Vita da cuoco
Che cosa succede in una giornata-tipo del più grande cuoco al mondo? Noi l’abbiamo seguito nella sua Modena. Tra interviste, chef stellati e un mega party di inaugurazione. Vi assale la fatica? Pensate a Bob Dylan
Vado al Massimo. 24 ore con Massimo Bottura
Modena-New York, Modena-Messico, Modena-Parigi. L’agenda di Massimo Bottura somiglia al tabellone dei voli aerei di uno scalo internazionale. Quello che per la seconda volta (2016 e 2018) compare come il miglior chef al mondo nella lista dei The World’s 50 Best Restaurants è sempre impegnato in un nuovo progetto. Intercettarlo è come voler imbrigliare una supernova: è quasi impossibile contenerne l’energia e stare al passo con gli impegni di questa stella culinaria, che tiene discorsi alle Nazioni Unite e prepara, indifferentemente, pasti per chi non ha niente, come per i capi di Stato. Perciò, quando mi chiedono di realizzare un servizio su una sua giornata ideale, realizzo che, probabilmente, non ne esiste una. Poi mi viene in soccorso la soluzione: Modena. Neanche 200mila abitanti su un «fazzoletto di Val Padana», questa provincia è la costante a cui aggrapparsi per compiere la nostra missione, seguire Mr. Bottura per 24 ore. Qui c’è la sua Osteria Francescana, 3 stelle Michelin, ma anche la sua famiglia allargata composta, oltre che dalla moglie americana, Lara Gilmore, dai figli Alexa e Charlie, anche dal suo staff che corre con lui un’esaltante maratona di impegni.
Modena come New York
Sono le 10 del mattino, all’ingresso del palazzo barocco del Collegio San Carlo di Modena sembra di essere a New York: entrano uno dopo l’altro artisti, designer, creativi da ogni parte del mondo e poi chef stellati. Tanti, sorridenti, insolitamente distanti dai loro impegni. Spensierati come a una gita scolastica. Siamo all’assegnazione del Basque Culinary World Prize, prestigioso premio internazionale, indetto assieme al Governo Basco, assegnato ogni anno ai cuochi che hanno contribuito a «cambiare la società attraverso il cibo». A vincere stavolta è l’australiano Jock Zonfrillo, forte di aver recuperato le abitudini gastronomiche degli aborigeni. In giuria, presieduta da Bottura, il gotha dei cuochi mondiali, dallo spagnolo ➝ Dall’alto, in senso orario, momenti del Basque Culinary World Prize al Collegio San Carlo di Modena: Lara Gilmore, moglie di Massimo Bottura, in platea tra le cuoche Ruth Reichl e Dominique Crenn (a destra); il regista americano David Gelb; Bottura durante un’intervista; la cuoca Cristina Bowerman tra Davide Oldani e Paolo Marchi, ideatore di Identità Golose; lo chef Niko Romito; l’artista JR mostra uno dei suoi collage fotografici.
Joan Roca al peruviano Gastón Acurio, per citarne alcuni. In pratica un G8 culinario. Tra i relatori, menti creative di fama globale. Parla JR, famoso per i suoi collage fotografici a tema sociale. Sul palco anche David Gelb, il regista americano autore di Chef ’s Table, la serie di Netflix sull’arte culinaria, di cui Bottura è stato protagonista della prima puntata. Si parla del potere delle idee. Massimo, una laurea ad honorem ricevuta quest’anno dall’Accademia di Belle Arti di Carrara e una in Economia Aziendale nel 2017 dall’Università di Bologna, sale sul palco, ai piedi le immancabili sneakers. Mostra l’immagine di un’opera di Ai Weiwei: una performance in cui l’importante artista cinese rompe un vaso di duemila anni. Un gesto che rimanda al piatto-icona dello chef modenese Oops! Mi è caduta
la crostata al limone, nato da una svista del sous chef, Takahiko Kondo. «I frammenti della storia non sono mai la fine. Sono un nuovo inizio», spiega Bottura. «Alla Francescana facciamo questo: coltiviamo la creatività. La nostra idea vincente è stata anche quella di ricostruire, in modo perfetto, un’imperfezione». Poi cede al romanticismo: «La mia migliore idea? Sposare Lara». Bottura ha incontrato la moglie nel 1993, mentre lavorava in un caffè di Soho, a New York, città di lei, diventata compagna di vita e di arte. «Ci eravamo lasciati. Per riconquistarla sono corso negli Stati Uniti, ho bussato alla sua porta con un acquerello che rappresentava una rosa e le ho detto: «Dai, che si torna a casa insieme». Mi parla della sua famiglia allargata: «Viviamo in comunione. I miei figli sono cresciuti al ristorante. Crediamo in questo progetto a 360 gradi, così abbiamo portato un piccolo locale di Modena in tetto al mondo».
Al mercato tra stelle e tigelle
Ore 13.30. Il convegno si spezza per un’originale pausa-pranzo. Lo scenario è il Mercato Albinelli di Modena, istituzione cittadina del 1931, rinnovata un paio di anni fa. Sui banchi materie prime eccellenti, cucinate al momento. Per l’occasione chiuso al pubblico, mi permette di assistere a qualche scena surreale. Bottura volteggia da un’intervista all’altra, ricavando lo spazio per una tigella farcita di salumi, con cui imbocca amorevolmente Lara. Intorno a me, tavolini apparecchiati alla buona e cuochi celebri che pasteggiano a street food. Il due stelle Ciccio Sultano sorseggia una birra. Davide Oldani e Carlo Cracco assaggiano qua e là. Si respira euforia e buona cucina.
Grandi annunci
Bottura ricompare, ricominciano i lavori al simposio, prima però si concede per qualche domanda. Mentre parliamo compone un origami con un foglio di carta. Mi viene in mente un aneddoto con cui Lara mi ha descritto poco prima il marito. «Una volta eravamo al cinema e gli chiedo: “Che ne pensi del film?”.
Lui: “Non lo so, pensavo a come rendere invisibile la mozzarella. Non sarebbe bellissimo?”. Sa, Massimo è fatto così». Lui invece rimanda alla moglie per quel progetto comune che si chiama Food For
Soul, la Onlus che ha aperto nel mondo i refettori “dell’anima”, mense per chi ha meno, arredate da grandi architetti e artisti, in cui l’hanno sostenuto colleghi stellati e migliaia di volontari (così tanti da essere in lista d’attesa). «Dopo Milano e Parigi, Rio de Janeiro e Londra, Bologna e Modena, nel 2019 apriremo in Messico, a Merida. Poi anche negli Stati Uniti». Di questi giorni è il debutto del refettorio di Napoli, a Porta Capuana, con i tavoli disegnati da Mimmo Paladino. Gli chiedo che cosa si prova ad aver cucinato per Barack Obama e per gli ultimi del mondo. «Se cucino per un presidente ci metto la stessa passione che per un senzatetto. Noi cuochi siamo fatti per dare: ce l’abbiamo dentro».
Tutti in villa (pizza e dj set)
Ci spostiamo a Villa Maria Luigia (dal nome della madre di Bottura scomparsa quattro anni fa) per un’anteprima del b&b di charme che Bottura aprirà nel 2019, alle porte di Modena. Una dimora ottocentesca con alcuni ettari di terreno piantati con antiche varietà di alberi da frutto, a San Damaso. Arredato con pezzi di arte contemporanea, ospiterà 12 camere con colazione, in stile Osteria Francescana. «Ho chiamato questo luogo come mia mamma perché lei ha lottato con mio padre per convincerlo che decidere di fare il cuoco, in un’epoca in cui era considerato un lavoro umile, era la scelta giusta per me. Ci ho messo tutto l’impegno possibile, anche perché volevo dimostrare a mio padre che aveva torto». Mi guardo intorno: ci sono i salumi emiliani, la pizza cotta in forno a legna e un’enorme griglia, come in una festa paesana. Di fronte alla casa padronale si trova l’ex riparo delle carrozze, ora uno spazio per eventi. C’è anche un laghetto, piscina, ghiacciaia e un grande orto. Si farà anche il miele ed è previsto uno spazio dedicato alle scuole. È mezzanotte, tutti ballano, Lara canta per il marito
L-O-V-E di Nat King Cole, ai piatti da dj si alternano Don Pasta, cuoco, performer e attivista, con il sous chef di Bottura, Davide Di Fabio. Il padrone di casa filma tutto con il telefonino. Prima di lanciarsi nelle danze mi confessa: «Vuole sapere com’è la mia giornata ideale? Gliela riassumo con le parole del mio idolo, Bob Dylan. Mi alzo la mattina, vado a letto la sera contento perché nel frattempo ho fatto davvero ciò che avevo deciso di fare. Il segreto del successo è proprio lì: trovare il proprio posto nel mondo».
«Il sapore più nostalgico? I tortellini di mia nonna. Potrei morire felice, con quel piatto lì»