Vita da cuoco
Due ristoranti, la vista più bella del mondo, una stanza delle dolcezze. Poche ore di sonno a notte, un orto... Andrea Migliaccio ci racconta com’è cucinare nel blu del Mediterraneo
La stella di Anacapri. Andrea Migliaccio
Prima di tutto la squadra. Andrea Migliaccio, executive chef del Capri Palace, oasi di ospitalità con 69 camere e perla di Anacapri, è un asso nel gestire «i suoi ragazzi», come li chiama lui. Anche perché dirige tre ristoranti, L’Olivo (due stelle Michelin dal 2011), Il Riccio (una stella dal 2013), accanto alla celebre Grotta Azzurra, che ha poi un gemello a Bodrum, in Turchia, e l’Assaje a Roma. «Dedico molto impegno al mio team, che è composto dai 28 cuochi dell’Olivo, i 21 del Riccio e i 20 dell’Assaje, perché per far funzionare tutto dobbiamo essere in perfetta sintonia. Il nostro è un lavoro duro, dormiamo massimo cinque ore a notte». La giornata di Andrea
inizia la mattina presto con la colazione insieme alla famiglia (ha due figli, Luca e Davide di 2 e 4 anni) e una passeggiata ad Anacapri. Abita a cinque minuti a piedi dal Capri Palace, hotel dove è approdato quando aveva 24 anni, ma ha lavorato anche a Parigi da Alain Ducasse al Plaza Athénée e Michel Roth al Ritz e ancora da Antonio Guida al Pellicano di Porto Ercole.
Sulla strada si ferma alla Pescheria Reale in via Orlando: qui, da 40 anni, Antonino vende il meglio del Mediterraneo alla gente del posto. «Sono per me degli alleati, persone che entrano in cucina e mi danno consigli su come rendere al meglio il sapore del loro pesce in base alla profondità in cui è stato pescato, alla temperatura dell’acqua...», aggiunge lo chef. Da loro c’è il meglio. Una ricciola di cinque chili che è un capolavoro con la carne bella soda, gamberi di Crotone, importante – ci dicono – è guardarli negli occhi, se sono freschi appaiono tondi e turgidi, intorno nessun odore, se non un leggero aroma di mare.
Appena Andrea arriva, fa un giro di controllo magari iniziando dall’orto biologico, una novità al Capri Palace che rifornirà l’hotel quasi completamente a partire dall’anno prossimo. Promette bene con quelle melanzane e quei pomodori.
E poi c’è il briefing con Salvatore Elefante, lo chef residente dell’Olivo e gli altri cuochi. È il momento per inventare e poi assaggiare nuovi piatti, come la crema di pomodoro fredda con gnocchi di seppia, pesche e zucchine, o di ripassare i classici come i tagliolini al limone con burrata, gamberi rossi e asparagi di mare. Prima di iniziare il servizio dove in genere sto al pass con Salvatore, faccio una puntata al Riccio per verificare con Giovanni Bavuso, il resident, che tutto sia a posto e parlo al telefono con i cuochi «distaccati». A due passi dalla Grotta Azzurra, vanno assaggiati i plateau di crudo, l’insalata di granchio reale e bisogna trascorrere cinque buoni minuti nella Stanza delle Tentazioni, uno spazio con tutti i dolci del territorio dove il pasticciere Mario Buonocore (di nome e di fatto) regala il meglio della dolcezza campana. Un luogo dove perdere la testa (e la linea) senza rimpianti.