CLEMENTINA VIEZZER
OSTERIA AL CASTELLETTO, PEDEGUARDA DI FOLLINA (TREVISO)
Per tutti è la Clemi. E il suo ristorante Al Castelletto è la sosta obbligata di chi frequenta la zona del Prosecco Superiore di Conegliano e Valdobbiadene. Il locale è ambientato in una casa rosa ai piedi della tenuta dei conti Brandolini d’Adda, gli illustri vicini che da sempre fanno parte della sua vita. La Clemi è schiva, non ama dire di sé, ci studia mentre pulisce un catino di funghi porcini.
Invece, il nipote Nicolò è più generoso nel raccontare. «Mia zia faceva la bambinaia dai conti; ha cominciato a lavorare quando aveva tredici anni ed è rimasta con la famiglia per quasi trent’anni, fino a quando Vera, Giberto e Venturina sono diventati adulti e si sono trasferiti a studiare altrove. Rimasta disoccupata, ha chiesto alla contessa se poteva prendere in gestione l’osteria sotto la casa». Ai tempi era poco più che una bettola dove gli uomini si fermavano a bere prima di tornare a casa. Non era il posto adatto alla Clemi, che aveva trascorso la sua vita nei palazzi nobiliari. Piano piano l’ha trasformata, ridisegnandola con quel gusto e quel lusso sussurrato che aveva conosciuto. Le tovaglie e i tendaggi, coloratissimi e raffinati, sono della Casa Eger di Vicenza; i tavoli sono rischiarati dalla luce dei candelabri, nelle sale si diffonde il profumo leggero dei fiori freschi che la Clemi raccoglie nel suo giardino e le portate arrivano in zuppiere e vassoi abbondanti, come nelle case aristocratiche. Anche la cucina non è tipica veneta, ma richiama, piuttosto, quel mondo. Ci sono i risotti, fatti con il Vialone nano e gli ingredienti di stagione, le carni che cuociono sulla brace del camino sempre acceso e poi «tanta verdura che a mia zia piace molto, coltiva nel suo orto e fa arrivare in tavola anche quando i clienti non la chiedono», racconta Nicolò, mentre assaggiamo le deliziose castraùre di Sant’Erasmo (i primi germogli dei carciofi violetti prodotti nella laguna di Venezia) portati poco prima in dono da Arrigo Cipriani. E per dessert? «Sarebbe irrinunciabile il soufflé che mia zia prepara con una ricetta che ha imparato quando è stata con i conti a palazzo Papadopoli, a Venezia; ma non lo fa volentieri, bisogna corteggiarla; ogni tanto le faccio uno scherzo, entro in cucina e le dico che in sala qualcuno ha chiesto se può farne uno; lei si arrabbia e mi manda a quel paese». Decidiamo di tentare la sorte e chiediamo alla Clemi se ce lo prepara. Ci scruta, poi va in cucina e si mette all’opera. È il più buono mai assaggiato.