La Gazzetta dello Sport - Lombardia

L’eterna lezione di Matteotti e gli esportator­i di democrazia

- S TEMPO DI LETTURA di Fiamma Satta

do ci si racconta di continuo sul web, si è sottoposti ad un giudizio costante. «I social sono fantastici quando va tutto bene — ha detto Ferragni — ma un incubo quando va male; ti senti invincibil­e quando sei osannata, accerchiat­a quando ti criticano». Infine, uno sguardo verso il futuro: «Penso di cambiare non solo nel modo comunicare, ma proprio nel modo di vivere. Ho fatto tutto troppo velocement­e, non mi sono mai fermata a vivere il presente, quindi l’augurio che mi faccio e faccio a tutti è vivere il presente». Poco dopo, però, arriva il comunicato del Codacons: «Ferragni deve togliersi dalla bocca le parole “fraintendi­mento” e “buona fede”». i intitola Giacomo Matteotti. Vita e morte di un padre della democrazia la mostra romana di Palazzo Braschi a lui dedicata nel centenario del suo assassinio. Insieme a un ricchissim­o materiale documental­e e iconografi­co è esposto anche Insidie di Guerra, un quadro di Giacomo Balla del 1915 che trascina lo spettatore nella

Sfrenesia futurista dell’interventi­smo. Esaltazion­i pericolose, ieri come oggi. Guardavo i filmati d’epoca: quelle folle festanti armate di bandiere tricolori che correvano gioiose incontro all’immane tragedia della Grande Guerra erano consapevol­i della loro follia? Matteotti invece ben sapeva a cosa andava incontro pronuncian­do il suo ultimo discorso in Parlamento, il 30 maggio 1924. Al termine, infatti, disse ai suoi compagni di partito: «Ora preparatev­i a fare la mia commemoraz­ione funebre». Irriducibi­le antifascis­ta e antimilita­rista, oggi inorridire­bbe di fronte all’Occidente guerrafond­aio, esportator­e di morte e di armi, altro che di “democrazia”, perché lui democratic­o lo era veramente. Lo ringrazio perché ha dedicato la sua vita alla libertà e io gli devo la mia.

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