La Gazzetta dello Sport - Lombardia
LUKAKU A TESTA ALTA Rom, che doppietta Il gol per la Roma e quello per il Congo
Lcose, ad iniziare dai miei nonni, che vivono in Zaire». E quello che sta succedendo da anni nella parte del Congo orientale e nella zona del Nord Kivu lo distrugge moralmente, oltre che ad agitarlo nel cuore. Esattamente come il razzismo, la sua altra grande battaglia, lui che in Italia è stato spesso oggetto anche di ululati e insulti sparsi. «Il razzismo esiste ancora, in tutta Europa – disse sempre in quell’intervista esclusiva alla Rosea -. Lo trovo assurdo, il calcio è multiculturale, multietnico. Ho fiducia che l’assurdità del razzismo possa essere consegnata presto al passato. Se poi avessi le chiavi del mondo lavorerei per debellare ogni malattia e rimuovere la povertà». Già, perché nel cuore di Romelu c’è spazio per tanti sentimenti diversi, non solo per le esultanze e per i gol. E quegli ululati, ovviamente, non possono andargli giù neanche lontanamente. Dopo Juventus-Inter dello scorso anno, ad esempio, Romelu ha lanciato l’idea di creare un sindacato di calciatori per combattere il razzismo. «Creare un gruppo di lavoro tra noi calciatori è una prospettiva reale - disse la scorsa estate -: potremmo riunirci e parlare con Uefa e Fifa, ma anche con le leghe nazionali, per affrontare al meglio un problema che riguarda tutti. È doloroso: siamo nel 2023, il mondo è integrato, ci sono tante culture, religioni e identità diverse, eppure continuiamo a commettere sempre gli stessi errori, a subire gli stessi atti discriminatori. Chi viene sugli spalti e commette certi abusi, ma anche chi lo fa online, deve essere punito in modo rigoroso. Anche i governi e la politica devono partecipare a questa battaglia, non sono abbastanza coinvolti».
Gli altri Ma Lukaku non è il solo giallorosso ad essersi esposto pubblicamente, ce ne sono altri che hanno a cuore battaglie o impegni civili. Ad iniziare da Sardar Azmoun, che per difendere i diritti
L’esultanza di Rotterdam e le battaglie sul razzismo Con l’Africa nel cuore
delle donne iraniane ha rischiato anche di mettersi contro il suo paese. È successo subito dopo la morte di Mahsa Amini, 22 anni, uccisa perché indossava il velo in modo errato. «Non ce la faccio più. Vergogna, viva le donne iraniane», il suo posto di due anni fa. E poi Chris Smalling, che con la sua associazione – la Football Beyond Borders – si occupa di aiutare i bambini disagiati nel
Regno E poi Paulo Dybala, che con la fondazione Sonrisa (gestita dalla mamma)si occupa di iniziative benefiche a largo raggio. Infine l’impegno di capitan Pellegrini con il Campus Biomedico, come presenza e come assistenza materiale. È il cuore giallorosso.
A Rotterdam
Romelu Lukaku e Stephan El Shaarawy dopo il gol del pari della Roma