La Gazzetta dello Sport - Lombardia

«MILAN, TORNIAMO A VINCERE»

- NATO A MILANO IL 25 MAGGIO 1979 RUOLO AMMINISTRA­TORE DELEGATO DEL MILAN ◻ TEMPO DI LETTURA

Nato e cresciuto a Milano, si è laureato in Economia e Finanza alla Bocconi. Ha iniziato come analista alla Lehman Brothers, e dopo aver conseguito un master in Business administra­tion ad Harvard, ha operato per le società di investimen­to Silver Point Capital e Apollo. Dal 2010 fino al 2022 ha lavorato in Elliott, che ha poi lasciato per assumere la carica di a.d. Milan: è stato portfolio manager e punto di riferiment­o delle principali operazioni del fondo statuniten­se in Italia. Ha curato la cessione del club rossonero al fondo RedBird, di cui è fondatore e proprietar­io Gerry Cardinale. Dal 2018 è membro del Consiglio di amministra­zione del Milan, di cui è diventato amministra­tore delegato l’11 novembre 2022 dopo l’uscita di Ivan Gazidis. era e resta sempre vincere. Siamo comunque secondi. In campionato abbiamo un punto in meno della stagione dello scudetto e dieci in più di un anno fa dopo le stesse giornate. Significa che abbiamo migliorato la squadra, che abbiamo una base di titolari più forte e con valide rotazioni. I nuovi acquisti hanno portato 40 gol e il turnover non è più una sofferenza. L’anno scorso abbiamo dovuto rivoluzion­are la rosa, quest’anno no, dovremo perfeziona­rla. Avremo il vantaggio della continuità per puntare a vincere il campionato e andare avanti in Europa».

▶ Dunque, calendario alla mano: in quanto tempo il Milan potrà alzare la prossima Champions?

«Se lo chiedete a Cardinale vi dirà il prima possibile. È innamorato del club e guarda alla sostanza, in questo è il più determinat­o. Se chiedete a me in cosa voglio migliorare, è facile: vincere. Un anno fa siamo arrivati in semifinale Champions, non succedeva dal 2007. Quest’anno ci siamo fermati ai gironi ed è anche una questione di fortuna o sfortuna nel sorteggio. E poi c’è l’Europa League, che non abbiamo mai vinto: è un obiettivo importante. Quanto tempo ci vorrà non lo so perché non si stabilisce a tavolino, ma ripeto: abbiamo ereditato un club insolvente e lo abbiamo riportato ai vertici della Serie A, grazie anche alla leadership del presidente Scaroni. Oggi tutte le risorse generate vengono reinvestit­e per costruire una squadra sempre più forte e in grado di lottare per vincere».

▶Da dove crede di poter generare nuovi ricavi?

«Certamente dallo stadio. Per essere veramente e costanteme­nte competitiv­i in Europa devi stare al passo con gli altri club e senza uno stadio che sia adeguato al 2024, e non al 1960, di fatto operi monco. Il progetto San Donato è quello che abbiamo trovato più attrattivo, andiamo avanti su questa strada. Dal sindaco Sala e da WeBuild ci è stata proposta l’idea di un progetto di ristruttur­azione di San Siro, di cui non conosciamo i dettagli. Ascoltiamo le varie opzioni, ma la strada maestra resta San Donato. Tempi? Ipotesi 2028-2029, ma non mi sbilancio».

▶Il traguardo non è proprio dietro l’angolo, nel frattempo come pensate di poter risalire?

«I risultati sportivi ci hanno aiutato ad alimentare quelli economici e viceversa, dopo diciassett­e anni abbiamo il bilancio in attivo. I ricavi sono cresciuti del 60% grazie anche all’apporto di RedBird e all’esperienza trentennal­e di Cardinale nello sport: Gerry tiene moltissimo ai risultati. RedBird ha investito 1,2 miliardi nel club per ridimensio­narlo? Non credo proprio. Cardinale è il primo a sottolinea­re che non esiste performanc­e finanziari­a senza performanc­e sportiva. E’ un proprietar­io che partecipa quotidiana­mente alla vita del club, ci sentiamo tutti i giorni e più volte al giorno. Prima di dormire mi chiedo: “Gli ho detto tutto di quanto successo oggi?”. Gerry è sempre sul pezzo, in contatto con tutto il nostro team di lavoro, vuole che il suo sia un progetto di successo a 360 gradi».

▶ Sottolinea la discontinu­ità da Elliott in funzione dell’inchiesta che la vede coinvolto? Per la procura milanese c’è il sospetto che il club non sia mai passato di mano.

«La temiamo zero, il proprietar­io del Milan è RedBird dall’agosto del 2022. Elliott ha concesso un vendor loan che è uno dei tanti modi possibili per concludere un’operazione di questa portata. Non c’è niente di nascosto, è tutto molto trasparent­e, i fatti sono facilmente verificabi­li. Giusto che le autorità facciano il loro dovere, rimaniamo pienamente collaborat­ivi. L’unico desiderio è che si faccia in fretta, nell’aria è inevitabil­e un po’ di fastidio».

▶ Le carte dicono che la ricerca di un socio è realtà: il Milan apre le porte a un nuovo azionista?

«Premesso che il vendor loan, di cui tanto si parla, scade nella seconda metà del 2025, non c’è niente di imminente. Sul tema socio non ci sono trattative in corso. In ogni caso il controllo del Milan è e rimarrà di RedBird».

▶Un uomo nuovo nel club c’è ed è Zlatan Ibrahimovi­c: ha davvero preso il comando?

«A livello formale Zlatan non ha deleghe con cui poter decidere, ma il nostro approccio al lavoro non è “formalisti­co”. C’è un gruppo che opera e decide in piena collegiali­tà. Il mio rapporto con Ibra è fantastico e sono fortunato ad averlo vicino, è curioso, conosce tante realtà e sa che cosa è il calcio di oggi. Siamo complement­ari, lui è uomo di campo, io un manager. Io non posso parlare a Maignan con il suo stesso linguaggio».

▶ A lei spetta la parte del freddo uomo di numeri?

«Io al Milan ci tengo, ci tengo proprio. Ribadisco, le condizioni in cui si era trovato a essere il club hanno accentuato in me una forte attenzione, responsabi«L’obiettivo

lità e avversione agli azzardi che mi impediscon­o di essere irrazional­e. Quando mi è stata offerta l’opportunit­à di far parte della società, mi sono fatto una domanda: “Sul letto di morte mi pentirò di averlo fatto o no?” Ho risposto di no. Per me non è questione di carriera, c’è solo il Milan: il club a cui sono legato oggi e per sempre. Non cerco la ribalta nel calcio, non andrò mai in nessun’altra società».

▶ In sintesi: sul mercato Ibra sceglierà i giocatori e lei definirà l’aspetto contrattua­le?

«Non scordiamo Moncada: Geoffrey è il numero uno. Ibra stesso è il primo che si rivolge a Geoff per scambiare opinioni sui profili dei giocatori. Io non decido sulla scelta tecnica, ma sugli aspetti connessi e correlati all’investimen­to: se hai 100, non ne metti 80 su un solo giocatore. Su chi punteremo? Non spetta a me discutere di nomi o ruoli».

▶Sull’attaccante è pronto a spendere 50 milioni?

«Nel calcio si fa il grosso errore di pensare che il prezzo corrispond­a al valore, ma non è quasi mai così. Il mercato dei calciatori è il più inefficien­te che esista. Noi vogliamo puntare al valore, che non necessaria­mente combacia con il costo del giocatore. Dobbiamo trovare i Pulisic, i Loftus… Il budget in sé per sé dipende da tanti fattori: da come finiremo la stagione o dal mercato in uscita. Non ci ancoriamo sulle cifre ma sul migliorare la squadra con giocatori da Milan».

▶Il nuovo 9 farà comunque coppia con Leao o ascolteret­e eventuali offerte “indecenti”?

«Rafa ha una clausola rescissori­a da 175 milioni ma prima ancora ha il desiderio di restare al Milan. Qui sta benissimo, dovrebbe essere lui a chiederci di voler andare ma non vuole proprio. Lunga vita a Leao al Milan».

▶Vale lo stesso anche per Theo e Maignan?

«Hanno un contratto fino al giugno 2026. Si parla di vendere o comprare ma spesso sono i giocatori a decidere del loro futuro. Theo e Mike sono due campioni, speriamo restino con noi il più a lungo possibile e facciano ancora la differenza».

▶Come Pioli?

«La nostra stagione fin qui è stata buona, ma come l’anno scorso c’è stata un’altra squadra che è andata oltre le previsioni. Ieri il Napoli, oggi l’Inter. Pioli al Milan ha una storia decisament­e positiva, ha riportato la squadra in Champions e ha vinto lo scudetto. Spesso viene criticato ma ha fatto risultati importanti. Nessuno dalla società ha mai parlato di panchina a rischio. Ora sarebbe ingeneroso valutarlo in base al futuro percorso in Europa League o all’esito del derby, per quanto importante sia».

▶ Nel futuro vede anche la squadra Under 23, magari con Camarda protagonis­ta?

«Le riflession­i sulla seconda squadra ci sono ormai da cinque-sei anni, ma il contesto regolatori­o resta complicato. Camarda è un ragazzo cresciuto nel nostro settore giovanile, ha appena compiuto 16 anni e ci piacerebbe restasse sempre con noi segnando tanti gol in futuro con questa maglia. E’ un tifoso rossonero come me, sono convinto che voglia rimanere in un progetto sportivo importante. Voglio precisare che certe cifre che sono uscite riguardo a ipotetiche richieste avanzate non sono assolutame­nte corrette, sono addirittur­a offensive per gli agenti, per il ragazzo e la sua famiglia».

▶Risorse, obiettivi, rapporti con gli agenti. I tifosi vi rimprovera­no uno scarso peso politico. Vuole “crescere” anche in questo?

È un uomo di successo, sempre partecipe della vita del club

«Ci focalizzia­mo su di noi, forse guardiamo meno alle questioni politiche e più agli aspetti sostanzial­i. Le teorie del complotto non appartengo­no alla nostra cultura…Ci interessa piuttosto diffondere messaggi importanti, come sull’inclusivit­à, a cui è ispirata la nostra terza maglia, e la lotta al razzismo come si è visto nella difesa a Maignan. Il Milan è un’istituzion­e sociale, con milioni di fan e un interesse mediatico globale: abbiamo l’opportunit­à e l’obbligo di essere di esempio. Qui è possibile: in sede, a Milanello, al Vismara, tutti condividia­mo gli stessi valori. Si respira l’aria di chi rema nella stessa direzione, anche per questo guardo al futuro del Milan con grande ottimismo».

Noi due siamo complement­ari, lui è un uomo di campo, io un manager

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