La Gazzetta dello Sport - Romana
Esso Il fisico La testa
Muscoli di ferro contro muscoli di seta La condizione atletica potrebbero giocare a favore dello spagnolo se la partita si allungasse, trasformandosi in una logorante maratona. Fisicamente, infatti, Alcaraz è un mostro: ha una muscolatura elastica ma al tempo stesso anche potente, unita a grandi doti di resistenza. Sotto questo aspetto, invece, la maturazione di Sinner deve ancora completarsi anche perché i suoi muscoli e la sua corporatura hanno bisogno di equilibri più delicati. I cambiamenti effettuati nello staff nelle ultime settimane, con l’arrivo di un nuovo preparatore e di un nuovo fisioterapista, segnalano che il potenziamento atletico è un cardine del nuovo corso, che tuttavia deve essere perfezionato senza fretta. La sfida contro un torello come Alcaraz rappresenta ad ogni modo un test probante anche per valutare i progressi di Sinner sotto il profilo della resistenza. contro i teloni e solo per caso non colpisce un paio di spettatori delle prime file: Nick a quel punto chiede all’arbitro di cacciare il rivale (non senza qualche ragione), che invece se la cava solo con un warning. Da quel momento ovviamente il clima diventa elettrico, per un paio di volte Tsitsi cerca di colpire al corpo l’australiano, che dal canto suo si abbandona ai soliti soliloqui contro tutto il mondo. Il livello però resta altissimo, Kyrgios è ingiocabile al servizio (cinque palle break su cinque annullate) e a rete ci aggiunge il pepe di un paio di volée memorabili. Accompagnato dalla solita multa - 10.000 dollari per lo sputo a uno spettatore nel match del primo turno - Kyrgios sembra un uomo in missione. Che sia la volta buona?
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Carlos Alcaraz è numero 7 in classifica e a fine torneo salirà al numero 6, suo best ranking eguagliato: era già stato in quella posizione nel mese di maggio
Sono simili: solidi e determinati
Su una cosa tutti gli esperti concordano: per mentalità, Sinner e Alcaraz sono decisamente i più forti giocatori della loro generazione. La loro testa, cioè, è già resettata per tutti i dettagli che devono formare un campione: malgrado la giovane età, sono professionisti che ragionano per l’obiettivo massimo, e questa determinazione si riverbera già sulla preparazione. Jannik e Carlos affrontano senza battere ciglio allenamenti da supermen, consapevoli che solo attraverso il sudore e il sacrificio si ottengono quei miglioramenti che servono a ottenere in campo i risultati desiderati. Sinner ci aggiunge un’altra qualità straordinaria: quando si trova di fronte a circostanze avverse, con le spalle al muro, in bilico sullo strapiombo riesce, nonostante tutto e contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà e a superarle in virtù di un cuore e un cervello da campione. Sorprende per la capacità di sopportare lo stress e la pressione senza abbattersi e addirittura è capace di reagire di fronte alle avversità. È in grado di prendere decisioni risolutive in pochi istanti con la naturalezza di un giocatore esperto e navigato. Possiede dentro di se qualcosa di innato, che emerge con chiarezza nei momenti topici. Si chiama «rifiuto della sconfitta» che con le sue qualità si può declinare anche in «classe». Una dote che lo accomuna senz’altro all’avversario odierno: Alcaraz ormai ha dimostrato ampiamente di non soffrire la pressione ed anzi si esalta nel clima da battaglia e di fronte ai rivali più forti, senza venirne soggiogato dal blasone. Ecco perché la sfida di oggi è l’anticipazione di una rivalità destinata a cambiare il destino del tennis del futuro.
Carlos Alcaraz
È nato a Murcia (Spagna) il 5 maggio 2003. Alto 1.85 per 72 kg, è allenato da Juan Carlos Ferrero
I numeri Partite vinte e perse:
Nel 2022:
Negli Slam:
Wimbledon:
Sul’erba:
Tornei vinti: 5 l veleno arriva in coda a una partita fin lì senza pathos, dominata con imperiosa autorevolezza da Nadal senza lasciare uno spiraglio ai brividi e alle emozioni e soprattutto senza concedere il minimo appiglio tecnico a un Sonego impotente. Ma alle 20.20 locali, con la luce naturale declinante, si decide di chiudere il tetto e di illuminare artificialmente il Centrale. Rafa è avanti di due set e di un break (4-2) e aspetta solo di celebrare la fine dell’ennesimo rito vincente, anche se avrebbe voluto continuare senza l’intoppo della sosta forzata.
IIrrituale E infatti la pausa, durata in tutto venti minuti (il tetto è pronto in 10 ma non viene azionato subito, e completata l’operazione i giocatori fanno di nuovo il riscaldamento) raffredda gli ardori dello spagnolo, che nell’ottavo game perde per la prima volta il servizio e rimette in corsa il buon Lollo. È lì che, con un pizzico d’astuzia e il peso del blasone, Nadal chiama a rete l’avversario e, peraltro in toni civilissimi, si lamenta delle sue urla mentre gli scambi sono ancora in corso. Sonego, stranito, lancia sguardi di sorpresa verso l’arbitro francese Dumusois, chiede conforto e spiegazioni che non arrivano, perché il regolamento prevede che un giocatore per qualsiasi protesta si rivolga al giudice di sedia e non faccia lo sceriffo solitario. A ogni modo, con il turno di servizio per salire 5-4 e mettere pressione al monumentale rivale, Lorenzo si incarta e perde la battuta, consegnandosi così alla sconfitta. Al momento del saluto finale, un lungo ma sereno conciliabolo tra i due servirà a ristabilire la pace. A mente fredda, però, l’italiano continuerà a ritenere un piccolo sopruso il gesto di Nadal: «Può succedere nei tornei di terza categoria o tra i veterani ma non a questi livelli. Doveva rivolgersi all’arbitro, non chiamarmi a rete, anche se lo ha fatto con educazione. E poi è vero che grido in campo, ma lo faccio sempre e soltanto dopo aver ottenuto il punto. Certamente l’episodio in quel momento mi ha condizionato, alla fine mi ha chiesto scusa e ci siamo chiariti. Sulla partita, c’è poco da dire: nei primi due set è stato fenomenale, ha disinnescato tutte le mie armi».
La replica Rafa, che venerdì aveva fatto un selfie con la tedesca Korpatsch poi positiva al Covid (allora è un abitudine), come sempre sfiora la perfezione quando l’ostacolo richiede di alzare il livello: «La mia miglior partita del torneo contro l’avversario che aveva le caratteristiche più adatte per mettermi in difficoltà sull’erba. Non c’è stata malizia quando mi sono rivolto a lui, lo dico dal profondo del cuore. Se si è sentito offeso gli chiedo davvero scusa, ma non l’ho fatto con animo cattivo. Gli auguro di proseguire la stagione alla grande». La sua, di stagione, è già straordinaria e adesso che è entrato nella seconda settimana il sogno del Grande Slam comincia a prendere sostanza, seppur le due parole continuino ad essere impronunciabili nel suo vocabolario: «L’importante è che io posso avere la salute per competere a questi livelli, due settimane fa ero più vicino al ritiro che alla possibilità di giocare a Wimbledon. Ora per fortuna non mi sento così e questa è la mia filosofia. Di sicuro non ho mai avuto paura per quel giorno. Penso di essere felice di aver avuto una vita molto piena fuori dal campo, anche se il tennis è una parte molto importante della mia vita negli ultimi trent’anni. Ho molte cose che mi piace fare lontano dal tennis, quindi non sono preoccupato per questo. Ma, naturalmente, quando arriverà quel giorno, sarà un cambiamento». Intanto, c’è una cosa che non cambia mai: la sua feroce abitudine alla vittoria.
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