Orto e giardino
Verdure e uova superbe recapitate porta a porta. Vigne bio, con maneggio annesso. Nel mondo di Vittoria Ferragamo la natura regala prodotti coltivati su misura per l’anima e il palato
Bucoliche intuizioni. Vittoria Ferragamo
Vittoria Ferragamo coglie un pomodoro, lo odora, lo accarezza e le si illuminano gli occhi. È il tramonto ormai e la figlia di Ferruccio, presidente della maison di moda fiorentina Salvatore Ferragamo, celebre nel mondo per le sue leggendarie calzature, ci guida tra zucchine e peperoni calzando, opportunamente, un paio di stivali di gomma. Ci racconta con entusiasmo di fasi lunari e coltivazioni biodinamiche. L’oggetto della conversazione è il neonato progetto di cui lei si occupa tra etica e sostenibilità, l’Orto del Borro, dal nome della tenuta di 700 ettari, con annesso resort, che la sua famiglia possiede a San Giustino Valdarno: siamo nel cuore della Toscana, nell’ampio bacino naturale delimitato dai monti del Chianti e dalla dorsale appenninica del Pratomagno. Un tempo riserva di caccia dei Savoia, acquistato dai Ferragamo nel 1993, questo luogo fuori dal tempo ha oggi ritrovato gli antichi splendori. Il borgo medievale è un Relais & Châteaux, con villa padronale, appartamenti di lusso e cinque incantevoli casali declinati nella formula dell’agriturismo. Ci sono anche una spa abbracciata dal bosco e due ristoranti che proprio dall’orto e da un pollaio-modello traggono molte materie prime: l’Osteria del Borro e il Borro Tuscan Bistro, entrambi guidati dallo chef Andrea Campani. In tutta questa magnificenza si contano anche 45 ettari di vigneti e 40 di uliveti, 180 ettari destinati a foraggio e seminativi e, appunto, 4 ettari di lussureggiante coltivazione di ortaggi, oggi disponibile al pubblico anche con un servizio di consegna porta a porta. Come nasce questo progetto? «Da mio padre, è stato un suo atto d’amore. Ha fortemente voluto qui al Borro l’orto, un ettaro dove si coltivavano verdure di ogni tipo, dedicato alla sua famiglia. Quando ci riunivamo per pranzi e cene rimanevamo stupefatti dalla bontà dei prodotti. Da lì il desiderio di allargarlo e di condividerne il frutto. I primi clienti sono stati gli amici tra cui, con un passaparola, avevamo sparso la notizia. Oggi riforniamo circa 150 famiglie ➝
L’Orto del Borro nasce da un’idea di mio padre. Anni fa ha fortemente voluto un ettaro di terra dedicato alla sua famiglia. Un atto d’amore
tra Firenze, Pisa, Siena e Arezzo». Che cosa consegnate? «Una cassetta con ortaggi e frutta, a chilometro zero, coltivata in modo biologico e biodinamico. Per chi vuole ci sono anche le uova delle galline Valdarnesi, una razza autoctona che alleviamo ruspante, sempre qui al Borro. Infine c’è il miele». Come la mettete con la stagionalità: riuscite a soddisfare i vostri clienti anche in inverno? «Ogni mese ha le sue bontà. Se in estate è un trionfo di pomodori, di cui coltiviamo diverse tipologie, nei mesi freddi offriamo molte specie di cavoli, verze e zucche. Chiunque è libero di adattarsi ai ritmi della natura e, se vuole, disdire la consegna». Da dove nasce questo suo amore per la campagna? «Vengo al Borro con mio padre da quando avevo 9 anni. Lo accompagnavo durante le battute di caccia. Per me era un luogo affascinante e misterioso. Qui mi sono anche sposata. Indimenticabili sono per me le tavolate per le nostre riunioni familiari, con piatti semplici ma buonissimi come gli spaghetti al pomodoro. E poi i risotti fatti con il riso che mia zia coltiva in Lomellina, nella campagna lombarda. I miei preferiti? Pere e pecorino oppure zucchine novelle e fiori di zucca». Ricette di famiglia? «Sì, amo il cibo genuino e il calore che si respira in cucina mentre lo si prepara. Alcuni dei miei ricordi più dolci sono legati alla signora Beatrice, la governante di mia nonna, a Fiesole, una donna straordinaria che mi ha aiutata a crescere anche mio figlio Pietro, nei primi anni di vita. Andavo da lei il pomeriggio, mi insegnava a preparare la pasta fatta in casa. Si lavorava su un tagliere di legno enorme, pieno di farina. Si stava insieme. A Pasqua calava dalla finestra di casa sua un cestino pieno di cose buone: una gioia». Un’altra sua passione sono i cavalli: è vero che li ha fatti entrare in vigna? «Cavalco da quando avevo 12 anni, sono il mio grande amore, così ho pensato anche di coinvolgerli nella produzione dei nostri vini. Usiamo due cavalle da tiro, Scina e Bina, madre e figlia, per il sovescio (un’aratura con interramento di erbe che aumentano la fertilità del terreno, ndr) tra le vigne di Cabernet e Merlot: questo ci permette una coltivazione biodinamica. Tra le novità c’è anche un giro in vigna durante le notti di luna piena, destinato solitamente ai mesi più caldi». La tenuta ha anche una rinomata cantina. «Sì, produciamo 11 etichette tra vini e spiriti. Io mi occupo delle visite guidate tra la cantina e le vigne, per scoprire i vari terroir. Tra gli ultimi progetti c’è una degustazione di Sangiovese accompagnati da assaggi preparati dal nostro chef. Ci si sposta, per ogni vino e abbinamento gastronomico, in un angolo diverso della tenuta: vuole essere un’esperienza multisensoriale». Altre novità? «Questo autunno l’Orto del Borro intraprenderà un progetto per avvicinare i più piccoli alla natura. Abbiamo fatto una prova con i bimbi del comune di San Giustino Valdarno raccogliendo le patate. Hanno scoperto in che cosa consiste un vero orto biologico. Per la festa di Halloween abbiamo in programma una sorpresa per gli alunni delle elementari dei comuni limitrofi: stavolta coglieremo le zucche. Ne abbiamo tante varietà: la Delica, la Butternut, l’Altea o la Lunga di Napoli. L’idea è di andare anche di scuola in scuola a insegnare il ciclo vitale degli ortaggi, spiegando come coltivarli in modo naturale ne arricchisca qualità e sapore. E a raccontare poi come trasformarli in splendidi piatti. Lo faccio anche con i miei figli. L’ultimo esperimento? Una marmellata di fragole. Non è andata a buon fine, ma ci siamo divertiti moltissimo».