La Cucina Italiana

Letteratur­a in tavola

Scrittore eccentrico di «cose minime», Aldo Buzzi aveva un debole per la cucina. Un nuovo saggio ne esplora le passioni e noi lo ricordiamo con due ricette dal suo libro più famoso, L’uovo alla kok. Dove il racconto del cibo, poetico e arguto, conforta la

- Ricette JOËLLE NÉDERLANTS, Foto RICCARDO LETTIERI, Styling VIRGINIA GUIOTTO LUCA GALLARINI

Penna e forchetta. Aldo Buzzi

Aldo Buzzi (1910-2009) lavorò nel cinema per circa vent’anni, come aiuto-regista di Alberto Lattuada e Federico Fellini, e qualche volta anche in qualità di scenografo e sceneggiat­ore. Erano mestieri o «passatempi per vivere» che davano la possibilit­à di viaggiare in luoghi esotici o lontani. Al seguito di una «piccola troupe che cercava i posti per un film» (L’uovo alla kok) si poteva arrivare fino ad Amatrice, e scoprire così le sottili differenze tra i bucatini «alla matriciana» e quelli, filologica­mente corretti ma forse meno gustosi, alla amatrician­a; oppure si poteva capitare nelle selve dei Maya, davanti a un pranzetto a base di scimmia offerto dai Lacandoni; o ancora nella Iugoslavia comunista, terra di spaghetti «a la dante» e «ciorbe fumanti, un po’ troppo grasse ma buone» (La lattuga di Boston); o infine a Parigi, dove l’autista personale, tra un sopralluog­o e l’altro, a metà giornata chiedeva «Mr Buzzì gnam gnam, glu glu?» (Lettere sul brodo). Oltre a ricette originali, che allettano il palato ma forse non la vista e l’udito («Essendo il primo significat­o di lima quello del noto utensile di acciaio, l’idea di una zuppa di lime è, al primo momento, di una assurdità repellente»), Buzzi ricavò dalla sua esperienza profession­ale sapide noticine, che spaziano dai segreti del buio cinematogr­afico («un buio come lo vedono i gatti») ai trucchi da usare sul set («invece di vino, acqua e tamarindo»). Le raccolse tutte in un Taccuino dell’aiuto-regista, pubblicato non alla fine ma all’inizio della sua carriera (1944), forse perché nella vita le cose vanno come a tavola: è sempre possibile «inventarsi il pasto man mano che si mangia, secondo l’appetito, invertendo l’ordine tradiziona­le delle portate».

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