Letteratura in tavola
Scrittore eccentrico di «cose minime», Aldo Buzzi aveva un debole per la cucina. Un nuovo saggio ne esplora le passioni e noi lo ricordiamo con due ricette dal suo libro più famoso, L’uovo alla kok. Dove il racconto del cibo, poetico e arguto, conforta la
Penna e forchetta. Aldo Buzzi
Aldo Buzzi (1910-2009) lavorò nel cinema per circa vent’anni, come aiuto-regista di Alberto Lattuada e Federico Fellini, e qualche volta anche in qualità di scenografo e sceneggiatore. Erano mestieri o «passatempi per vivere» che davano la possibilità di viaggiare in luoghi esotici o lontani. Al seguito di una «piccola troupe che cercava i posti per un film» (L’uovo alla kok) si poteva arrivare fino ad Amatrice, e scoprire così le sottili differenze tra i bucatini «alla matriciana» e quelli, filologicamente corretti ma forse meno gustosi, alla amatriciana; oppure si poteva capitare nelle selve dei Maya, davanti a un pranzetto a base di scimmia offerto dai Lacandoni; o ancora nella Iugoslavia comunista, terra di spaghetti «a la dante» e «ciorbe fumanti, un po’ troppo grasse ma buone» (La lattuga di Boston); o infine a Parigi, dove l’autista personale, tra un sopralluogo e l’altro, a metà giornata chiedeva «Mr Buzzì gnam gnam, glu glu?» (Lettere sul brodo). Oltre a ricette originali, che allettano il palato ma forse non la vista e l’udito («Essendo il primo significato di lima quello del noto utensile di acciaio, l’idea di una zuppa di lime è, al primo momento, di una assurdità repellente»), Buzzi ricavò dalla sua esperienza professionale sapide noticine, che spaziano dai segreti del buio cinematografico («un buio come lo vedono i gatti») ai trucchi da usare sul set («invece di vino, acqua e tamarindo»). Le raccolse tutte in un Taccuino dell’aiuto-regista, pubblicato non alla fine ma all’inizio della sua carriera (1944), forse perché nella vita le cose vanno come a tavola: è sempre possibile «inventarsi il pasto man mano che si mangia, secondo l’appetito, invertendo l’ordine tradizionale delle portate».