Nel regno di Ciro
Nel Rione Sanità tutti lo conoscono, e lui conosce tutti. Il suo locale è un punto di attrazione. Fuori, c’è sempre gente, tra i motorini che ronzano per le consegne e gli amici che si fermano per un saluto. Dentro, il forno non è mai spento
P Per cominciare, sedetevi, mangiatevi una pizza. Io arrivo subito». Certo, deve esserci sfuggito che a Napoli, o almeno qui da Concettina ai Tre Santi, i numeri hanno un altro significato, perché di pizze ne arrivano cinque, sei... abbiamo perso il conto. E anche il senso del tempo: sono le quattro, ormai, ma nessuno sembra farci caso, in molti stanno ancora pranzando, alcuni sono appena arrivati. Per chi adora la pizza, Napoli rischia di causare una overdose.
E Ciro dà un bel contributo, travolgendoti con il suo entusiasmo: impossibile resistere, difficile dire basta. Ma questo è Ciro Oliva, un grande bambino felice di impastare, guarnire, infornare.
Soprattutto felice di far felici gli altri. Nato e cresciuto nel Rione Sanità, uno dei più difficili di Napoli, è orgoglioso di lavorarci, e con una squadra tutta della zona.
«Stiamo qui da quando la mia bisnonna ha aperto il forno a legna, nel 1951; allora faceva la pizza oggi a otto, cioè che mangi oggi e paghi tra otto giorni. Questa solidarietà l’abbiamo mantenuta con diverse iniziative sociali per il Rione; per esempio, con le nostre «pizze sospese», che aspettano solo di essere ordinate e mangiate: come succede per il caffè, qualcuno le ha già pagate per chi non lo può fare. In lista ce ne sono più di duemila». Oliva, 25 anni, autodidatta, ha già vinto due anni fa il titolo di migliore pizzaiolo d’Italia. Qual è il suo segreto? «La mia famiglia e il mio quartiere». Ma riguardo la pizza? «Poco lievito, 48 ore di lievitazione, ingredienti scelti. E naturalmente o’rraù (il ragù) di mia nonna».
E poi, racconta, tanta curiosità: «Giro molto per trovare nuove idee e trasportarle su una pizza; mi confronto con amici e cuochi per avere consigli su come bilanciare i sapori. Sperimento, finché non ottengo un risultato convincente. Di solito per mettere a punto un’idea ci impiego un anno». In carta troviamo classici napoletani come la Pizza con ricotta di fuscella, pepe e ragù, la vincitrice del titolo, o la tipica Pizza fritta, con ricotta, provola, cicoli (una specie di chips di grasso di maiale, ndr) e pomodori. Ma anche variazioni gourmet come la stratosferica Pizza bianca con ricciola affumicata, alghe, ricotta e pepe. O tributi al quartiere, come la Pizza coi taralli, tipici del Rione.