominazion­i, una specie di summa gastronomi­ca con piatti che raccontano la storia millenaria dell’isola attraverso citazioni colte, tra Medio Oriente, Europa e Africa. Si va dal Timballo del Gattopardo, ricordo di Tomasi di Lampedusa al dessert Moakaffè, il vino d’Arabia. A completare l’offerta culinaria c’è una notevoliss­ima carta dei vini, conservati nella cantina del palazzo – basato su mura fenicie – che comprende anche una cave à Champagne. Lo chef, ambasciato­re di Krug, ha studiato anche degli appositi menu per la degustazio­ne delle etichette proposte, come Riserve del Sultano e Perlage 2306 km. Vi piacerebbe un souvenir gastronomi­co? Tra le novità c’è la collaboraz­ione con i Testa, una delle più vecchie famiglie di pescatori di tonno, attive a Ognina (Catania) fin dall’Ottocento. Con loro il cuoco lancerà in ottobre una linea di prodotti con tonno rosso: altissima qualità e sostenibil­ità garantite. Per una tappa più veloce, a pochi passi dal ristorante stellato c’è il bistrot I Banchi, regno di Peppe Cannistrà, braccio destro e socio dello chef. Per chi volesse infine fermarsi per la notte c’è Casa Sultano, una piccola suite con fornelli dove la colazione, opulenta, viene appunto da I Banchi. ➝

«La natura del cibo è culturale e, per quanto mi riguarda, capace di scatenare una straordina­ria energia erotica» Ciccio Sultano

Spostandos­i a Bagheria, paese di mare vicino a Palermo, si incontra la contempora­nea e solare cucina di Tony Lo Coco. Il cuoco, una stella Michelin dal 2014, ha aperto nel 2009 il suo I Pupi, come chiamano qui le statue che circondano le mura dell’adiacente secentesca Villa Palagonia. Accanto a lui la moglie Laura Codogno, discendent­e da una famiglia titolare della pasticceri­a Don Gino e, come assaggiato­ri dei piatti, anche i figli Emma e Turi, 10 e 13 anni, cresciuti nel ristorante: piccolo e accoglient­e, dal design essenziale in bianco e nero, è al piano terra della loro abitazione. Alle pareti, tovaglioli decorati da giovani artisti. Il menu svela subito citazioni adolescenz­iali e fanciulles­che di Lo Coco come il suo Pane, panelle e baccalà, antipasto «ispirato a un gelato industrial­e con biscotto che, quando ero piccolo, non mi potevo mai permettere». Autodidatt­a con alle spalle anni di catering, Lo Coco fa una cucina che «viene dal territorio e dalla strada». Lo si vede molto bene ne Il Gambero rosso e la sua nassa, un gambero di Mazara scottato, servito su una «nassa» di patate croccanti, citazione dei pescatori della zona; e ne La Stigghiola, una specie di spiedino, rivisitazi­one del tipico street food palermitan­o a base di carne dove, al posto del budello di capretto, Lo Coco impiega uno strato di seppia farcito con tonno e cipollotto.

Inoltrando­si tra rovine elleniche e campi freschi di mietitura nell’Oasi Faunistica di Vendicari, ci si imbatte in un posto che ha del paradisiac­o: Marianeddi. A gestirlo Eva, Alessia e Viviana, tutte e tre di Noto, che hanno restaurato un’antica azienda agricola trasforman­dola, da quest’anno, anche in un delizioso b&b (6 le camere arredate con pezzi di casa) con locanda. Siamo a pochi metri dal mare tra le spiagge di Marianelli («Marianeddi») e Cala Mosche («Funni Musca») circondati da 35 ettari coltivati a grano, mandorli, aranci, olivi e limoni femminelli. Ottime le colazioni con torte casalinghe, brioche col tuppo appena sfornate e granite all’arancia, fragola o latte di mandorla. Tra le specialità servite alla locanda, ➝

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Sopra, un angolo del ristorante Il Duomo di Ragusa Ibla. A destra, lo chef Ciccio Sultano con la compagna Gabriella Cicero, direttore generale del ristorante. A sinistra, uno dei piatti del Menu Dominazion­i, ispirato alla storia della Sicilia: il Timballo del Gattopardo, un guscio di pasta brisée con melanzane fritte, prosciutto cotto, formaggio ragusano fresco, maccheroni fatti in casa conditi con il sugo delle feste di carne di maiale e pollo.
Sopra, un angolo del ristorante Il Duomo di Ragusa Ibla. A destra, lo chef Ciccio Sultano con la compagna Gabriella Cicero, direttore generale del ristorante. A sinistra, uno dei piatti del Menu Dominazion­i, ispirato alla storia della Sicilia: il Timballo del Gattopardo, un guscio di pasta brisée con melanzane fritte, prosciutto cotto, formaggio ragusano fresco, maccheroni fatti in casa conditi con il sugo delle feste di carne di maiale e pollo.
 ??  ??
 ??  ?? Sopra, lo chef Tony Lo Coco del ristorante I Pupi di Bagheria con la moglie Laura e la figlia Emma; accanto, la sua rivisitazi­one della cassata: mousse di ricotta con pasta reale, cioccolato di Modica e arance candite. A sinistra, granite servite all’azienda agricola con b&b Marianeddi nell’Oasi di Vendicari.
Sopra, lo chef Tony Lo Coco del ristorante I Pupi di Bagheria con la moglie Laura e la figlia Emma; accanto, la sua rivisitazi­one della cassata: mousse di ricotta con pasta reale, cioccolato di Modica e arance candite. A sinistra, granite servite all’azienda agricola con b&b Marianeddi nell’Oasi di Vendicari.
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy