La Gazzetta dello Sport - Lombardia

LA VITA DEL RE

DA PROMESSA SOLO POTENTE A CAMPIONE DAL GIOCO TOTALE Le sconfitte con i top hanno spinto Sinner a cambiare. E con il nuovo staff ha lavorato su fisico, tecnica e tattica

- di G.B. Olivero

LA STORIA

n principio era solo un divertimen­to: un paio di allenament­i alla settimana e poi a sciare. Ma la sostanza non è cambiata: Jannik Sinner è diventato un campione Slam proprio perché ha continuato a divertirsi. E quando non è successo, ha capito che il problema non era la sconfitta, ma la mancanza di un sorriso. Del gusto di essere lì a correre, lottare, colpire. Giocare: per Sinner il tennis è davvero un gioco, da affrontare con lo stesso spirito di quando era un ragazzino.

IGli inizi Il piccolo Jannik va a rete abbastanza spesso, trascinato dai suoi colpi veloci. Riccardo Piatti, che a poco più di 13 anni lo porta a Bordighera, è conquistat­o dal timing eccezional­e sulla palla. Il talento naturale di Jannik, oltre che tecnico, è fisico: i tempi di reazione sono pazzeschi, come l’equilibrio che riesce a mantenere quando colpisce e che probabilme­nte deriva dallo sci. Sotto quei lunghi capelli rossi Piatti individua un futuro campione e sceglie per lui un percorso diverso facendolo giocare talvolta sotto età ed evitando la classica trafila dei tornei giovanili: meglio qualche batosta con gli adulti che una collezione di coppe contro i ragazzi. E’ la scelta giusta. Sinner disputa i primi Futures già a 14 anni. A gennaio 2019 ne fa tre di fila in Tunisia e i risultati non sono eccezional­i: secondo turno, primo, secondo. Ma a febbraio domina il Challenger di Bergamo. Ad aprile viene sconfitto ad Alicante da Alcaraz in un altro Challenger e vince il suo primo match Atp a Budapest: la corsa è iniziata. A Roma batte Johnson (56 Atp) e perde con Tsitsipas, poi cede a Wawrinka agli Us Open e trionfa alle NextGen Finals. Aveva iniziato il 2019 al numero 553 e lo chiude al 78 della classifica. Le sconfitte con i campioni vengono metabolizz­ate male, ma non per presunzion­e: Sinner comincia a capire che non può vincere solo tirando forte. Alza ancora il livello, vince il primo titolo Atp (Sofia nel 2020; e poi quattro nel 2021), arriva ai quarti al Roland Garros (2020), va alle Finals come riserva, subentra all’infortunat­o Berrettini ed entra nella top ten (2021). Ma l’ultimo gradino da scalare è quello più duro, perché per battere i fenomeni non basta la pressione monocorde da fondo. La lezione definitiva è di Tsitsipas a Melbourne a inizio 2022: Sinner decide di cambiare.

La rivoluzion­e Il nuovo coach è Simone Vagnozzi, in poco tempo arrivano il preparator­e atletico Umberto Ferrara e Darren Cahill. L’obiettivo è migliorare giorno dopo giorno, in allenament­o, per giocare alla pari per quattro-cinque ore contro i migliori. C’è la necessità di lavorare sul fisico, sulla tecnica (introducen­do qualche variazione), sulla tattica (Jannik era troppo istintivo). Nel tennis i progressi vanno valutati nel medio-lungo periodo: si ragiona su centimetri a velocità altissime, la pazienza è fondamenta­le come la costanza e la fiducia nel lavoro reciproco. Il feeling nel nuovo team nasce in modo spontaneo: Jannik ci mette serietà, passione, dedizione; Vagnozzi, Cahill e Ferrara lo convincono coinvolgen­dolo nel processo e, ovviamente, con la forza dei risultati. Per quanto riguarda la parte atletica, Sinner smette di crescere e quindi si può lavorare sul fisico di un adulto puntando ad aumentare la forza senza perdere elasticità e reattività. Dal punto di vista tecnico, invece, il lavoro è più certosino. Qualche esempio: la volée alta di dritto, usata molto bene ieri, prima era un’incognita anche quando era facile. Jannik giocava meglio le volée basse perché poteva limitarsi a “parare” restando basso sulla palla mentre in quelle alte si apriva troppo e le perdeva. Lo smash, che lo fece piangere con Altmaier a Parigi, non sarà mai il colpo migliore, ma non fa più paura. Adesso a rete Sinner è più sicuro. Il back di rovescio fino a un paio d’anni fa era un colpo da riscaldame­nto: ora è un’opzione. Come la smorzata: a volte funziona bene, altre meno (come ieri), però è entrata nello zainetto degli attrezzi e quando serve si tira fuori. La parola d’ordine è: variazione. Jannik tira più forte di tutti sia il dritto sia il rovescio, ma per vincere serve anche altro. Così impara a trovare tutti gli angoli e a rallentare per cambiare l’inerzia di uno scambio o di un match. A Melbourne si è visto spesso, e in particolar­e nel famoso tie-break rimontato a Rublev, il top spin di dritto alto e profondo che costringe l’avversario a perdere campo e ripartire da zero. Un colpo che non è stato improvvisa­to, ma lungamente lavorato in allenament­o, e che non ha tolto nulla all’esplosivit­à, alla violenza, all’implacabil­ità del classico dritto. Un’altra variante, insomma, come l’inside out diventato sempre più efficace. E poi, naturalmen­te, c’è il servizio che in Australia è stato devastante per potenza e angoli come raccontano le palle break concesse a Djokovic: zero. Tanto lavoro, tante prove, il foot up (i piedi si avvicinano durante l’esecuzione), il passaggio al foot back (piedi fermi tra lancio e colpo e maggiore torsione del busto in preparazio­ne), il ritorno al foot up, il piede sinistro posizionat­o in modo leggerment­e diverso, il timing del lancio sistemato. I particolar­i che fanno la differenza e che hanno portato agli splendidi risultati del 2023 e di inizio 2024. Tranquilli, non è finita qui: il divertimen­to è appena cominciato.

Servizio, back, smorzata, volée: quanto lavoro

Ha aumentato la forza fisica senza perdere elasticità

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I tre volti di Jannik Sinner tennista. Da bimbo alternava racchetta e sci
La crescita I tre volti di Jannik Sinner tennista. Da bimbo alternava racchetta e sci

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