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ISRAELE PREPARA IL BLITZ MA L’IRAN ALZA IL LIVELLO «PRONTI A IMPIEGARE UN’ARMA MAI UTILIZZATA»
Tel Aviv organizza la reazione dopo i droni e i missili da Teheran «Strategia coordinata con gli Usa». Erdogan contesta Netanyahu Tajani: «Soldati italiani in missione se nasce lo Stato palestinese»
Tel Aviv tiene sulla corda l’avversario e potrebbe colpire impianti militari, compiere un blitz informatico o prendere di mira Hezbollah e Houthi. Ma Usa e Ue premono per la de-escalation e preparano nuove sanzioni a Teheran, che intanto minaccia già repliche «rapidissime». Il caso-Biennale: non apre a Venezia lo stand di Tel Aviv, per decisione della stessa artista israeliana La reazione «inevitabile», 1 annunciata da Israele. E la replica, «con un’arma mai vista prima», minacciata dall’Iran. Il Medioriente tiene il mondo con il fiato sospeso, mentre Usa e Ue annunciano nuove sanzioni anti-Teheran.
Si tratta soltanto di capire quando arriverà. E in che termini. Ma sembra certa la controreazione di Israele, che vuole “punire” l’Iran per l’attacco di sabato notte con droni e missili (quasi tutti intercettati), che a sua volta era la “vendetta” per il raid israeliano contro il consolato iraniano in Siria. Quando? «Immediatamente, perché non c’è altra scelta possibile nei confronti dell’Iran», ha annunciato il ministro della Difesa, Yoav Gallant. Oppure più in là, così «Teheran aspetterà nervosamente, senza sapere quando colpiremo», come lunedì sera ha detto il premier Benjamin Netanyahu. La risposta sarà «limitata», sostengono fonti statunitensi, con un attacco ad impianti militari o un blitz informatico. O colpendo gli alleati di Teheran, Hezbollah in Libano o gli Houthi nello Yemen. Anche perché, pur confermando il sostegno incondizionato, il presidente Usa Joe Biden continua a non lesinare raccomandazioni a Netanyahu. La Casa Bianca ha chiarito che «Israele sceglierà da solo, noi non ci accoderemo ad un conflitto su scala regionale». E ieri il segretario di Stato, Antony Blinken, ha detto che «un’ulteriore escalation con l’Iran non è nell’interesse né degli Stati Uniti né di Israele».
In caso di controreplica 2 israeliana, l’Iran minaccia l’impiego di un’arma segreta, in tempi “rapidissimi”.
Propaganda o proposito reale? Necessità di esorcizzare la paura o minaccia da temere realmente? Teheran potrebbe impiegare missili ipersonici, ben più pericolosi di quelli utilizzati sabato notte? L’attacco con oltre 300 droni e razzi, “disinnescati” senza grandi affanni dall’esercito di Israele (supportato dai caccia di Usa, Gran Bretagna, Francia e Giordania), è stato giudicato «prevedibile» dagli osservatori, nonostante i nove missili che hanno comunque violato lo scudo aereo. In caso di nuovo attacco, la Repubblica Islamica evoca ora scenari inquietanti, la temuta escalation. «I sionisti farebbero meglio a comportarsi razionalmente, perché se dovessero intraprendere un’azione militare contro Teheran, in risposta all’attacco dell’Iran contro Israele, siamo pronti a usare un’arma che non abbiamo mai usato prima», ha annunciato il portavoce della Commissione per la sicurezza nazionale del Parlamento iraniano, Abolfazl Amouei. «E la reazione sarebbe rapidissima», fanno sapere ancora da Teheran.
Il premier Netanyahu è 3 tornato a parlare di Gaza.
Proprio ieri l’Onu ha denunciato «10 mila donne tra le vittime, e 19 mila orfani», nella tragedia dei civili. «Gaza fa parte di un sistema più grande. C’è l’Iran dietro Hamas, dietro Hezbollah, dietro gli altri, ma siamo determinati a vincere lì e a difenderci in tutte le arene», ha detto Netanyahu incontrando le reclute dell’esercito. «Gli obiettivi sono tre: eliminare Hamas, riavere gli ostaggi e garantirci che Gaza non costituisca più una minaccia per Israele», ha sottolineato il premier. Intanto, nel braccio di ferro dentro al governo israeliano, sembra aver prevalso proprio la linea di Netanyahu. Fosse dipeso da “Benny” Gantz, il ministro del gabinetto di guerra, la risposta all’Iran sarebbe arrivata subito dopo il raid di sabato. A frenarlo, però, sarebbe stato Netanyahu, che aveva rassicurato il presidente Usa Biden. E adesso, la strategia e la tempistica si legano ai rapporti con gli Stati Uniti, alleato fedele e sostenitore di una reazione «non impulsiva», persino dopo i raid di Hamas del 7 ottobre. Israele risponderà all’attacco dell’Iran «nel momento e nel luogo» che riterrà opportuni, collaborando con Washington «per costruire un’alleanza globale e regionale contro Teheran», ha commentato il ministro Gantz.
Le accuse turche e le minacce 4 dagli Hezbollah.
«Non vogliamo la guerra totale ma siamo pronti a difenderci», fanno sapere i vertici dei miliziani filo-iraniani che combattono in Libano. E dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che non ha mai risparmiato pa
role pesanti al governo di Israele, arriva un’altra bordata: «Netanyahu è il principale responsabile per l’attacco dell’Iran», come conseguenza del blitz del 1° aprile al consolato in Siria. «Israele cerca di diffondere il conflitto nella regione attraverso provocazioni», ha proseguito Erdogan, contestando ai Paesi occidentali la mancata condanna di Tel Aviv, «che minaccia la stabilità regionale». E mentre tutti premono per una de-escalation, dal G7 all’Onu, (ieri il “ministro degli Esteri” dell’Ue Borrell ha chiesto di «evitare il baratro»), persino dalla Giordania, che sabato notte ha sostenuto la controffensiva israeliana, arriva un appello: «L’Iran ha risposto all’attacco contro la sede a Damasco. Adesso Netanyahu non usi questa situazione per deviare la prospettiva da quello che succede a Gaza», ha detto il ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi.
Anche il governo italiano 5 chiede cautela a Israele. E in caso di nascita di uno Stato palestinese, l’Italia potrebbe inviare dei soldati.
Intanto, fa rumore la chiusura dello stand di Israele alla Biennale dell’Arte di Venezia «sino a che non sarà pattuito un cessate il fuoco e non saranno liberati gli ostaggi», spiega l’artista Ruth Patir, che vive a Tel Aviv. «L’attacco a Israele inquieta. Però occorre maturità e agire secondo le regole del diritto internazionale», ha detto il ministro della Difesa Guido Crosetto al collega israeliano Gallant. E «bisogna impegnarsi per far prevalere la moderazione, ma tutto parte da Gaza», ha sottolineato da Roma il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Proprio dalla martoriata Striscia si dovrà «avviare questo cammino di pace, nella direzione dei due popoli e due Stati», ha spiegato il titolare della Farnesina. A quel punto, «l’Italia sarebbe pronta a fare ancora di più, mettendo le sue truppe a disposizione di un contingente internazionale di peacekeeping, sotto l’egida dell’Onu e che potrebbe essere guidato da forze arabe. Siamo pronti a fare la nostra parte per la pace così come stiamo facendo in Libano», proprio dove è dispiegata la missione Unifil, al confine con Israele.