La Gazzetta dello Sport - Cagliari

Mabor fuggito dal Sud Sudan «Gioco a basket e mi sento vivo»

Il 22enne di Napoli cresciuto nel suo Paese in guerra: «Il campetto era una liberazion­e nei giorni in cui non c’erano troppi spari»

- P.b.

Nei primi minuti della semifinale, il 19enne centro di Reggio Emilia Mohuamed Faye, si alza per un appoggio a canestro. Si alza ancora più in alto la mano di un ragazzo di 22 anni, alto 2 metri e 16. Dopo pochi minuti, viene sostituito, la sua mano alla causa l’ha data con quella stoppata. «Il mio nome è Dut Biar Andrea Mabor e sono nato in Sudan pochi giorni prima di Natale del 2001». Così si è presentato anni fa su The Owl Post, sito dove gli sportivi si raccontano in prima persona. E la sua è una storia. È arrivato a Napoli la scorsa estate. Dal 2016 è a Roma dove è cresciuto nel vivaio della Stella Azzurra, da cui sono usciti anche Andrea Bargnani e Matteo Spagnolo, e dal 2019 è entrato nella prima squadra. «Ho vissuto in Sudan fino al 2010, vivere con la mia famiglia era sempliceme­nte bello. Era tutto normale: giocavo, studiavo e mangiavo», scrive su Owl Post dove ogni parola pesa. Poi la sua vita cambia. «Mi sono dovuto trasferire in Sud Sudan a casa di mia zia, insieme a uno dei miei fratelli. Lì le cose sono cambiate molto velocement­e. È scoppiata la guerra. Non lontana, nei telegiorna­li. Ma vicina, nelle strade. Sui marciapied­i e nelle scuole».

Il basket A 14 anni la scoperta del basket. «C’era un piccolo campetto all’aperto. La zona è pericolosa sì, ma non troppo e riuscivo ad andare a farci due tiri. Soprattutt­o nei giorni più calmi e sereni, quelli in cui non si sentivano troppi spari. Stare in campo era una liberazion­e. Era come mettere dentro il ghiaccio il resto del mondo e vedere solo la palla muoversi e infilarsi nel canestro mentre tutto era immobile. Guerra compresa». Lo zio lo manda a Roma, «dall’altra parte del mondo». Torna a scuola, gioca. Scrive: «Sento che nulla potrà fermarmi. Non perché sono più bravo degli altri ma perché sono quello che si allena divertendo­si più di tutti quanti. Gioco e mi sento vivo». Il Sud Sudan nel basket ha fatto il miracolo prima di andare per la prima volta al Mondiale lo scorso anno e poi di qualificar­si per l’Olimpiade di Parigi. Domenica Mabor aveva la medaglia al collo. E sorrideva.

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