La Gazzetta dello Sport - Cagliari

Inter, brividi e rinascita

- di Luigi Garlando

Certe notti sei sveglio o non sarai sveglio mai, canta l’interista Ligabue. L’Inter, che veste i colori della notte, si è svegliata in quella più importante e, con una prestazion­e infuocata, di cuore e organizzaz­ione, ha realizzato l’impresa: ha sconfitto il Barcellona 1-0 e ora andrà al Camp Nou per difendere il vantaggio in classifica, ammettendo che le due squadre facciano poi gli stessi punti con Bayern Monaco e Viktoria Plzen. Ci andrà come fosse ancora il 2010, disposta a tutto per sopravvive­re, dopo aver sconfitto i catalani a San Siro. Era dall’anno del Triplete che l’Inter non batteva il Barça, era da quell’anno che non metteva in fila due partite senza subire gol in Champions. L’Inter di campionato, molle, svogliata e distratta, si è trasfigura­ta. La difesa che ha subito 13 gol in 8 giornate ha concesso due soli tiri in porta ai catalani e ha cancellato dal campo l’orco Lewandowsk­i. Mai visto. Calhanoglu, lo svampito dei passaggi orizzontal­i suicidi, è stato perfetto nel ruolo di Brozovic e ha segnato il gol decisivo che gli mancava in Champions dal 2013. Dimarco, infaticabi­le, che ha iniziato e rifinito l’azione decisiva, ha confermato il suo stato di grazia. Onana è stato bravo e fortunato, come capita agli eroi.

Ma forse è sbagliato spigolare i singoli. L’Inter ha vinto perché per la prima volta in questa stagione è stata squadra in tutto, nell’organizzaz­ione, nella battaglia e nella sofferenza. E qui il primo merito va al più criticato di tutti, Simone Inzaghi, che è riuscito a riaccender­e il cuore della squadra e ha disegnato e pilotato la partita perfetta. Il Barcellona ha chiuso con il 72% di possesso? Vero, ha scritto sul pallone ciò che si legge nella cristaller­ie: “Guardare e non toccare”. Ma lasciare tanta palla agli avversari subendo solo due tiri innocui è un grande merito. Inferiore nella qualità dei singoli, l’Inter poteva venirne fuori solo così: chiudendo gli spazi e lottando su ogni pallone. Mou

Coesione L’Inter ha vinto perché per la prima volta in questa stagione è stata squadra in tutto

rinho, davanti alla tv, avrà rivisto qualcosa di suo. Ma anche il Mago, Burgnich, Facchetti, Guarneri e Picchi, lassù, si saranno divertiti.

Rivincita Il primo merito va al più criticato di tutti, il tecnico, che ha disegnato la partita perfetta

Calha-bum L’Inter capisce subito cosa l’aspetta: per i primi 2 minuti e 13 secondi non tocca la palla che gironzola tra i piedi catalani. Xavi, che alla vigilia aveva fintato un 3-4-3, sorprende con il 4-2-3-1: Gavi sale dalla mediana e si piazza tra i due esterni, alle spalle di Lewandowsk­i. Il vecchio Busquets e il giovane Pedri s’incaricano della costruzion­e. Il piano di Xavi è chiaro: Gavi, avanzato, deve farsi trovare tra le linee, e tendere un ponte verso Lewa. I due terzini sono sempre altissimi e così

Barcellona avvolge subito l’area nerazzurra con un fitto palleggio. Dopo un quarto d’ora, l’Inter ha uno striminzit­o 12% di possesso palla che riesce a gonfiare nel corso del tempo, ma senza mai andare oltre il 30%. Non c’è da vergognars­i. E’ il prezzo da pagare a una densità bassa e attenta che impedisce al Barcellona di tradurre il palleggio in occasioni da gol. In tutto il primo tempo telefona un paio di pensieri ad Onana, ma non crea un solo vero pericolo. Viene un po’ d’ansia le due o tre volte che l’Inter si fa trovare sbilanciat­a e Pedri, una meraviglia per gli occhi, divora poi spazi in ripartenza con la sua tecnica raffinata. In spazi angusti si normalizza. Questo deve fare l’Inter: tenere le linee strette per soffocare il maggior talento degli avversari, presidiare i corridoi che portano a Lewandowsk­i e quelli che imbocca palla al piede il temibile Dembelé. I ragazzi di Inzaghi lo fanno benissimo. E non fanno solo quello. Difendono con attenzione e dedizione antiche, ma tengono in canna la ripartenza. Barella, Correa e Dimarco sembrano sprinter sui blocchi in attesa dello sparo. Calha è sempre pronto a far partire la fiondata lunga. Alla fine, lo sparo dello starter arriva.

Madonnina che ansia Il turco è già pericoloso al 7’ con un proiettile che Ter Stegen alza in angolo. A metà ripresa, in coil da ad un’altra buona ripartenza, l’Inter invoca il rigore per tocco di mano in area di Eric Garcia, ma il Var segnala prima un fuorigioco di Lautaro. Al 47’ però l’Inter passa. Dimarco taglia il campo con un arcobaleno che pesca Darmian sulla banda opposta. I nerazzurri abbandonan­o le proprie tende. Lo stesso Dimarco apparecchi­a il destro chirurgico di Calhanoglu che imbuca l’angolino. La ripresa è un inno alla sofferenza e all’arte di sopportarl­a. In tre occasioni le pulsazioni si impennano come il Pordoi. Minuto 16: Onana, in società col palo, respinge un bolide ravvicinat­o di Dembelé. Minuto 22’: Onana esce male e Pedri appoggia in rete. Ma il Var sorprende un tocco di mano di Ansu Fati e annulla. Sospirone di San Siro che arriva fino alla Madonnina. Altro sospirone del genere in pieno recupero. Il tabellone di San Siro avverte che è in corso una verifica del Var per possibile rigore. Le immagini della palla che si avvicina alla mano di Dumfries mettono i brividi, ma l’occhio elettronic­o decide di tirar dritto per l’ira funesta di Xavi che il 2010 lo ha vissuto sulla sua pelle ed è già idealmente seduto al Camp Nou in attesa dei nerazzurri. Ma l’Inter, che ha ritrovato cuore e testa, è pronta per tornarci e scrivere un altro pezzettino di storia.

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