La Gazzetta dello Sport - Cagliari
«IL FIANDRE È PIÙ DI UNA LEGGENDA VAN DER POEL UN RE MA È UMANO»
Manager emergente nel 2012. La caduta di Harelbeke, quella del Fiandre, e poi ancora a terra ai Giochi olimpici di Londra. Dopo un anno così, la testa si affolla di tanti punti di domanda. Quella vittoria li spazzò via, al punto che la domenica successiva conquistai pure la Roubaix».
Sarebbe stato il mio nome a sorpresa, però quei crampi mercoledì erano brutti
▶ Veniamo al Fiandre 2024...
«La maxi-caduta di mercoledì, nell’Attraverso Le Fiandre, ha cambiato prospettive e avvicinamento in modo radicale. Van Aert fuori, Stuyven fuori, Pedersen una incognita nel senso che bisognerà vedere come ha recuperato (ieri il danese della LidlTrek ha detto che sarà al cento per cento, ndr). C’è solo da augurarsi che il Fiandre viva comunque di scontri frontali. Se non c’è battaglia sportiva, per il ciclismo è un male».
▶ Vede anche lei l’iridato Van der Poel come il netto favorito?
«Sì. Se in cinque partecipazioni come peggior risultato arrivi quarto, con due successi e due secondi posti, devi esserlo. Può essere il primo della storia ad arrivare a quattro Fiandre vinti, in futuro. Allo stesso tempo, è umano pure lui. Non è imbattibile. Ce lo ha ricordato la recente sconfitta alla Gand-Wevelgem. Ogni successo sarà più difficile, adesso».
▶ A che cosa si riferisce?
«Al fatto che tutti lo guardano, che i giovani arrivano sempre più agguerriti, e che una volata ‘in movimento’ come quella contro Pedersen domenica a Wevelgem la può perdere. Da fermo, invece, la sua accelerazione fa la differenza».
▶ Che tipo di gara si aspetta?
«È verosimile uno scenario in cui le terze e le seconde linee possono diventare le prime, magari giocando d’anticipo. Jorgenson, Abrahamsen, Küng. Mohoric. Ma anche Skujins, Benoot, Matthews, Lazkano».
▶ La Soudal-Quick Step è ben lontana dagli anni migliori...
«Sì, e mi dispiace per la storia che ha quel gruppo. Un po’, è nella natura di ogni sport l’alternanza dei cicli, dei momenti favorevoli e sfavorevoli. Credo anche però che quanto è successo l’anno scorso, con le incertezze sul futuro del team, non abbia aiutato».
▶ Capitolo Italia.
«Prima della gara di mercoledì, avrei indicato il nome di Alberto Bettiol come dark horse (sorpresa, ndr). I crampi che ha avuto nel finale, però, sono stati brutti da vedere».
▶ E la sua Tudor? È soddisfatto di come sta crescendo?
«Sì, c’è il senso di collaborazione giusto. A marzo abbiamo vinto alla Coppi e Bartali con Bremer, e prima alla Parigi-Nizza con De Kleijn. Dainese si è infortunato, rientrerà da martedì al Tour della Loira. Ci siamo, e non vediamo l’ora di debuttare al Giro d’Italia. Per il Fiandre, puntiamo su Trentin: può far bene».
La mia Tudor cresce nel modo giusto e punterà su Trentin: Matteo può far bene
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