La Gazzetta dello Sport - Bologna

Con Mou in Cha

«La ferita del Mondiale è ancora aperta. Prima di smettere voglio giocarne uno»

- Di Massimo Cecchini

MERCOLEDÌ 5 OTTOBRE 2022 LA GAZZETTA DELLO SPORT in panchina

Lo abbiamo guardato con attenzione e qualcosa abbiamo scoperto. Un misto di Bryan Ferri («i miei genitori mi hanno chiamato così in onore del leader dei Roxy Music») e di Pier Paolo Pasolini, che è stato tra i fondatori della società, la Casarsa, dove ha cominciato a giocare a calcio («ho visitato anche la sua casa, che è stata trasformat­a in museo»). Queste sono le radici di Bryan Cristante: segni particolar­i campione d’Europa, attuale profession­e soldato agli ordini del generale José Mourinho. Il centrocamp­ista della Roma, che domani è atteso da una nuova prova da leader contro il Betis Siviglia, in quella che potrebbe essere la partita decisiva nel girone di Europa League, si è raccontato per “Sportweek”, il nostro magazine in uscita sabato, mentre intorno a noi, al nuovo Adidas Store di Via del Corso, a Roma, fervevano le fibrillazi­oni da primi giorni.

Canada e azzurro

Una cosa è certa: tutti gli addetti ai lavori con cui abbiamo parlato nel mondo del calcio, per Cristante adoperano due parole chiave: intelligen­za e leadership. Quanto basta per non stupirsi del fatto che, avendo il doppio passaporto, anche il Canada lo avesse cercato per la nazionale. «Mio padre è nato lì – racconta - e sono stato cercato più volte dall’allenatore prima della convocazio­ne con l’Italia. Avevo venti anni, ma non ci avevo mai pensato seriamente, anche perché i livelli erano molto diversi, soprattutt­o anni fa. Ma io sono italiano, non ho mai avuto dubbi. Sono stato in Canada solo una volta, mentre a Toronto sono rimasti i fratelli di mio nonno. I miei nonni invece ci hanno vissuto per lavoro, ma poi sono tornati in Italia. A quei tempi molti friulani partivano per il Canada». Invece Bryan è diventato azzurro, ha vinto un campionato europeo, sogna il Mondiale per suturare una ferita ancora aperta(«prima di smettere voglio giocarlo») e adesso ha come compito quello di riportare la Roma nell’Europa che conta. Tutto questo anche grazie alle radici, cioè i campioni con cui ha potuto giocare quando era ragazzo. «Studiavo i centrocamp­isti e il mio idolo era Lampard. Ho avuto la fortuna di esordire in un Milan dove c’erano veramente tanti campioni, tutti più o meno dai trenta anni in su. Ho imparato tanto da loro, ho capito cosa fosse davvero un profession­ista lavorando insieme a loro tutti i giorni, durante le partite e gli allenament­i». Non è un caso che, quando gli si chiede di scegliere un paio di giocatori

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