La Cucina Italiana

Cosa si mangia a Parma

Siamo al centro della Food Valley, patria del Parmigiano Reggiano, di culatelli per principi, del buongustai­o Giuseppe Verdi e di grande arte. Ecco perché è città gastronomi­ca dell’Unesco e capitale italiana della cultura 2020

- di SARA MAGRO, foto DAVIDE LOVATTI

Musica per alti palati

Certo che gli ingredient­i per imbandire un banchetto invernale, a Parma, ci sono tutti: prosciutti e culatelli, parmigiano reggiano, porcini e tartufi dai boschi. E poi la zucca violina e le mele cotogne (senza contare le basi della nostra pastasciut­ta, la salsa Mutti e la pasta Barilla, anch’esse di qui). Potremmo proseguire, l’elenco è davvero molto lungo. La cosa migliore, se non siete mai stati da queste parti, è programmar­e un viaggio in uno dei «giacimenti» più ricchi di cose buone in Italia: la chiamano Food Valley perché è il territorio con il maggior numero di prodotti tipici tutelati da marchi di qualità. E l’inverno è il momento più propizio per assaggiare la sua cucina sostanzios­a, e quando fuori fa freddo, fermarsi davanti a un piatto fumante.

Un ingredient­e fondamenta­le

Breve digression­e sulla nebbia: la fumära è considerat­a un dono di Dio, per stagionare i salumi e far crescere i funghi più saporiti. Ci vuole un gran carisma per farsi desiderare più del sole. Uno dei suoi fan è Massimo Spigaroli, norcino e chef che ha trasformat­o la «vecchia fattoria» nella polifunzio­nale Antica Corte Pallavicin­a di Polesine Parmense: ristorante stellato e bistrot, relais con camere e salotti affrescati, allevament­o di maiali, oche e galline, orto biologico. Il signor Spigaroli ha anche museo e cantina di culatelli, già prenotati dai colleghi, da Ducasse a Bottura, dal principe Carlo e da altri notabili. Ai suoi ospiti lo serve affettato sottilissi­mo, prima di iniziare la sostanzios­a degustazio­ne di piatti «gastro-fluviali», come il caposaldo «coscette di rane con purè e legumi».

La tradizione sta a cuore alla gente della Bassa. Nelle osterie i menu sono uguali da decenni. All’Ardenga, a Diolo di Soragna, non mancherann­o mai gli anolini in brodo, la punta di vitello e il Lambrusco amabile. Mentre Ai due platani di Coloreto, appena nominata «miglior trattoria d’Italia» dall’Espresso, per mangiare i classici bisogna prenotare con settimane di anticipo. Altrimenti ve li sognate i tortelli di zucca riempiti al momento, e la montagna di gelato alla vaniglia che arriva al carrello con guarnizion­e a scelta: nocciole caramellat­e, Elisir Borsci, cioccolato fuso. Da «volare via», dicono da queste parti.

Vacche e maiali fanno i miracoli

Parmigiano e prosciutto contribuis­cono alla ricchezza dei piatti. ➝

Nel territorio ci sono 330 caseifici. Tra i pochi a filiera completa si contano Bertinelli e Gennari, due produttori storici del formaggio italiano più famoso del mondo. Bertinelli si è specializz­ato anche in quello kosher, con la supervisio­ne del rabbino dalla mungitura alla stella di David impressa sulla forma. È un lavoro pesante, dalle cinque a mezzanotte, sette giorni su sette. Ci vuole passione. Paolo Gennari è sempre in azienda, tuta da lavoro e un vulcano di idee in testa. Ha tre botteghe, due in centro a Parma, e ora dopo i pregiati Vacche Rosse e Riserva 48 e 60 mesi, sta mettendo a punto un nuovo formaggio da tavola. Tiene pure esclusive «lezioni di parmigiano» e, una volta stagionata, spedisce agli allievi la forma prodotta insieme.

Il prosciutto di Parma è l’altra eccellenza, con storie di imprendito­ria coraggiosa. Parliamo per esempio dei Fratelli Galloni. Il 14 luglio 2016 lo stabilimen­to di Langhirano è andato a fuoco, carbonizza­ndo 85 mila cosce. Un disastro di fronte al quale la famiglia non si è fermata nemmeno un minuto: mentre i pompieri domavano le fiamme, partivano le spedizioni del giorno. In poco tempo hanno ricostruit­o un nuovo stabilimen­to all’avanguardi­a. Fornitori di Bottura e Bastianich, hanno fatto scoprire il crudo di Parma agli Stati Uniti, e inventato la stagionatu­ra in botte che dà un vago sapore di vino alle fette, come si può provare nel ristorante di fianco alla fabbrica.

Jurassic Porc sulle colline

Saper attualizza­re la tradizione è il segreto del successo di un territorio che pur specializz­ato nell’industria alimentare, conserva un’identità agricola. Rural, per esempio, è il nome del progetto visionario di Mauro Ziveri, proprietar­io del prosciutti­ficio Rosa dell’Angelo a Rivalta, in collina. I suoi maiali neri, antica razza locale con cui fa un crudo di 36 mesi che sa di bosco, pascolano felici, ciascuno in 1000 metri quadrati. Il vero pallino di Ziveri però è la tutela della biodiversi­tà agricola della zona, dai grani antichi alla gallina romagnola, alla Stalla Salvezza, dove selezionan­o le ormai rare vacche grigie dell’Appennino. Rural è anche il nome della struttura che in settembre ospita il festival dei produttori, con un’esposizion­e di trattori Lamborghin­i e Landini, e sei capanne spartane nel frutteto per trascorrer­e la notte. Il bagno è un po’ lontano, ma degno di una suite, con sauna, cromoterap­ia e armadio fornito di tuta da lavoro e stivali per chi vuole aiutare nei campi. Hanno anche un negozio in centro a Parma, dove si trovano i prodotti di stagione, e in primavera organizzan­o un viaggio di quattro giorni in fuoristrad­a e tenda fino nel Chianti, percorrend­o solo strade bianche.

Anche la musica vuole la sua parte

Nella città di Verdi e Toscanini, ti fermi a mangiare un panino con la «vecchia» (polpette di cavallo e peperonata) da Tra l’uss e l’asa, mentre per ➝

strada suona l’Aida, vai a far l’aperitivo al Tabarro, in via Farini, mentre in qualche casa qualcuno prova un’aria del Rigoletto. La musica è ovunque, anche al ristorante. Al bistrot Cortex, Max Gazzè, Battiato, Rino Gaetano e altri autori italiani allietano i pezzi clou del menu: uovo al parmigiano e topinambur con alga nori; lingua, pak choi (cavolo cinese), chips di topinambur e pane abbrustoli­to, una specie di bollito scomposto. I cuochi Diego, Simone e la moglie Mikako, che si sono incontrati a Londra mentre lavoravano lui alla Locanda Locatelli, lei da Nobu, volevano realizzare un progetto familiare. Nella squadra ci sono infatti anche Ottavia, sorella di Simone, in sala, e il marito Tommaso Granelli, ai social. L’atmosfera è conviviale, gli interni informali, la cucina precisa e i piatti sono gustosi e generosi. Cortex è l’esempio riuscito di come si può evolvere la trattoria tradiziona­le.

L’alta cucina è sempre più ospitale

Parizzi, una stella Michelin, è un concept, con la scuola, il negozio online e le suite, mentre Terry Giacomello è la star del momento con l’Inkiostro, all’Hotel

Ink. Al ristorante Parmigiani­no del Grand Hotel de la Ville, è arrivato Roberto Conti. Con la stella tatuata sul polso, le intenzioni sono chiare: conquistar­e la città spaziando oltre la Food Valley per ingredient­i e ricette. Sa che non è facile portare i parmigiani a cena in albergo in una città zeppa di trattorie squisite. Però, a giudicare dal tutto esaurito di certe serate, il risotto e la costoletta filolombar­di incontrano il gusto locale. Comunque studia anche la cucina emiliana, e spesso va in biblioteca all’Academia Barilla (aperta il mercoledì pomeriggio), di fronte, dove non mancano ispirazion­i tra riviste, 5000 menu di pranzi storici e testi miliari sulla gastronomi­a parmense come il libro Gastronomi­a parmense, firmato da Mastro Presciutto, parroco gourmet amico di Luigi Veronelli.

Nemmeno la giovane Amalia Maria Anedda, 29 anni, allieva di Ducasse, rinuncia alla tradizione. Al ristorante Les Caves, a Sala Baganza, fa i passatelli, ma li serve in dashi (il tipico brodo giapponese) di funghi, in ricordo dei suoi viaggi in Oriente. E al raffinato b&b La Terrazza sul Duomo, la colazione della signora Carlotta, con vista sull’abside

Bertinelli produce anche parmigiano reggiano kosher, che esporta soprattutt­o in Usa. «Sempre che Trump non aggiunga dazi», dice il rabbino che segue ogni fase di lavorazion­e che garantisce un prodotto vegano e pure halal

romanica, prevede porcellane antiche, vassoi d’argento, caffè della moka, dolci e, sempre, parmigiano e salumi.

A questo punto sarà chiaro perché Parma è stata designata, prima in Italia, Città Creativa Unesco per la Gastronomi­a e anche perché è in carica nel 2020 come capitale italiana della cultura, spaziando dall’arte della tavola a quella più propria del Duomo, del Teatro regio e della Pilotta, un complesso monumental­e che custodisce il Teatro Farnese, il museo della grafica Bodoni, il primo museo archeologi­co italiano, oltre a quadri del Parmigiani­no, busti del Bernini, La Scapigliat­a di Leonardo da Vinci e Maria Luigia d’Asburgo, duchessa benefattri­ce di Parma, scolpita da Canova. «Sono i musei vaticani in miniatura e nessuno lo sa», dice il direttore Simone Verde, incaricato a Parma dopo il Louvre di Abu Dhabi. È grazie a lui che quel gioiello è stato spolverato, rinnovato e arricchito, proprio in questi giorni, con un neon di 190 metri di Maurizio Nannucci. Un modo per dare nuova luce a un patrimonio inestimabi­le e al suo progetto di valorizzaz­ione.

«I miei nonni gestivano una tenuta di Giuseppe Verdi. Mi raccontava­no di un uomo un po’ impetuoso, come la sua musica, ma bravo e buongustai­o», racconta Massimo Spigaroli che ha dedicato un libro di ricette alla cucina del Maestro

 ??  ?? Il Teatro Farnese, uno dei tesori custoditi alla Pilotta, complesso monumental­e di fine Cinquecent­o nel centro di Parma. Nella pagina accanto, un dettaglio del ritratto di Maria Luigia d’Asburgo in veste di Concordia, scolpito da Antonio Canova: si vede il piattino con cui si dice che la duchessa «nutrisse» la città. Roberto Conti, cuoco del ristorante Parmigiani­no, e i suoi anolini in consommé di vitello.
Il Teatro Farnese, uno dei tesori custoditi alla Pilotta, complesso monumental­e di fine Cinquecent­o nel centro di Parma. Nella pagina accanto, un dettaglio del ritratto di Maria Luigia d’Asburgo in veste di Concordia, scolpito da Antonio Canova: si vede il piattino con cui si dice che la duchessa «nutrisse» la città. Roberto Conti, cuoco del ristorante Parmigiani­no, e i suoi anolini in consommé di vitello.
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 ??  ?? Da sinistra, in senso orario, la lingua bollita e grigliata del bistrot Cortex; la squadra di Cortex pranza con pane e salame di Felino Igp, altro prodotto tipico del Parmense. La punta di vitello, piatto tradiziona­le delle trattorie e dell’Osteria Ardenga, nella Bassa Parmense, gestita dalla famiglia Borlenghi (nella foto il papà cuoco con la figlia Anna). Nella pagina accanto, sopra, Maria Amalia Anedda prepara i passatelli che serve anche con dashi (brodo giapponese) di funghi. Sotto, l’androne della Pilotta; i maiali neri, razza pregiata del Parmense per prosciutti e culatelli ricchi di Omega 3.
Da sinistra, in senso orario, la lingua bollita e grigliata del bistrot Cortex; la squadra di Cortex pranza con pane e salame di Felino Igp, altro prodotto tipico del Parmense. La punta di vitello, piatto tradiziona­le delle trattorie e dell’Osteria Ardenga, nella Bassa Parmense, gestita dalla famiglia Borlenghi (nella foto il papà cuoco con la figlia Anna). Nella pagina accanto, sopra, Maria Amalia Anedda prepara i passatelli che serve anche con dashi (brodo giapponese) di funghi. Sotto, l’androne della Pilotta; i maiali neri, razza pregiata del Parmense per prosciutti e culatelli ricchi di Omega 3.
 ??  ?? Da sinistra, in senso orario, la «vecchia» con carne di cavallo, che a Parma si mangia anche cruda. Lopez, basco e scarpe rosse, la prepara nella sua paninoteca Tra l’uss e l’asa. Zucche violine e mele cotogne al Rural Market gestito da Elisa Ziveri. Nella pagina accanto, sopra, libri e riviste storiche nella biblioteca dell’Academia Barilla; i prosciutti dei Fratelli Galloni. Sotto, il parmigiano reggiano di Bertinelli, azienda a filiera completa dal 1895, oggi specializz­ata anche in produzione kosher.
Da sinistra, in senso orario, la «vecchia» con carne di cavallo, che a Parma si mangia anche cruda. Lopez, basco e scarpe rosse, la prepara nella sua paninoteca Tra l’uss e l’asa. Zucche violine e mele cotogne al Rural Market gestito da Elisa Ziveri. Nella pagina accanto, sopra, libri e riviste storiche nella biblioteca dell’Academia Barilla; i prosciutti dei Fratelli Galloni. Sotto, il parmigiano reggiano di Bertinelli, azienda a filiera completa dal 1895, oggi specializz­ata anche in produzione kosher.
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 ??  ?? Da sinistra, in senso orario, Paolo Gennari gestisce il caseificio di famiglia attivo dal 1953. Il Duomo di Parma, di fianco al quale si trova il b&b La Terrazza sul Duomo della signora Carlotta Compari, con con vista sull’abside. Nella pagina accanto, Massimo Spigaroli nel suo mondo: il salotto dei liquori, il ristorante, le coscette di rana, la chiesetta dell’Antica Corte Pallavicin­a.
Da sinistra, in senso orario, Paolo Gennari gestisce il caseificio di famiglia attivo dal 1953. Il Duomo di Parma, di fianco al quale si trova il b&b La Terrazza sul Duomo della signora Carlotta Compari, con con vista sull’abside. Nella pagina accanto, Massimo Spigaroli nel suo mondo: il salotto dei liquori, il ristorante, le coscette di rana, la chiesetta dell’Antica Corte Pallavicin­a.

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