La Gazzetta dello Sport - Lombardia
«EQUILIBRIO E FORZA DA CAMPIONE VERO ORA MI PIACEREBBE SCIARE CON LUI»
L’olimpionico applaude Sinner: «Sembra distratto poi si trasforma. Ha “impallinato” Medvedev. Bello l’abbraccio alla sua gente e alla famiglia»
«Lui è nato sulla neve e si allena al mare, io sono nato vicino al mare e ho scelto la neve. Siamo nati a rovescio?». Alberto Tomba comincia così a parlare di Jannik Sinner. Sono diversi, ma entrambi rivoluzionari, in un certo senso, perché sono andati controcorrente rispetto alle abitudini della gioventù che cresce nei luoghi dove sono nati: Bologna e Sesto Pusteria. «Capisco la sua scelta - attacca il tre volte olimpionico di sci alpino -, perché molto dipende dall’allenatore che incontri e che a poco a poco ti convince che quella è la strada che seguirai e che ti piacerà. Non è solo l’ambiente, ma sono le persone che ti circondano che ti aiutano ad amare uno sport. Mio padre mi portava a Cortina a Natale e in estate sulla Marmolada. Lì ho incontrato Roberto Siorpaes che mi ha cambiato la vita».
3Jannik ha confessato di essere stato attratto dal tennis che richiede uno sforzo più lungo e quindi anche una concentrazione diversa. Lei no, perché?
«Il fatto buffo è che io avevo il campo da tennis nel parco di casa. Ci giochicchiavo, ma non avevo un maestro che mi faceva giocare ore e ore. Nessuno mi ha aiutato ad amare questo sport, perciò dico che Jannik ha incontrato anche le persone giuste, oltre alla famiglia che è sempre un grande stimolo. Ai miei tempi il campione da seguire era Panatta, che con Barazzutti, Bertolucci
e Zugarelli aveva vinto la Davis. Lo stimolo ci sarebbe stato, ma mi avevano fatto sognare di più Thoeni, Gros e la Valanga Azzurra».
3Lei ha sempre voluto bruciare tutto in fretta...
«L’emozione che si prova prima di una gara che dura poco più di un minuto è incredibile. La senti sulla pelle. Se guardi Jannik quando entra in campo, non ti dà l’impressione di essere agitato dentro. Sembra impermeabile, quasi distratto, e questo può disorientare l’avversario. Non so perché, ma mi ricorda Clark Kent, che poi si trasforma in Superman, cioè il suo alter ego, e comincia a lanciare bombe con il diritto, che demoliscono l’avversario. Medvedev è finito così, impallinato dopo l’illusione dei primi due set. Io, per sbriciolare la concentrazione degli avversari, in partenza scherzavo, giocavo per sdrammatizzare la tensione. Ma non era un comportamento studiato. Ero solo me stesso».
3Di Sinner dicono che talvolta è ingiocabile, cioè che gli avversari non hanno speranze. Lei si è mai sentito imbattibile alla partenza di una gara?
«Sì, qualche volta mi sono sentito sicuro di vincere e l’ho dimostrato quando alzavo il braccio prima dell’arrivo. Mi hanno criticato molto per questo….».
3 Jannik viene da una valle dove si convive col silenzio, è normale quindi che sia così pacato, riflessivo, come era Stenmark, suo idolo e avversario.
«Rispetto a Ingemar è un chiacchierone… È bello ascoltarlo quando parla. Sempre misurato. Rispetto a me lui ha una fortuna: è cresciuto negli anni dei social e ha un team che lo aiuta a maturare gradualmente e gli evita gli errori, che un giovane può commettere. Io, a vent’anni, in pratica ero solo e mi muovevo in una specie di giungla sconosciuta. Raccontavo barzellette e inventavo delle rime. Non mi rendevo ancora conto quanto fosse complessa la popolarità che mi era piovuta addosso. Poi, quando ho avuto anch’io un team a disposizione, con Thoeni, Roda e D’Urbano, ho trovato un certo equilibrio».
3 Lei ha detto che andrete a sciare assieme.
«Dovevamo incontrarci a Torino per un caffè, poi a San Vigilio di Marebbe prima di Natale, ma sono stato poco bene. Speriamo di trovare il tempo, avrei piacere».
3 Lei era un atleta pignolo, creativo con i materiali e in gara. Come le sembra, da questo punto di vista, Jannik?
«Credo molto simile a me in questo. Studia molto ogni avversario, non lascia nulla al caso. E sa anche giudicare se stesso, questo è importante. Solo in questo modo si correggono gli errori e si migliora. Guardate il suo terzo set della finale degli Australian Open, ha cambiato letteralmente marcia. Anch’io lo facevo qualche volta nella seconda manche. Questo è possibile quando si studiano i particolari, la vittoria non arriva per caso».
3 C’è qualcosa d’altro che vi accomuna?
«Mi è piaciuto quando è andato ad abbracciare tutta la sua gente, il suo team dopo la vittoria. Io mi buttavo nelle braccia dei miei fan. E poi la dedica alla famiglia, che è la base di qualsiasi successo. La madre, il padre e i fratelli sono una magia».
Passione Non c’è solo l’ambiente. Ha trovato le persone giuste che gli hanno fatto amare il suo sport
Staff È bello sentirlo parlare. In tempi di social, ha un team che lo aiuta a maturare
«Avevo un campo da tennis a casa ma io amavo la Valanga Azzurra»
Analogie Come facevo io, non lascia nulla al caso. E sa giudicarsi. Così cresce e migliora
Sulla neve Speriamo di trovare il tempo per riuscire a farci una sciata insieme
3 È difficile gestire la popolarità come la vostra. Lei come risponderebbe all’invito del Festival di Sanremo?
«Non saprei. La popolarità è più difficile da gestire di quanto non sembri. Adesso ogni sua mossa sarà giudicata. Io, nel 1988, a Sanremo ci sono entrato sciando dal vivo nell’Olimpiade di Calgary, lui in che veste ci andrebbe? La sua presenza piacerebbe senz’altro, ma ci sarà sempre qualcuno pronto a storcere il naso. Dovrà imparare a non dire troppi sì». 4’09”
«Dovrà gestire la popolarità. Farà bene a non dire troppi sì»