Cosa si mangia in Provenza
Per conoscere l’anima della cucina provenzale siamo andati in campagna, perché è nei bistrot de pays che i prodotti di terra (ma anche quelli di mare) rivivono con nuova autenticità
La natura ritrovata
di CLAUDIA SUGLIANO foto MATTEO CARASSALE
Lontano dalle spiagge, sempre troppo affollate, e dalle città d’arte c’è (ed è forse la parte più affascinante) una Provenza di paesaggi sontuosi, di boschi, pascoli e borghi molto appartati che hanno l’incanto e la semplicità dei tempi passati. Andandoci è un po’ come fare ritorno in un luogo originario, dove natura, uomini e lavoro sono ancora armonicamente uniti.
L’eden delle erbe
In questo legame felice la cucina provenzale trova linfa. Così ne parla Jacques Chibois, cuoco pluristellato della Bastide Saint-Antoine di Grasse: «Le nostre vigne, i nostri frutteti, i nostri giardini in Provenza convivono e danno meravigliosi prodotti di qualità e di grande gusto. Questa cucina del sole, fatta di sapori, di profumi, è molto leggera. La sua unione con i nostri grandi vini, bianchi, rosé e rossi, regala una ricchezza di cui poche regioni dispongono». Oltre duemila anni fa i Greci vi portarono l’ulivo, che oggi è parte integrante del paesaggio e fornisce l’ingrediente privilegiato dei piatti della regione. All’olio si deve il gusto del Sud, definito da un altro cuoco «una sorta di piccolo, melodioso accento». Le olive, oltre ad accompagnare l’immancabile aperitivo provenzale, sono protagoniste di salse come la tapenade (anche arricchita con acciughe e capperi).
Alleati della gastronomia regionale, a cui conferiscono il suo speciale sapore, sono le cosiddette «erbe di Provenza», sempre bene in vista in tutti i mercati: timo e santoreggia, origano e salvia, alloro, e poi prezzemolo e dragoncello, cerfoglio, erba cipollina, e basilico, ingrediente base nella famosa Soupe au pistou, la Minestra al pesto. Anche l’aglio è molto presente, per esempio nella salsa aïoli che accompagna verdure lessate e il baccalà, un tempo piatto tradizionale del venerdì. Le erbe selvatiche, il cui profumo pervade le campagne, danno il sapore di gariga all’agnello, allevato soprattutto a Sisteron e nella Crau. La carne, non solo ovina, è importante nella cucina di Provenza.
Andar per trattorie
Per gustarne le delizie, comprese quelle legate al mare, insieme a specialità rivisitate o prese da altre regioni, ci sono trattorie un po’ particolari, i bistrot de pays che, per ottenere tale marchio, nato nel 1993, devono corrispondere a precisi requisiti. Si tratta di bistrot rurali (in comunità di meno di 2000 abitanti), luoghi di incontro, di rapporti sociali e di animazione, talvolta gli unici esercizi commerciali di un paese. Oltre ad avere prezzi accessibili e a proporre soprattutto una cucina del territorio con prodotti a chilometro zero, essi forniscono servizi, quali tabacchi, giornali, pane fresco e informazioni turistiche. Scovarne qualcuno, inoltrandosi in quieti e sorprendenti paesaggi, è un modo diverso di vivere l’Alta Provenza.
Il nostro itinerario, che inizia nel Vaucluse, ci conduce innanzitutto a Uchaux, a pochi chilometri da Orange, e non lontano da Avignone. Il bistrot Les Acacias prende il nome dall’albero che ombreggia il giardino-dehors, arredato con botti, utilizzate come tavolini. A trasformare qualche anno fa un’antica fucina in questo piacevole locale, conservando le travi in legno, le arcate, le pietre a vista delle pareti, ora adorne di manifesti pubblicitari d’epoca e foto di famiglia, sono state Céline Dugas e Agnès Courtain. Appassionate di cucina, le due giovani signore gestiscono il bistrot, mentre ai fornelli sta l’ottimo Xavier Ruisset. Gli ingredienti locali tipici non mancano nel menu, che non si limita alla cucina di terra, ma spazia anche in quella di mare. In piatti come Gamberi saltati al Pastis e Filetti di triglia grigliati, salsa allo zafferano, risotto cremoso, ne compaiono due. Sono il liquore all’anice, simbolo di Marsiglia, e lo zafferano, portato dai Papi nel XIV secolo nel Vaucluse (che ne divenne il maggior produttore in Francia), e di recente reintrodotto grazie ad alcuni agricoltori, come il giovane Nicolas ➝
«Conservare la cultura e la memoria provenzali, non dimenticare le nostre radici e dare alla nostra vita un po’ più di sole» Édouard Loubet, cuoco
Maurel di Volonne. Un piatto gustoso e impegnativo è lo Stufato di spalla di manzo. Per quanto riguarda i vini, Les Acacias propone un’ottima scelta del vicino Massiccio di Uchaux, un territorio particolare, ondulato, con vigneti circondati da gariga, pini e ulivi. Dai vitigni grenache, syrah, mourvèdre se ne ottengono di molto corposi e dal colore profondo.
Ai confini del dipartimento di Vaucluse, Saint-Roman-de-Malegarde si raggiunge con una strada tortuosa, godendo di incantevoli vedute: vigneti, colline e paesini arroccati, fra cui Cairanne. Il bistrot Chez Claudette dal 1968 è il punto di riferimento per gli abitanti del posto (meno di 300) e per i turisti. Questo genuino bistrot de pays ha la sua anima nella proprietaria, la simpatica Claudette Arnaud, che regna anche in cucina. L’atmosfera è unica, sempre animata: molto frequentato per l’apéro, vende pane e giornali, olio, miele, e fa anche da ufficio postale. All’impresa di famiglia partecipa, servendo sorridente in sala, la figlia Sonia; le carni sono fornite dalla macelleria del figlio e vengono declinate da Claudette nelle rustiche, saporite specialità della Provenza interna. Insieme allo Spezzatino alla provenzale e alla Trippa in umido, un must è il gustoso piatto Pieds et paquets, a base di zampino di agnello, farcito con pancetta o prosciutto, cotto adagio per molte ore in una salsa di vino bianco e pomodoro. Si mangia solo a pranzo, a un prezzo competitivo, con antipasti a buffet e porzioni abbondanti.
Passiamo ora nelle vicine Alpes-deHaute-Provence, a Revest-des-Brousses, un borgo collinare di 250 anime, vicino al più noto Forcalquier, sede il lunedì del più grande mercato del dipartimento e, il giovedì mattina, del mercato contadino in place du Bourguet. Sophie e Frédéric Ferre vi si sono trasferiti nel 2012 dalla Camargue, creando nel bistrot Lupin Blanc un ambiente accogliente con sala luminosa, in inverno riscaldata da un monumentale camino. Le origini mediterranee di Sophie sono tangibili fra i piatti di mare, nelle piccanti Seppie al peperoncino d’Espelette. Ma, come da requisiti dei bistrot de pays, la cuoca punta soprattutto sulla cucina del territorio. Qui si vantano grandi eccellenze, innanzitutto l’agnello di Sisteron (memorabile nello Stinco confit), e poi il tartufo nero, rabasse in provenzale, di cui il Vaucluse è il primo produttore, ma che cresce anche nelle Alpes-deHaute-Provence (da non perdere i delicati Ravioli ripieni di tartufo di Revestdes-Brousses). Nel menu non mancano golosi dessert, in cui la castagna è regina: Choux con crema di marroni e panna, Montebianco. E, a ispirare raffinati piatti, quali Millefoglie al caprino, ci sono i formaggi di capra, fra cui il famoso Banon, avvolto in foglie di castagno, già apprezzato dallo scrittore Frédéric Mistral. Nelle colline, tanto care anche a Jean Giono, il vicino borgo di Banon produce formaggi fin dal Medioevo e, forse, dall’antichità. Una leggenda narra come l’imperatore romano Antonino Pio, che ne era ghiotto, fosse morto nel 161 d.C. per averne mangiato un po’ troppo.
I bistrot de pays sono luoghi d’incontro, di rapporti sociali e di animazione, dove trovare veri prodotti a chilometro zero