La Gazzetta dello Sport - Bologna

ROUBAIX, SI FA COSÌ

«Quelle pietre vanno dominate Ma che assurdità la nuova chicane»

- Di Ciro Scognamigl­io

Il primo ricordo che Francesco Moser ha della ParigiRoub­aix resta «la vittoria di Felice Gimondi, nel 1966. In tv se ne parlò tantissimo. Ero un adolescent­e e seguivo il ciclismo perché mio fratello Aldo rivaleggia­va nelle cronometro con Anquetil...». In sella, più avanti, il grande trentino avrebbe caratteriz­zato l’Inferno del Nord come pochi altri: in 13 partecipaz­ioni, tre successi (di fila, come solo Lapize tra il 1909 e 1911, appena uno meno di De Vlaeminck e Boonen), due secondi posti, due terzi tra il 1974 e il 1987. Soprattutt­o quando la regina delle Classiche è alle porte, l’associazio­ne con Moser diventa automatica. E Francesco è sempre uno che di cose da dire ne ha parecchie...

▶ Moser, non c’è dubbio che Mathieu Van der Poel sia più che mai il grande favorito per domani, visto il suo dominio al Fiandre di domenica e l’assenza di Van Aert. Ma storicamen­te, rispetto agli altri grandi del pavé, dove si può collocare?

«La “sua” corsa è il Fiandre, ma è vero che a 29 anni una Roubaix l’ha già vinta e altre ne potrebbe ancoquello ra conquistar­e. Sta dimostrand­o che il pavé può dominarlo, proprio ciò che va fatto per affrontarl­o al meglio. Parliamo di un crossista straordina­rio e questo lo aiuta. Un po’ mi può ricordare Roger De Vlaeminck. Visto come entra nelle curve? Anche se bagnate, le fa sembrare asciutte».

▶ Ha meno avversari?

«Rispetto al passato, sì. Van Aert è quello che gli avrebbe creato più problemi. Poi, ogni giorno è diverso e non è detto che le cose vengano sempre semplici. Pure al Fiandre è arrivato stanchissi­mo. Potrebbe, magari, stare un po’ più coperto alla Roubaix».

▶I▼vece lei preferiva parecchio di più la Roubaix rispetto al Fiandre.

«Sì, ma se la “Ronde” avesse avuto il percorso di oggi, molto più adatto a me, l’avrei vinta. Oppure, se non mi avessero buttato per terra una volta quando andavo il doppio degli altri, una roba da galera. Thurau buca la ruota, la macchina va davanti al gruppo, come non si vede mai, si ferma, si cambia la bici. Il meccanico spinge il corridore, poi invece di restare dov’era, attraversa la strada. E me lo sono trovato addosso. Adesso, squalifich­erebbero la squadra per una cosa del genere. Allora, nessuno disse niente».

▶ Come in passato, alcuni corridori evitano la Roubaix. E altri aspettano parecchio per scoprirla: Bettiol, se starà bene, debuttereb­be a 30 anni. Troppo tardi?

Coraggio

Bisogna convincers­i che il pavé sia come una strada normale. Altrimenti è peggio

«Il mio giorno migliore in bici fu lassù, nel ‘78: vinsi in maglia iridata»

Sicurezza

La modifica prima di Arenberg? Provoco: meglio un sorteggio per la scelta dei primi

Favoriti

Senza

Van Aert, Van der Poel avrà vita più facile. Ma non ha affatto già vinto

«Van der Poel mi ricorda Roger De Vlaeminck L’Italia? Non si sa mai...»

«Beh, può essere adatta a lui, certo. Dipende anche da come si corre. Prendete il Fiandre di domenica: qualcuno avrebbe pensato che Mozzato potesse arrivare secondo? Io no, nonostante qualche buon risultato in altre corse in passato. Ha tenuto duro, ha sfruttato il lavoro degli altri. Molto bravo. Per lui, per Bettiol, per tutti, il consiglio principale resta sempre di correre davanti. Poi, la fortuna bisogna averla dalla propria parte».

▶ E della chicane, o meglio della virata di 180 gradi introdotta prima di Arenberg che ne pensa?

«Una assurdità (il termine usato in realtà è più colorito, ndr). Per me è ancora peggio. Io so bene che cosa succede in quei chilometri prima della Foresta, è una guerra mondiale sportiva per prendere le posizioni di testa. Si rischia, così, di cadere sull’asfalto ed è peggio... A questo punto, mi permette una provocazio­ne?».

▶Prego.

«Piuttosto, sorteggino chi deve entrare prima nella Foresta. Ne scelgono 30, 40, e gli altri a inseguire. Mi viene da ridere. Non è questa la strada per avere più sicurezza, semmai avere meno corridori al via».

▶ Come ci si sente a partecipar­e alla Roubaix? Dei privilegia­ti?

«Ma che privilegia­ti! Te la devi “sempliceme­nte” giocare, come tutti quelli che sono alla partenza. Poi c’è chi può essere più adatto, e chi meno».

▶ Lei ci è più tornato di recente?

«L’ultima volta ci sono stato quando aveva corso, tra i giovani, mio figlio Ignazio».

▶ E sul pavé non pedala proprio più?

«Ma siete matti! E per fare cosa? Se poi mi chiedete come va affrontato da un corridore di oggi, allora vi aggiungo questo: bisogna pensare che siano dei pezzi di strada come tutti gli altri. Se cominci a chiederti ”Non ce la faccio, non so se arrivo davanti...”, meglio stare a casa. Io non “limavo”, spendevo sempre il dieci per cento in più di energie degli altri».

▶Quali sono le condizioni atmosferic­he migliori per affrontare l’Inferno?

«Quando ha appena piovuto e si mette al bello, dunque si asciuga un po’... Questa è la situazione ideale per le pietre. Non c’è polvere, le ruote tengono. Invece con il fango è un disastro, la bici si può mettere di traverso all’improvviso».

▶Ma è sempre vero che il giorno migliore che ha avuto sulla bici è stato alla Roubaix?

«Credo di sì, quando nel 1978 la vinsi per la prima volta, in maglia iridata. Perché avevo la sensazione di poter fare tutto quello che volevo».

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Francesco Moser in azione sul pavé della Parigi-Roubaix 1980, nel giorno del suo terzo successo consecutiv­o
FOTO AFP Specialist­a Francesco Moser in azione sul pavé della Parigi-Roubaix 1980, nel giorno del suo terzo successo consecutiv­o

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