La Gazzetta dello Sport - Romana
DALL’ITALIA ALL’EUROPA NUOVI ESAMI PER PIOLI IN PREMIO C’È... IL MILAN
Ci sono allenatori - come Inzaghi e Allegri - continuamente, e giustamente, in copertina. Simboli di questo duello appassionante. E poi c’è Stefano Pioli, che però finisce al centro delle discussioni, dei dibattiti, solo a proposito del suo futuro. Quasi un predestinato… all’esonero, con la lista dei pretendenti alla panchina del Milan sempre più lunga e affollata. A parte Abate, che è sembrato in più occasioni l’erede designato per un cambio in corsa, non c’è giorno che sullo sfondo non si affaccino Conte, Thiago Motta, De Zerbi, Palladino e chissà quanti si metteranno in fila, con l’ambizione - assolutamente legittima - di accomodarsi su una panchina dal fascino mondiale. È in fondo questa la partita, a cominciare, anzi a ricominciare da Udine, che aspetta il Milan, in una lunga volata che parte in Friuli e si concluderà tra quattro mesi. Il 22 e il 26 maggio, che non sono due date a caso. Ma i giorni della finale di Europa League e dell’ultima di campionato.
Già, perché tutti hanno un obiettivo. E l’obiettivo del Milan di Pioli, per regalarsi almeno un altro anno di stabilità, è quello di confermare il posto Champions senza troppi patemi e fare molto bene a livello internazionale.
Perché - ed è comprensibile - la proprietà americana tiene molto all’immagine anche fuori dall’Italia; perché un trofeo a livello europeo manca ormai da diciassette anni; perché - e va detto - la squadra rossonera va giustamente considerata tra le tre o quattro favorite per il traguardo finale.
Bisogna insomma non distrarsi su nessuno dei due fronti. Per convincere la proprietà - e i più critici, anche tra i tifosi - che
Pioli merita di restare in sella.
Insomma, l’obiettivo - almeno questo - è chiaro. Molto più faticoso districarsi nel polverone che si è spesso alzato nei confronti di Pioli. Che sicuramente avrà e ha commesso i suoi errori, che viene censurato non solo per certi risultati ad esempio l’eliminazione dalla Champions ma anche per i tanti infortuni che ha patito il gruppo. Un motivo che, l’interessato, potrebbe ribaltare, come si faceva con i dischi, scegliendo la facciata di successo. E ricordando ad esempio che - con lui - il Milan ha spezzato il digiuno più lungo a livello di scudetti del dopoguerra, evitando che la società stabilisse un record negativo. Già, perché solo una volta - dal ’68 al ’78 - era successo di dover aspettare dieci anni per mettere fine all’astinenza in campionato. Battendo l’Inter in volata, dunque Pioli ha messo fine a un’attesa che durava dal 2011. Pioli potrebbe anche vantarsi di aver raggiunto nella passata stagione una semifinale Champions: traguardo non indifferente, con una squadra
I rossoneri affrontano l’Udinese: all’andata è stato uno dei punti più critici per il tecnico, capace di risollevarsi, che in quattro mesi può meritarsi la conferma
a primavera di Allegri è cominciata in anticipo, sullo sfondo di questo gennaio. Difficile non vedere i riflessi dei raggi multicolor sbocciati, come fiori di campo, sul terreno piuttosto arido del gioco bianconero. Qualunque sia l’esito della rincorsa, Max ce l’ha fatta a uscire dall’angolo, dove stava in posizione a uovo per proteggersi dall’aggressione degli avversari. Ha portato la Juve fuori dall’inverno dello “stare in partita” a ogni costo, fino ad arrivare alla luce delle vittorie generose – contro ostacoli accessibili, certo – che adesso potrebbero garantirgli un momentaneo sorpasso sull’Inter. Lecce non è una tappa tradizionalmente facile sul cammino della squadra bianconera. Però l’opportunità che il mercato non aveva sicuramente migliorato. Ma questi sono le note positive e, paradossalmente, non è il meglio di Pioli.
Già, perché la sua cifra più significativa è piuttosto nella capacità - e non è da tutti - di tirare fuori il massimo nei momenti di difficoltà. Quante volte, in questi anni, il Milan è sembrato entrare in una crisi irreversibile, di risultati e identità? Quante volte è stato invocato il suo licenziamento? Almeno due volte anche negli ultimi due mesi: a novembre, dopo la sconfitta interna con l’Udinese, poi a ridosso di Natale dopo il pareggio di Salerno. Ogni volta il Milan e Pioli sono però riusciti a venirne fuori, dimostrando compattezza autentica, al di là
di domani nella capitale del Barocco pugliese è formidabile: vincendo, la Juve si troverebbe in testa da sola, cosa che non succede dai tempi di Ronaldo e Sarri, con gli stadi vuoti per il Covid, quando nell’agosto 2020 i bianconeri avevano conquistato l’ultimo scudetto. Certo sarebbe un primato con l’asterisco, per via della trasferta araba dell’Inter impegnata a Riad nella Supercoppa. Però questo sorpasso, per quanto virtuale, garantirebbe un vantaggio psicologico concedendo ad Allegri la possibilità di presentarsi allo scontro diretto di San Siro del 4 febbraio guardando i nerazzurri dall’alto in basso. Non è una piccola cosa. Del resto il vecchio Max ha dimostrato in altri tempi di essere un maestro nell’arte delle rincorse e della loro dissimulazione.
Resta indelebile la rimonta record di otto anni fa, segnata da una striscia di 15 vittorie consecutive dopo un avvio di campionato al di sotto delle aspettative, con l’organico rivoluzionato sul mercato estivo. Pensando anche agli
impegni di Champions, ora negati, Allegri ha sempre sostenuto che l’importante per una squadra come la Juve è arrivare al top tra febbraio e marzo quando si cominciano a sentire – appunto – i profumi della primavera. È proprio quello che sta facendo in questo campionato: e gioca d’anticipo. Non era scontato, anzi. Dopo le delusioni degli ultimi anni – la scarsa qualità del gioco e il livello dei risultati – quest’estate era normale dubitare che Allegri fosse l’allenatore giusto per dare corpo alla rifondazione della Juve. L’arrivo di Cristiano Giuntoli come direttore sportivo, dopo il capolavoro costruito a Napoli, ha permesso di fare un salto di qualità sul piano della visione e delle prospettive. In campo, i passi avanti si sono visti con qualche fatica, attorno alla pesante caduta di fine settembre col Sassuolo. Quel 42 di Reggio Emilia aveva riacceso vecchi fantasmi. Ma è proprio su questo brivido che Allegri ha fatto leva per piantare i chiodi della scalata alla vetta. Da allora non ha più perso e la Juve ha collezionato dieci vittorie con un solo gol di vantaggio, anche spigolando e soffrendo – come una vecchia squadra di provincia – fino sulla linea del traguardo. Nessuna ostentazione, nessuna vergogna. La mistica del risultato-che-libera-tutti ha accompagnato le tappe dell’itinerario di “corto muso” disegnato con costanza da Allegri finché, finalmente, la Juve ha cominciato a volare. In coda agli exploit dei Gatti e degli altri giocatori operai, Chiesa ha acceso la luce, Vlahovic s’è messo a fare il
Vlahovic e il baby Yildiz ha insinuato in tutti noi il sospetto che la Juve abbia in casa un nuovo fuoriclasse. L’attaccante turco è uno dei tanti giovani lanciati negli ultimi tempi da Max, giovani che garantiscono una differenza. Mentre i nerazzurri danno l’impressione di surfare l’onda con disinvoltura già da qualche anno, questa Juve pare essere solo all’inizio di un bel viaggio. Allegri sa come si fa a vincere uno scudetto sullo slancio, Simone Inzaghi ci sta provando. Per riuscirci potrebbe dover sfatare la maledizione del recupero posticipato: quello perso col Bologna, due anni fa, aveva consegnato il titolo al Milan. Giocare meglio non sempre basta. Tutto resta in bilico, dunque. E l’asticella si alza.
nOGGI ore 16.15 STADIO San Vito-Marulla ARBITRO Volpi ASSISTENTI Massara-Bitonti 4° UOMO Allegretta VAR Gariglio AVAR Prontera
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