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Mogli, mamme, nonne, zie, figlie: in cucina e in sala custodiscono i sapori della tradizione con dolcezza e determinazione, cucinano con eleganza, sperimentano con fantasia, dirigono con competenza . E sempre ospitano con amore
Per i suoi quarant’anni Silvia ha chiesto un nuovo tagliere per stendere la sfoglia: quello della mamma era ormai imbarcato, dopo le tante piallature che nel tempo lo avevano via via restaurato, fino ad assottigliarlo. «Stendo sfoglie da quando ero ragazza, aiutavo la mamma e la nonna, mentre mia sorella Cristina si occupava della sala», racconta. «La situazione è cambiata sette anni fa, quando è mancata la mamma. Incerte sul da farsi, abbiamo deciso di prendere in mano la situazione, questa volta non più solo come aiuti. Volevamo che tutto continuasse immutato, e solo noi conoscevamo così intimamente il suo stile. Da allora io seguo tutti gli impasti e la cucina, mentre Cristina completa i dolci, si occupa dei fornitori e coordina il servizio».
Siamo a Bologna, regno della pasta fresca, perciò non mi stupisco di vedere un matterello lungo più di un metro appeso trionfalmente al muro. È l’inseparabile compagno del suddetto tagliere sul quale Silvia stende la sfoglia come un fluente drappo di seta che piega e ripiega, accarezza e rifinisce, per poi tagliarlo. Mi incuriosiscono di più, invece, le tante foto di donne che vedo appese alle pareti. Chi sono? Le sorelle, subito inorgoglite, spiegano che da ottant’anni la loro trattoria è gestita da donne, a partire dalla fondatrice, Zita, che ➝
ebbe due figli, Elda e Arturo. Elda morì giovane, perciò Arturo portò in cucina la moglie Lina, e con lei anche la suocera Dina, che ha vissuto nella trattoria fino ai cento anni. E mentre Lina e Dina si occupavano di tutto, ecco le nostre Silvia e Cristina, nate tra fornelli e tavoli, a raccogliere una preziosa eredità di saper fare.
«Non era una vita facile, andavamo a scuola e, quando tornavamo, prima si doveva lavorare, e qui negli anni Ottanta si facevano anche tre turni prima delle due. Solo dopo potevamo mangiare e fare i compiti, quindi alle sette e un quarto di nuovo giù ad aiutare», ricorda Cristina. «Poi abbiamo preso le nostre strade, Silvia ha cominciato l’università, ha avuto due figlie. Io
«La sfoglia va mantenuta sempre tonda, per riuscire a gestirla. E va accarezzata, per sentirne lo spessore»
mi sono laureata in storia dell’arte, ho seguito altri progetti. Ma sempre senza mai smettere di “dare una mano”. Siamo sempre vissute con questo concetto. E infatti ora anche Giulia e Alice, le figlie di Silvia, ci aiutano. Studiano entrambe ma, quando possono, vengono in trattoria. Giulia, iscritta a biotecnologie mediche, è una cameriera bravissima, mentre Alice, ancora alla scuola di agraria, ha già nelle mani i segreti dei ripieni».
Mentre chiacchieriamo, Cristina ha già finito di comporre una spettacolare zuppa inglese, e sta organizzando fornitori e prenotazioni, mentre Silvia, dopo avere avviato il brodo, il ragù, la trippa e una faraona arrosto, ha iniziato a stendere la pasta per il pranzo. «Oggi è arrivata la ricotta fresca, perciò preparo i tortelloni. Cristina, vieni ad aiutarmi con il ripieno». Comincia un rito, collaudato, armonioso: Silvia taglia a quadrotti la sfoglia appena stesa e, velocissima, dispone su ognuno una noce di ripieno. Cristina li raccoglie e li chiude intorno alle dita. In un baleno sono pronti e arriva il turno delle tagliatelle: anelli come stelle filanti, che Silvia apre e stende ad asciugare su un vassoio. Per il taglio perfetto ha preso perfino un premio. Un altro lo meriterebbe per lo stratosferico ragù con cui le condirà prima di farmele assaggiare: un capolavoro della nostra gastronomia, preparato con lo stesso amore da tre generazioni di donne e offerto ai clienti come se fossero amici di una vita. A me è sembrato di conoscerle da sempre.