SORPRESE BOREALI
Protetta dai ghiacci artici, la Lapponia è una delle poche mete ancora autentiche. Qui, tra l’incanto delle aurore e paesaggi di fiaba, un popolo millenario è pronto ad accogliervi con calore e con sapori audaci che non dimenticherete più
Fu Galileo Galilei a coniare il termine Aurora Borealis per il fenomeno delle scie luminose tipico dei cieli del Nord
Nel nido del corvo si possono trovare anche uova di cigno», dice così un proverbio dei sami, la popolazione seminomade nativa dell’area polare scandinava. Potremmo intenderlo come «non temete lo sconfinato panorama glaciale della Lapponia perché vedrete (e assaggerete) cose che non dimenticherete mai più». A cominciare dalle stagioni, che qui non sono quattro ma otto, per misurare con più precisione le transizioni e i mutamenti della luce, del paesaggio e delle abitudini degli uomini.
Scegliete di partire tra dicembre e febbraio e copritevi bene: la contea svedese di Norrbotten è attraversata dal circolo polare artico e le temperature sono rigide, anche quando il sole illumina la neve sui tetti delle cittadine di Kalix, Haparanda, Pajala, Överkalix e luccica sulle acque limpidissime dei fiumi Torne e Kalix.
Pastori, cacciatori e cuochi
Trascorrendo buona parte del tempo sotto zero, l’appetito non mancherà e sarete pronti per il vostro primo incontro con l’autentica cucina lappone.
Ancora oggi è intorno alla renna che ruotano la vita e l’economia dei sami, tra i pochi popoli al mondo che ancora conservano intatta la loro identità originaria. Quelli di nazionalità svedese sono 35.000, e tra loro circa 3000 sono pastori di renne, attività che esercitano in esclusiva, come previsto dalla legge nazionale (i dati sono della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus).
Come in tutte le culture nomadi e transumanti, per trasportare e conservare al meglio carni e pesci e renderli lungamente commestibili anche i sami hanno sviluppato l’arte dell’essiccazione e dell’affumicatura. Dedicate il vostro primo assaggio al suovas, il filetto magro di renna salato e affumicato per otto ore sul fuoco diretto, acceso all’interno della kåta (la caratteristica tenda sami). Questo Presidio Slow Food dall’aroma molto deciso viene servito a fette sottili insieme con funghi, bacche rosse di bosco e il tipico pane non lievitato, scaldato sulle pietre attorno al fuoco. Se poi volete conoscere più da vicino i riti ancestrali dei sami, e se siete temerari, potete unirvi ai pastori e, circondati dalla loro mandria, assaggiare una porzione speciale del «quinto quarto» della renna.
Ma, arrivati fin quassù, la sorpresa è anche quella di scoprire che ci sono tanti giovani cuochi di talento: tutti cacciatori, innamorati della loro terra e molto rispettosi della natura. È il caso di Martin Borg del ristorante familiare Seskarö Wärdshus, famoso per i suoi buffet estivi che richiamano centinaia di persone da tutta la regione. Dai sapori vegetali del freddo Nord alle deliziose ostriche, dal fegato di anatra al salmone selvaggio, fino al suo ingrediente preferito, il Kalix Löjrom, lo speciale caviale rosso di uova di coregone, prima Dop svedese riconosciuta dall’Unione Europea. Lo producono solamente per cinque settimane all’anno le famiglie del luogo tramandando oralmente il loro sapere. L’estrazione delle uova, solo due cucchiaini per ciascun esemplare femmina, viene fatta a mano, così come tutta la lavorazione successiva. Il loro colore particolarmente brillante e il sapore delicato sono inconfondibili.
Non è da meno il trio di cuochi dell’Haparanda Stadshotell, antico hotel nell’omonima cittadina, dove fare base durante l’intero soggiorno, con un ristorante assolutamente da provare. La proprietaria Susanne Wallin voleva un menù di alta godibilità che parlasse rigorosamente lingua lappone e ha trovato la sua squadra vincente in tre giovani e valenti cuochi: Edvin Degerlund, Jones Kurukulasooriya e Christofer Hammar. Chiedete di cenare nella «game cellar», la sala sotterranea dalle pareti di pietra arredata con tavoli e sedute in legno, pelli di alce, trofei di caccia e candele. In un’atmosfera che ricorda la serie tv Il Trono di Spade mangerete uno dei migliori filetti di renna con salsa ai mirtilli e una spalla di agnello con funghi di stagione, barbabietole ed erbe aromatiche nordiche; è una cucina di sostanza con sapori molto netti ➝
che la tecnica del trio riesce a mantenere sobri e mai eccessivi. Come nel salmerino alpino con purè di patate e aneto, un ottimo pesce che qui si pesca come tradizione vuole: con trivella per il ghiaccio (in alcune zone può essere spesso oltre un metro), grosse lenze, piccozze salvavita, grandi esche e tanta pazienza, si sta seduti accanto al foro creato nel ghiaccio aspettando il sobbalzo della canna. Per andare a pescare il momento migliore è la fine dell’inverno: ci si affida alle compagnie locali che organizzano l’uscita in motoslitta all’alba: dopo aver visto, con un po’ di fortuna, la bellezza commovente dell’aurora boreale, ci si ferma nel centro di un lago ghiacciato per prendere all’amo persici, lucci e lavarelli.
Aringhe prima dell’aurora
Il resort di Kukkolaforsen, sempre nella contea di Norrbotten, è il paradiso della sauna (anche qui la Swedish Sauna Academy ha un suo quartier generale con ben quattordici diversi tipi di sauna, tra cui quella «del villaggio» che ospita fino a cinquanta persone).
È il posto migliore per un’immersione totale nella vita lappone: saune, aringhe fermentate, cena tipica e caccia all’aurora boreale. Nei vecchi ricoveri dei pescatori, sulle sponde del fiume, i coregoni appena pescati vengono ancora preparati come tradizione vuole, sulla fiamma viva nel centro della capanna. Sedetevi attorno al fuoco scoppiettante dove il legno brucia e i racconti dei pescatori si alternano ai sorsi di birra. I pesci vengono infilzati in rami piccoli e duri e posti vicino al fuoco che li cuocerà a puntino (venti minuti per lato, conditi soltanto con acqua salata). Da parte, sopra le braci, viene abbrustolito il gáhkku, il tradizionale pane piatto, morbido come una pita, che una volta si preparava con l’aggiunta di corteccia o radici macinate. Da non perdere il piatto-simbolo del posto, l’aringa fermentata: se avrete il coraggio di assaggiarla, vi stupirà come con un odore così sgradevole possa avere un sapore tanto buono.
Pescate nel Mar Baltico in primavera, le aringhe vengono poste sotto sale, lasciate fermentare in barili e chiuse in una latta per circa un mese.
Johanna Spolander, la proprietaria del Kukkolaforsen, vi mostrerà come si mangiano: avvolte nel tunnbröd (tipo piadina) insieme con patate, cipolle affettate, numerose salse, formaggio morbido, prendono il nome di surströmming e vanno rigorosamente accompagnate da buona birra scura e soprattutto da piccoli snaps di acquavite con cui alternare (e sgrassare) i bocconi. L’aroma è pungente e il gusto è rotondo e piccante, non proprio ciò a cui siamo abituati, ma al terzo boccone il palato si adatterà.
Ma non esagerate, se poi volete andare a caccia dell’aurora boreale: «aurora hunting», la chiamano proprio così perché i fasci di luce danzano nel cielo artico senza alcun preavviso e si spostano continuamente. È uno degli spettacoli naturali più emozionanti che esistano. Durante il periodo che solitamente va da metà settembre alla fine di marzo, è possibile prevederne l’apparizione e l’intensità, ma solo in parte, ed essendo un fenomeno straordinario e raro è comunque difficile assistervi (lo sa bene chi ha fatto più di un paio di tentativi prima di vederlo).
Nel passato in Svezia «caffè» si diceva kaffi: invertendo le sillabe è nato il nome della pausa con dolcetto più amata della giornata
Una birra oltreconfine
Oltrepassato il fiume Torne (che segna anche il passaggio di fuso orario), si entra in territorio finlandese; nella vicina cittadina di Tornio entrate da Tornion Panimo per fare un breve tour nella storia e assaggiare delle grandi birre artigianali. Questo birrificio, aperto dal lontano 1873, esprime alla perfezione il modello della perseveranza lappone. Usa le pure acque artiche dei fiordi della Lapponia per produrre circa due milioni e mezzo di litri annui. Al comando della crew c’è il brewmaster Leo Andelin che ha scelto di mantenere una linea vicina ai gusti del territorio: otto birre tra cui la Original 1964 Lager, una bassa fermentazione di cui lui stesso ha creato la ricetta negli anni Sessanta e a cui tutto il popolo è affezionato; c’è poi la ➝
profumatissima Vehna Summer realizzata con ginepro proveniente dal Nord del Paese (con cui hanno iniziato a produrre anche un gin) e la suadente Arctic Stout, setosa e alcolica, perfetta da sorseggiare guardando scendere la neve.
Nella bianca fattoria
Renna e aringhe ma anche formaggio: nella Lapponia svedese imperdibili sono i caprini di Jaana Alamäki Enström e del marito Knut Enström. La storia dell’azienda Kalix Ost inizia nel 2013 con dodici capi: lui falegname, lei ex maestra, vivono nella loro fattoria dove il tempo pare essersi fermato, raccolgono la legna nei boschi che li circondano, spalano la neve, si spostano a cavallo, procurano il fieno per gli animali, si alzano alle quattro del mattino per tutto il periodo della mungitura che va da aprile a dicembre, producono formaggi nel piccolo laboratorio e poi si spostano per venderli nei mercati della zona. Morbidi e semimorbidi con muffa bianca o a crosta lavata, a pasta molle e asciutti, tipo feta, con erbe sott’olio, tutti molto gustosi. Oggi l’azienda conta una cinquantina di capi, ma la lavorazione resta comunque artigianale. A breve la coppia metterà a disposizione una casa per ospitare chi sceglie di vivere a ritmo lento i tempi dettati dalla natura.
Uno stile di vita simile lo ha Per Pesula, in zona conosciuto come Pelle, affabile agricoltore e allevatore ex tassista che ha preferito coltivare la terra a percorrere le strade ghiacciate della Lapponia. L’azienda, nata nel 2003, si chiama Pesula Lantbruk ed è gestita da Pelle insieme alla moglie Åsa. L’economia è sorretta dal latte delle sessanta vacche, ma la poesia sta nel loro ottimo olio di colza, pianta che nel clima artico trova il suo perfetto habitat esprimendosi con uno speciale gusto di nocciola (ottima anche la senape con esso prodotta). In questa fattoria ecologica, le cui case hanno ospitato i soldati durante la Seconda guerra mondiale, Pelle ha trasformato le vecchie stalle in spazi dove organizza mercati, mostre fotografiche e percorsi culturali per le scuole.
Vuoi una fetta di torta?
Prima di ritornare a più miti latitudini, un tuffo (molto rinfrescante) nel Mar Baltico è d’obbligo. Si chiama Polar Explorer la nave rompighiaccio che vi ammalierà con il suo rumore sordo mentre naviga nelle acque rompendo gli enormi blocchi della banchisa. Durante una sosta nel bianco assoluto, poco distanti dal circolo polare artico, potrete indossare mute apposite (che vi faranno sembrare dei buffi Teletubbies) e poi galleggiare a una temperatura di appena due gradi (nuotare è impossibile).
Quando avrete freddo a sufficienza e nemmeno il vostro equipaggiamento termico riuscirà a evitarvi il congelamento, sappiate che oltre la sauna c’è un’altra tradizione lappone in grado di riscaldare anima e corpo: la fika, attesissima pausa ristoratrice, istituzione nazionale, stile di vita. Ci si ferma a metà mattina e nel pomeriggio per condividere una bevanda calda (principalmente caffè lungo), una fetta di torta, qualche biscotto. In qualunque casa entriate, il primo gesto sarà quello di offrirvi una tazza fumante di caffè accompagnata dal tipico kanelbullens dag, un rollino di pane speziato alla cannella. Per tutti, la fika è un momento della giornata così amato che dal 1999 ha la sua festa nazionale, il 4 di ottobre.
«Son questi i giorni che le renne si amano e nel suo sfarzo è la stella polare...» Emily Dickinson