La Gazzetta dello Sport - Bologna

«La mia barca è come il cashmere Curo i dettagli» Il velista oro olimpico e ambassador di Falconeri: «Son sin troppo preciso. Amo la natura e vincere»

- Di Serena Gentile

Fuori c’è il sole, è una giornata bellissima, il cielo terso e le montagne innevate. Dentro i 270 dipendenti (il 75% sono donne) lavorano con grande concentraz­ione e apparente lentezza, quella che richiede la cura maniacale dei dettagli, inseguendo la perfezione attraverso numerosi controlli qualità, che è la parola d’ordine qui da Falconeri, nell’azienda di Avio, provincia di Trento. Ci vogliono 60 minuti per confeziona­re una maglia di cashmere (che non comprende la tessitura), poco meno di una partita di pallone solo per assembrare fronte, retro, maniche, collo e polsini (il cosiddetto rimaglio), cucire le saldine, i punti dati a mano che impediscon­o di sfilare il capo, sino all’etichettat­ura. In modo che le rifiniture e i dettagli risultino impeccabil­i. Altrimenti si sfila e si ricomincia, perché non si butta via niente, eventualme­nte si recupera. Lo scarto è pari a zero.

Inizia da questa certezza che è anche una buona notizia il nostro giro nell’headquarte­r di Falconeri, in scia a Ruggero Tita, velista, classe Nacra 17, campione olimpico e ambassador dell’azienda trentina (che fa parte del gruppo Oniverse dal 2009), top player nella realizzazi­one della maglieria per lui e per lei in puro cashmere a prezzi democratic­i: solo nel 2023 ha spedito in negozio 2,3 milioni di maglie (raddoppian­do in 3 anni la produzione e concorrend­o al +2% a cambi correnti del fatturato del gruppo rispetto al 2022). E girando, ascoltando, osservando, scopri che le cose che hanno in comune sono più di una e fondamenta­li. Per spiegare una partnershi­p che è più di una partnershi­p, tra Ruggero e Falconeri. Una è l’acqua, elemento naturale di Tita, che come Sinner ha iniziato per ovvi motivi anagrafici (è nato in Trentino, a Rovereto e cresciuto a Trento) con gli sci, ma presto grazie ad una gita al lago di Caldonazzo ha cambiato sport e paesaggio. La stessa acqua che (e ce lo fanno toccare con mano) fa diventare il cashmere... cashmere, quindi fluffy cioé soffice, solo quando già maglia entra a 30° in lavatrice sviluppand­o morbidezza e volume. E va in frantumi il primo luogo comune: i maglioni in acqua si rovinano o peggio rimpicciol­iscono (quella è la lana). Il secondo riguarda gli odiosi pallini: il cashmere se è 100% cashmere fa il pilling, che è considerat­o la bestia nera di questo filato

Ruggero Tita prezioso, ma in realtà è sinonimo di qualità. Lavorano molto ad Avio per contenerlo e sono rigorosiss­imi i controlli qualità anche su questo punto: una scatola di sughero simula l’indosso e testa ogni singola maglia. Così poi a casa, basta il pettinino per far durare il pullover una vita. Perché il cashmere va pettinato come si pettinano (e non tosano!) le capre Hircus della Mongolia, una volta all’anno e in primavera, per far cadere quei 250 grammi di batuffolo di cashmere che cadrebbero lo stesso. E che diventano filo a Biella, prima di diventare pullover ad Avio. E 250 grammi sono quelli che servono per fare un maglione da uomo taglia 50.

Gli

altri punti in comune con

Velista classe Nacra 17

l’azienda ce li racconta lui, il velista, che si concede qualche ora di pausa in un periodo pieno zeppo di allenament­i, in vista di un’estate a dir poco impegnativ­a «e quindi esaltante», dove punterà a confermars­i all’Olimpiade di Parigi («sappiamo che c’è solo una cosa più difficile di vincere il primo oro ed è vincere il secondo. Ma andiamo a Marsiglia per quello»). E poi salirà su Luna Rossa, obiettivo la Coppa America («prima o poi dobbiamo portarla in Italia»). Ma oggi siamo qui per altro, tipo per aiutare la signora Michela alle prese con un pullover beige e la macchina del rimaglio. E lì viene fuori subito la natura di Tita, che si mette all’opera e osserva: «Qui è scappata una maglia...».

▶Preci⏻o?

«Molto preciso. Anche sin troppo, che qualche volta può risultare quasi un problema. Sono estremamen­te attento alla cura dei dettagli. Controllar­e ogni centimetro della mia barca (come qui ad Avio controllan­o ogni centimetro di maglia e prima ancora ogni filo di cashmere) è uno dei miei riti pre-gara, una di quelle cose che mi mette tranquillo. La vela è uno sport pieno di imprevisti, dove quasi sempre si improvvisa in base a quelle che sono le condizioni del meteo, delle onde, del vento e quindi poter contare sulla barca, sapere che a terra tutto è stato curato nei minimi dettagli, preparato perfettame­nte per combattere, mi fa essere più sicuro dei miei mezzi».

▶ Cos’è la velocità? E il vento nei capelli?

«Ci sono tanti motivi per cui vado in barca, quello principale è vivere la natura, il mare. Non c’è niente di più bello di allenarsi con i delfini che ti saltano accanto, piuttosto che incontrare le

Ruggero Tita

è nato a Rovereto nel 1992. È laureato in ingegneria informatic­a. Appassiona­to di vela sin da piccolo, nei Nacra 17 insieme a Caterina Banti ha vinto l’oro all’Olimpiade di Tokyo e negli anni successivi Mondiali ed Europei. Parteciper­à alla prossima Coppa America a bordo di Luna Rossa.

La cosa più bella del mio sport è allenarsi... con i delfini

In mare sei in balia del meteo: il lavoro a terra è fondamenta­le

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Ruggero Tita

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