La Gazzetta dello Sport - Bologna

«È NATO TUTTO

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pugno come gesto di saluto invece che stringere la mano) ma anche semplice, gentile e devoto alla famiglia: eccolo, è Vingegaard Hansen.

▶Jona⏻, vogliamo tornare a quella Settimana Internazio­nale Coppi e Bartali di tre anni fa? Fine marzo, due tappe vinte e successo finale a Forlì. Che cosa le è rimasto in testa?

«Che è stata la prima volta in cui davvero sono stato capace di dominare la pressione (aspetto che all’inizio della carriera un po’ lo aveva condiziona­to, ndr). Certo, era una corsa non grande, ma sono riuscito a vincerla. Ero il capitano della squadra, fin dall’inizio si era detto che tutti sarebbero stati per me, per ottenere il miglior risultato. Esserci riuscito è stato un grande passo. Probabilme­nte, il primo, per diventare un vero uomo da grandi giri. Ho avuto molta più fiducia in me da quei giorni. Bellissimi ricordi».

▶ Allora, e fino a poco tempo fa, si chiamava Jonas Vingegaard. Ora ha aggiunto il cognome Hansen, quello di sua moglie Trine. Perché?

«Volevamo sempliceme­nte avere lo stesso, identico cognome. E abbiamo pensato che fosse la soluzione migliore, perciò abbiamo scelto in questo modo. Ed è così. Un suggello al fatto che vogliamo passare la vita assieme. È molto romantico. E ora pure nostra figlia è Frida Vingegaard Hansen».

▶ Normalment­e, nel ciclismo e nello sport si fanno molti confronti. Per esempio, Tadej Pogacar ha chiuso il 2023 da numero uno per il ranking Uci. Ma lei lo ha battuto nell’occasione più importante, al Tour. Dunque, chi è il migliore corridore al mondo? O non le interessa?

«Non mi interessa molto. Sono concentrat­o su quello che faccio io. Chi è il migliore? Lui è più versatile rispetto a me, di sicuro. Ma non voglio ulteriorme­nte alimentare la discussion­e, ci sono talmente tanti argomenti... Non ha molto senso per me parlarne».

▶Nel Tour de France 2022 ci fu quella stretta di mano in corsa tra di voi, dopo che lei aveva aspettato Tadej in seguito a una caduta. Che ricordo ha di quel momento?

«Un grandissim­o momento per il ciclismo. Lo sport è fatto anche di sensazioni, di emozioni. Quel giorno sono felice di averlo aspettato. Spero, anzi credo, che chiunque lo avrebbe fatto se a cadere fossi stato io. È la bellezza dello sport».

▶Ha visto Pogacar alla Strade Bianche?

«No, ero in viaggio. Ma chiaro, so del suo attacco lungo 81 chilometri. Piuttosto impression­ante».

▶Il confronto con lui la motiva?

«Se hai un rivale così forte, tu devi esserlo almeno altrettant­o. Questo ti spinge a lavorare duramente. È motivante».

▶Lei è competitiv­o lungo tutto l’anno, ma si concentra quasi esclusivam­ente sulle corse a tappe. Come mai?

«Perché ho ‘performato’ molto meglio, al contrario

I signori dei Campi Elisi Tour 2023: Jonas Vingegaard, 27 anni, in maglia gialla, e Tadej Pogacar, 25, secondo a 7’29”: lo stesso ordine del 2022. Nel 2020 e 2021, invece, il Tour era stato di Pogacar, che nel 2021 aveva preceduto il danese di 5’20” delle gare di un giorno. Abbiamo pensato, con il team, che sia meglio così per me».

▶Un approccio che in futuro potrebbe cambiare?

«Se vuole sapere se un giorno sarò al via della Roubaix... probabilme­nte, no. Ma Liegi e Lombardia, per esempio... Alcune volte ci ho già provato, senza successo. Però non escludo che tenterò di nuovo. Nel 2024, poi, non penso che l’Olimpiade sarà un obiettivo. Il Mondiale invece potrebbe esserlo, ma dipende da come andrà la stagione. Ah, un giorno vorrei correre la Strade Bianche. È così cool. Mi ricorda il gravel e se c’è un po’ di gravel in una gara di un giorno, mi piace. Volevo esserci già quest’anno».

▶Perché ha cambiato idea?

«Il debutto stagionale in Galizia (3 tappe vinte e la classifica, ndr) a febbraio è stato molto duro, con tempo pessimo. È stato meglio così».

▶Capitolo grandi giri: l’anno scorso, dopo aver vinto il Tour, è stato anche secondo alla Vuelta. Questo però non l’ha portata a partecipar­e al Giro prima del Tour quest’anno, come farà Pogacar. Che valutazion­i ha fatto?

«Abbiamo capito che alla Vuelta, dopo il Tour, non ero al mio meglio. Così ho deciso di concentrar­mi ancora solo sul Tour, senza prendere il rischio di non presentarm­i lì al cento per cento. In futuro invece, potrei fare sia Giro sia Tour. Chissà. Devo pensarci, insieme alla squadra”.

▶ Comunque, ha in mente di venire al Giro d’Italia per vincerlo?

«Sì, spero proprio di sì. Ma in questo momento non so dirle quando».

▶ In quest’epoca ci sono 6 corridori che sembrano davvero di un livello superiore agli altri: Pogacar,

«In quella edizione della Coppi e Bartali sono stato capitano per la prima volta»

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