La Gazzetta dello Sport - Lombardia
DelrediSardegna
Ricordo Il tifoso rossoblù: «Riva è stato mitologico nel suo silenzio, un calciatore umano: in ogni suo gesto c’era la bellezza»
nel cambiamento, perché aveva coinvolto tutti gli appassionati di calcio.
Gambe rotte
Esiste una dimensione mondiale di Riva e una locale. Quella globale tocca il punto più alto nel Mondiale di Messico 1970, dove Gigi con la maglia azzurra è lo sfidante di O Rei Pelé, nella corsa alla Coppa Rimet. Ancora oggi, dopo più di mezzo secolo, nessun attaccante italiano è riuscito a segnare tanti gol (35 in 42 match) con l’Italia. E nessuno può dimenticare che in azzurro Riva si era rotto due gambe. Nella Nazionale del ’70 c’era molto Cagliari: Albertosi, Niccolai, Cera, Domenghini. Giocatori che sono rimasti legati per sempre all’avventura in Sardegna, tra di loro e con la terra che avevano portato al trionfo.
Nazionale juniores
Lombardo di Leggiuno, attaccante del Legnano, Riva era stato acquistato dal Cagliari per 37 milioni nell’intervallo di una partita che la Nazionale juniores giocava a Roma contro la Spagna. Nella ripresa, Gigi aveva segnato il 3-2 della vittoria. Pare che i dirigenti del Bologna, a quel punto, avessero offerto 50 milioni al Legnano che però aveva fatto valere la stretta di mano col presidente sardo Andera Arrica. Tutto comincia da qui. Riva per Cagliari è stato proprio come Pelé per il Santos. Il giocatore fondante, quello che ha fatto girare il nome della squadra nel mondo. Poi le dimensioni sono diverse, chiaro, ma il meccanismo è lo stesso. Pelé del resto giocava in uno stadio piccolo col Santos e Riva era sopravvissuto anche al vecchio decrepito Sant’Elia, la sua seconda cattedrale. All’entrata della prima, l’Amsicora, da ottobre c’è un grande murale che lo ricorda. Il giorno dell’inaugurazione, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella aveva mandato un messaggio per celebrare il campione. Proprio come ha fatto ieri. Con Mattarella, l’Italia intera abbraccia un suo gigante e Riva continua a essere un pezzo di tutti noi, al di qua e al di là del mare. 4’30” 3
Momenti d’oro 1 2 come fosse morto un parente. Sono basito. È difficile un mondo senza il mito. Credevo che Gigi Riva fosse immortale». Marcello Fois, scrittore, autore e sceneggiatore nuorese, vincitore di tanti premi, finalista al “Campiello”, è appena uscito da una lezione ai suoi allievi a Milano e sta per riprendere il treno per Bologna dove vive quando viene informato della scomparsa di quello che per lui è soltanto “il mito”. Aveva 10 anni Fois ed era pazzo del suo album di figurine che era l’oggetto del desiderio di ogni bambino, quando il Cagliari di Gigi Riva vinse lo scudetto nel 1970 facendo sognare un’isola.
«E ho vissuto la sua carriera, innamorandomi del campione e dell’uomo. Ho attraversato le sue straordinarie imprese sul campo».
Cosa è stato per lei Gigi?
«È stato mitologico. Lo è stato nel suo silenzio. Esattamente come Mina. Mi viene da paragonarlo a Mina per la grandezza nei suoi silenzi. È stato un valore aggiunto nella vita di tutti noi e su questo bisogna riflettere».
Lei ha spesso detto che ci ha liberati da certi concetti da parte dell’esterno.
«Per molta gente a quei tempi noi sardi eravamo tutti banditi. Lui ci ha fatti uscire da un certo pregiudizio. È stato un esercizio di autostima collettiva. Pensavamo di stare in una zona depressa, è venuto a dirci, scegliendo di stare nell’isola, che eravamo bellissimi».
Lui aveva voluto diventare sardo e per questo è stato amato così tanto in Sardegna.
«Ha dimostrato che non è necessario nascere sardi per essere sardi. L’identità è quella che uno si sceglie e lui ha voluto essere sardo a tutti i costi. Ha unito una regione intera ed è stato amato davvero da tutti».
Non vi siete mai conosciuti, anche se un abboccamento c’era stato quando lei lo invitò al festival di Gavoi.
«Sì, cercai di fare il possibile per averlo come ospite. Sapevo che mi aveva letto, che aveva capito i miei libri e sapevo che mi apprezzava. E questo, adesso che mi sento tristissimo perché non c’è più, mi rende orgoglioso. Ma non mi arrabbiai per il suo rifiuto. La trovai una risposta molto sarda. Era schivo, non amava andare in giro e farsi vedere in pubblico. Mi fece sapere che non sarebbe venuto per non offendere tutti gli altri ai quali aveva detto di no. La trovai una risposta molto sarda, coerente. Bella. L’ho sempre trovato troppo diverso da qualsiasi altro calciatore».
Lei non crede al calcio di oggi.
«Non credo alla condizione cibernetica del calciatore di oggi. Il calcio è diventato una specie di allevamento. Riva è sempre stato un uomo reale. Un calciatore umano. In qualunque suo gesto c’era la bellezza. Ci ha insegnato tante cose. E ora quel suo calcio è sparito. Potremmo ritrovarlo in Zola o Del Piero, ma anche loro sono già molto lontani dalla concezione di oggi. L’umanità è scomparsa completamente dal calcio». 2’30”
Coppia di bomber
Marcello Fois
Un miliardo per Riva
Conservo ancora il pallone firmato da tutta la squadra al mio primo gol in nazionale da te consegnato e pensato. I piccoli gesti nascondono la grandezza delle persone. Riposa in pace leggenda