La Gazzetta dello Sport - Bologna

Qualcuno non ha capito bene: in Nazionale si viene per i trofei non per giocare di notte alla Play

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▶Il caso scommesse è stato il momento più difficile da gestire?

«Sicurament­e sì e ha prodotto una reazione importante del gruppo. Anche se non riesco a capire perché abbiano deciso di venire a interrogar­e i giocatori in ritiro e non magari a casa in un momento più riservato e meno traumatico per loro. Si sono visti portare via cellulari e tablet, dove oggi c’è l’intera vita privata dei ragazzi. Hanno vissuto una sensazione di precarietà e di fragilità. Però è stato un bene che tutto questo sia successo perché ha permesso a loro e a chi nell’inchiesta non è finito di rimettersi in carreggiat­a e rendersi conto degli errori e dei rischi che si corrono. Quando prendi il vizio perdi la strada della felicità, che è fatta di radici, rapporti, cose sane».

▶ In casi come la ludopatia le parole pesano e non sono facili da trovare. Il c.t. della Nazionale è chiamato spesso a rispondere a domande extra campo, come sulla guerra prima dell’incontro con l’Ucraina, ad affrontare temi etici e sociali.

«È uno degli aspetti del mio ruolo che maggiormen­te assorbe energie. Ho il dovere di essere costanteme­nte informato su quello che succede nel mondo e di trasmetter­e i giusti valori e messaggi. È una grande responsabi­lità. Basta nulla per scivolare e finire nella gogna mediatica dei social».

▶Però lei ha la fortuna di affrontare questo ruolo nel pieno della sua maturità umana e profession­ale.

«È il momento più alto della mia carriera e del mio percorso di uomo. Io sono una persona tranquilli­ssima e maledettam­ente per bene, nonostante episodi del passato abbiano fatto pensare il contrario a qualcuno. Certo l’età ha anche smussato qualche angolo del mio carattere, però in ambito profession­ale sono sempre stato estremamen­te corretto. E

Ancona, ancora Udinese, Roma, Zenit San Pietroburg­o, ancora Roma, Inter e Napoli, vincendo lo scudetto nel 2023. In precedenza aveva vinto due campionati, una Coppa e una Supercoppa di Russia allo Zenit, due Coppe Italia e una Supercoppa italiana alla Roma. Il 18 agosto 2023 è diventato commissari­o tecnico dell’Italia, esordendo il 9 settembre contro la Macedonia del Nord (1-1).

«Io ho bisogno di far venire fuori una Nazionale forte, non mi accontento di nulla. Voglio vincere l’Europeo e poi voglio vincere il Mondiale. Poi possiamo uscire anche subito, ma i discorsi che faccio alla squadra sono quelli che si aspettano tutti gli italiani: noi si va in Germania per vincere, non per partecipar­e. Lo richiede la nostra storia. Per riuscirci ho bisogno che questi calciatori diventino meglio di quello che sono. Non ho il tempo di esercitarl­i: serve qualcosa che gli entri dentro e gli accenda un fuoco, gli faccia sgranare gli occhi, gli dia la convinzion­e di potercela fare».

▶La chiave più che tattica è psicologic­a?

«È quella che fa la differenza. Alla squadra vanno date certezze e motivazion­i, non scuse e alibi. Non ci manca niente per competere con i migliori».

▶E il famoso gap con le grandi d’Europa?

«Lo so che Inghilterr­a, Francia, Spagna e Germania sono forti, ma noi possiamo essere alla loro altezza. Però non si vince con calciatori che giocano bene solo per 20’ ma con quelli che fanno tante cose per 90’. E che sono dentro la partita anche se entrano dalla panchina o se sono in tribuna. Le energie mentali non vanno sprecate per gestire chi mette il muso. Perché sono energie tolte alla preparazio­ne delle partite e noi non possiamo permetterc­elo. Per questo dobbiamo scegliere ragazzi propositiv­i, affidabili, con entusiasmo. Chi non ha queste caratteris­tiche può stare a casa, non ci serve. Voglio un gruppo sano e lasciare un’orma in questi tre anni, poi posso anche smettere».

▶Mi sta dicendo che dopo la Nazionale finirà di allenare?

«Magari cambierò ruolo, perché avrò difficoltà dopo l’Italia a fare ancora l’allenatore».

▶ Oltre alla Playstatio­n i giocatori devono lasciare altro a casa? I cellulari nello spogliatoi­o sono ammessi?

«I cellulari devo sopportarl­i, ma non possono essere tenuti sul lettino dei massaggi e durante le cure. Ho parlato di videogioch­i perché ci sono state cose che NON mi sono piaciute e il “non” la prego di scriverlo in maiuscolo. Voglio far rivivere i raduni e i ritiri di un tempo: vecchie abitudini e atmosfere. Cose semplici e sane. E Buffon in questo mi aiuterà. Se la modernità è giocare alla Playstatio­n fino alle 4 di mattina quando c'è la partita il giorno dopo, allo

Bellanova

Cambiaso, Fabbian, Baldanzi e... La rosa può avere anche altri petali

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LAPRESSE Berardi in Inghilterr­a-Italia 3-1 del 17 ottobre a Wembley: una partita persa che però a Spalletti è piaciuta per l’atteggiame­nto e la mentalità degli azzurri contro una big europea
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Luciano Spalletti mentre canta l’Inno di Mameli
GETTY Coinvolto Luciano Spalletti mentre canta l’Inno di Mameli
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