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TRATTATIVA AL CAIRO E PRESSING SU ISRAELE ASSE MELONI-SCHLEIN SUL CESSATE IL FUOCO

Mentre in Italia il caso Ghali fa registrare momenti di tensione sotto le sedi della Rai a Napoli e a Torino, in Parlamento si trova una linea comune su Gaza. Telefonata Meloni-Schlein (nella foto) e arriva l’ok alla mozione che chiede un cessate il fuoco

- Di Pierluigi Spagnolo ANSA

In Egitto «progressi» sull’accordo per una tregua di sei settimane Tel Aviv: piano per i civili a Rafah. Anche Russia e Cina: fermatevi In Italia ok alla mozione Pd. Caso-Ghali: presidi e caos alle sedi Rai In Egitto si lavora ancora per una tregua, mentre Rafah resta nel mirino dell’esercito israeliano, ma si delinea un piano per i civili. E l’assedio alla Striscia di Gaza alimenta le polemiche in Italia.

Israele e Hamas avrebbero «fatto progressi» su un accordo per una tregua di sei settimane e alla liberazion­e degli ostaggi, secondo il Times of Israel, che cita fonti dirette dei colloqui al Cairo. Intanto, un primo raid israeliano su Rafah c’è stato domenica notte. È servito a liberare due ostaggi, ma sarebbe costato altre cento vittime, stando ad Hamas. Perché siamo alla vigilia di un assedio a Rafah? Secondo il premier Benjamin Netanyahu, lì sarebbero operative quattro brigate di Hamas, che Israele ha fretta di neutralizz­are. Le operazioni militari saranno intense ma brevi, si concludere­bbero in un mese, entro l’inizio del Ramadan (10 marzo). Ma la preoccupaz­ione della comunità internazio­nale è palpabile. A Rafah, al confine con l’Egitto (dove c’è il valico da cui passano i camion con gli aiuti) si sono rifugiati centinaia di migliaia di profughi palestines­i, fuggiti da altre zone della Striscia di Gaza. Ci sono un milione, forse un milione e mezzo di sfollati. Un’offensiva su Rafah, con pesanti attacchi dal cielo e via terra, provochere­bbe un’altra strage.

Da qui parte la condanna globale per la linea dura del premier Netanyahu.

Dopo le prese di posizione dell’Onu, del Regno Unito con il ministro degli Esteri Cameron («Non si combatte una guerra tra la gente», ha detto lunedì) e del capo della diplomazia dell’Ue, Borrell, anche gli Usa hanno chiesto apertament­e di fermare i piani di attacco. Il presidente Joe Biden è sempre più contrariat­o per la linea di Netanyahu. E ha detto che «un’operazione a Rafah sarebbe inaccettab­ile senza un piano per proteggere la popolazion­e palestines­e», precondizi­one per qualsiasi offensiva. E la distanza tra Washington e Tel Aviv, sempre più marcata, è evidenziat­a dal fatto che, secondo i media americani, gli Stati Uniti starebbero indagando su possibili crimini di guerra compiuti da Israele, nonostante assicurino di no. Chiede garanzia anche la Germania. «Un milione e oltre di persone si trovano a Rafah e nei dintorni, non possono svanire nel nulla. Sono necessari corridoi sicuri, affinché le persone possano mettersi in salvo» ha chiesto la ministra tedesca degli Esteri, Baerbock. E nelle ultime ore anche Cina e Russia si sono esposte. Pechino ha esortato Israele a fermare «prima possibile» l’operazione militare a Rafah, per il rischio di un «grave disastro umanitario». E anche Mosca vede in modo «estremamen­te negativo» la possibilit­à che Israele vada avanti nell’offensiva a Rafah, ha detto il viceminist­ro degli Esteri, Bogdanov. Un “no” secco arriva anche dal segretario di Stato vaticano, cardinale Parolin:

Tensione

«Israele si fermi, troppe le morti civili a Gaza».

La pressione sembra avere un effetto: Israele presenta un piano per i profughi.

Secondo il Wall Street Journal ,lo Stato ebraico avrebbe elaborato un piano di evacuazion­e per i civili da Rafah, presentato al governo egiziano. Il piano prevede 15 siti, con 25.000 tende ciascuno, in tutta la Striscia di Gaza. Citando funzionari egiziani, il Wsj afferma che Israele si aspetta che i campi, che includereb­bero strutture mediche, siano finanziati dagli Stati Uniti e dai partner arabi. L’Onu, da settimane in forte contrasto con Israele, con l’ufficio umanitario fa sapere di non aver avuto alcuna comunicazi­one da Israele, in merito ad un piano per evacuare l’area di Rafah, e sottolinea che non parteciper­ebbe ad alcuna evacuazion­e forzata, anche se Israele lo facesse.

La guerra in Mediorient­e fa salire la tensione anche in Italia: proteste davanti alle sedi della Rai, finite con le manganella­te della polizia, a Napoli.

Il caso esplode dopo la conclusion­e del Festival di Sanremo, a “Domenica In”, dove Ghali riba

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Da sinistra, l’attivista dei Cobas Mimì Ercolano, 45 anni, ferita ieri dalle manganella­te durante il presidio organizzat­o davanti alla sede Rai di Napoli per il caso Ghali; i cartelli mostrati nel corso della manifestaz­ione
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