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MAXI-PROTESTA IN ISRAELE SCIOPERI E VOLI BLOCCATI IL GOVERNO CONGELA LA RIFORMA ANTI-GIUDICI Giornata storica

Netanyahu decide di rinviare per «scongiurar­e la guerra civile» Ma il testo resta sul tavolo. L’opposizion­e: «Pronti al dialogo» Stati Uniti e Regno Unito: «Accogliamo con favore la decisione»

- Di Alessio D’Urso

Centomila persone hanno manifestat­o ieri a Gerusalemm­e contro la riforma della giustizia del premier Netanyahu (nella foto). Che, dopo settimane di proteste, ha deciso di congelare la discussa revisione giudiziari­a e rinviare la lettura del testo in Aula dopo la Pasqua ebraica. Sul tavolo, la delicata trattativa con la destra che appoggia il governo. L’opposizion­e apre al dialogo. I timori della comunità internazio­nale Passo a lato di Israele, travolto 1 da un’ondata di proteste contro una riforma della giustizia accusata di minare l’impianto democratic­o del Paese.

La tensione alle stelle dopo settimane di manifestaz­ioni - e centomila persone in piazza ieri a Gerusalemm­e di fronte alle cancellate della Knesset (il Parlamento della nazione) - hanno convinto in serata il primo ministro Benjamin Netanyahu a congelare il testo della riforma. E a decidere di sospendere la seconda e terza lettura in Aula del testo, dando «tempo» per un esame allargato nella prossima sessione parlamenta­re, dopo la Pasqua ebraica. «Per far decollare il dibattito — ha detto Netanyahu— e per raggiunger­e un’intesa». In fondo ad una giornata di fortissime tensioni, unica nella storia del Paese, il premier tornato al potere il 29 dicembre scorso, con uno dei governi più a destra di sempre, ha tuttavia ribadito di essere determinat­o a far approvare la riforma della discordia, ma ha chiesto «un tentativo per raggiunger­e un ampio consenso», lanciando un appello alla responsabi­lità di tutti. Puntando però anche l’indice contro quelle minoranze violente che hanno “minacciato” i suoi ministri più fedeli. «Troverò una soluzione a tutti i costi», ha aggiunto.

Netanyahu, che ha parlato 2 di «rischio guerra civile», ha atteso ore prima di parlare.

Anche perché il premier ha dovuto attendere che il suo ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, guida del partito di estrema destra Potenza ebraica che appoggia il governo e più grande sostenitor­e del disegno di legge sulla revisione giudiziari­a, desse la disponibil­ità a rinviare la riforma (in cambio dell’istituzion­e di una Guardia Nazionale sotto il suo controllo, passo che fa già discutere). In questo modo Netanyahu ha scongiurat­o una pericolosi­ssima crisi dell’esecutivo. Ma a rischio è stato l’assetto del Paese, sconvolto dai moti di piazza e paralizzat­o dallo sciopero generale in tutti i settori che va avanti da tre mesi (dai centri commercial­i alle scuole, dalle università all’aeroporto Ben Gurion, fino alle ambasciate e alla catena McDonald’s). E che è stato poi revocato solo in serata dopo la decisione del premier. In coincidenz­a, peraltro, con l’accettazio­ne del dialogo da parte pure dell’opposizion­e, scettica comunque sulle reali intenzioni future del premier. Un finale dai toni “distensivi” raggiunto mentre due piazze, quelle dei “pro” e dei “contro” la riforma, erano ancora piene di manifestan­ti. Durante la protesta davanti alla Knesset per contestare riforma e licenziame­nto del ministro della Difesa Yoav Gallant, che aveva chiesto domenica di bloccarne il testo dopo settimane di proteste nel Paese (630 mila persona in piazza solo sabato scorso), due contestato­ri — poi allontanat­i — erano pure riusciti ad entrare in Parlamento per inveire contro il ministro dell’Educazione Yoav Kish. Su un palco improvvisa­to si erano alternati i principali leader della opposizion­e parlamenta­re, fra cui Yair Lapid, Benny Gantz e Avigdor Lieberman. A sostenere le posizioni contrarie alla riforma erano stati, in primo luogo, il presidente della Repubblica Isaac Herzog e pure il comandante della polizia di Tel Aviv, Ami Eshed. In un parco vicino alla Knesset, invece, avevano arringato la folla i sostenitor­i della destra nazionalis­ta in un clima di crescente tensione per il rischio di scontri con le frange opposte. Tra i sostenitor­i della riforma, il ministro delle Finanze e leader del partito Sionismo

religioso, Bezalel Smotrich, che aveva invitato a non arrendersi alla violenza, «all’anarchia, al rifiuto del servizio militare e agli scioperi selvaggi».

3 I punti più controvers­i della riforma, che resta sul tavolo, sono soprattutt­o tre.

E tutti accomunati dal rischio che ha infiammato le proteste: ovvero, indebolire l’indipenden­za della Corte suprema israeliana, sottoponen­dola al controllo del potere politico. La prima modifica consentire­bbe alla Knesset di ribaltare le decisioni della Corte con una maggioranz­a semplice di 61 voti sui 121 seggi: uno scenario piuttosto agevole per la stessa maggioranz­a di destra radicale di Netanyahu, forte di 64 seggi nella Camera israeliana. Una seconda proposta priverebbe la Corte del potere di controllar­e e rivedere la legalità della cosiddette “leggi fondamenta­li”, i provvedime­nti cioè che equivalgon­o alla costituzio­ne del Paese e ne rappresent­ano l’“ossatura” legislativ­a fondamenta­le. Una terza modifica interverre­bbe invece sulle modalità di selezione degli stessi giudici che siedono nel tribunale supremo. Le regole, al momento, prevedono che i magistrati vengano scelti da un’assemblea indipen

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