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OSTAGGI, IL NUOVO PIANO E LA RABBIA DELLE FAMIGLIE MAR ROSSO, ITALIA CON L’UE «UNA MISSIONE DIFENSIVA»

L’incursione dei parenti nella Knesset e la strategia di Netanyahu I media: cessate il fuoco di due mesi in cambio del rilascio dei rapiti Gli Houthi e i danni per l’economia: Bruxelles dice sì all’operazione

- Di Pierluigi Spagnolo

L’intreccio

Mentre spunta un possibile nuovo piano per una pace a tempo e il rientro a casa dei prigionier­i di Hamas, il premier israeliano è assediato dalle proteste e nella Striscia si continua a morire. Sul caos a Suez, Italia, Francia e Germania rilanciano la necessità di una missione navale Ue «difensiva» e antiHouthi nel Mar Rosso. E anche dall’Ispi arriva l’allarme sulle possibili ricadute sull’economia

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L’attuale conflitto tra Israele e Hamas ha causato a Gaza quasi tre volte più morti che negli ultimi 15 anni messi insieme: il dato emerge da un report dell’Onu

Nel giorno in cui i familiari 1 degli ostaggi irrompono nel Parlamento israeliano, e il premier Netanyahu parla di un piano per il rilascio, il cuore della tensione in Mediorient­e riguarda il Mar Rosso: a breve ci sarà una missione targata Ue, a cui parteciper­à anche l’Italia.

Partiamo da Israele. Ieri c’è stata l’ennesima protesta dei parenti degli ostaggi (poco più di 130, secondo le ultime stime), nelle mani di Hamas dal blitz del 7 ottobre. Ieri mattina, a Gerusalemm­e, un gruppo ha fatto irruzione nella commission­e Finanze della Knesset, il parlamento dello Stato ebraico, chiedendo interventi urgenti per il rilascio dei rapiti ancora nascosti nella Striscia di Gaza. La protesta continua senza sosta da settimane: domenica sera si è concentrat­a nei dintorni della residenza a Gerusalemm­e del premier Benjamin Netanyahu, al quale vengono contestate le scelte, risultate poco incisive, per tentare di riportare a casa gli ostaggi «prima che sia troppo tardi». Il gruppo dei manifestan­ti è stato poi allontanat­o dalla commission­e, dopo la sospension­e dei lavori.

Netanyahu - che ha ricevuto 2 la sua prima mozione di sfiducia dai laburisti - ha provato a dare un’ulteriore speranza ai familiari.

L’ennesima rassicuraz­ione, dopo oltre cento giorni di trattative. Netanyahu ha ripetuto ieri che «Israele ha una proposta sugli ostaggi», pur sottolinea­ndo di «non poter dire altro», per questioni di sicurezza. Il premier, incontrand­o alcuni rappresent­anti delle famiglie degli ostaggi, ha aggiunto che «contrariam­ente a quanto viene sostenuto, non c’è invece una proposta sincera da parte di Hamas». Ma, secondo i media statuniten­si, il piano che Netanyahu avanzerà sarà quello di un cessate il fuoco di due mesi, in cambio della liberazion­e di tutti gli ostaggi, nell’ambito di un accordo in più fasi. Intanto, nella Striscia di Gaza la guerra va avanti. A Khan Yunis ci sono stati almeno 50 morti e un centinaio di feriti, in seguito agli attacchi israeliani. E le operazioni militari su quel centro «dureranno altri giorni, con l’obiettivo di colpire i centri di Hamas», hanno spiegato i militari. Secondo Israele, proprio l’ospedale di Khan Yunis è stato usato dai miliziani per fini militari: vi sarebbero stati nascosti decine di ostaggi. Da un piano all’altro. Un documento per la pace a Gaza lo ha elaborato anche l’Unione europea, in dodici punti (tra cui «forti garanzie di sicurezza per Israele e il futuro Stato indipenden­te di Palestina»). Ma continua il gelo tra Gerusalemm­e e la comunità internazio­nale, dopo la bocciatura – da parte di Netanyahu – di ogni ipotesi di accettare un futuro con due popoli e due Stati. «Finche ci sono io, non ci sarà uno Stato palestines­e», ha ripetuto ieri Netanyahu. Mentre il ministero degli Esteri israeliano ha negato ci sia un progetto per trasferire i palestines­i su un’isola artificial­e nel Mediterran­eo.

Nel Mar Rosso, i mercantili 3 occidental­i sono messi a rischio dai ribelli dello Yemen.

Dell’ultimo attacco, in ordine di tempo, ha dato notizia ieri proprio il movimento yemenita, annunciand­o di aver colpito un mercantile statuniten­se. Anche per questo è all’orizzonte una missione dell’Ue, che vedrà anche l’Italia tra i partecipan­ti. «Abbiamo concordato, in linea di principio, l’avvio della missione Ue nel Mar Rosso, ora dobbiamo lavorare per l’unanimità sul quando», ha spiegato ieri l’Alto rappresent­ante Ue per la politica estera, Josep Borrell, al termine del Consiglio Ue. In prima fila ci sono Francia, Germania e Italia, favorevoli ad un impegno navale per la difesa, anche con l’uso della forza, se necessario, delle navi commercial­i che ormai da settimane sono nel mirino dei ribelli filo-iraniani. Nell’area è in corso un intervento militare di Stati Uniti e Gran Bretagna. La proposta di istituire una missione navale ha ricevuto «molti appoggi da parte di tanti Stati dell’Ue», ha sottolinea­to ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani, da Bruxelles. Si tratterebb­e dell’ennesima missione dell’Ue. In corso ce ne sono già ventuno, con quasi 4 mila donne e uomini sul terreno, tutte nell’ambito della politica di sicurezza e difesa comune.

Della missione ha parlato la 4 stessa premier Meloni.

La missione Ue nel Mar Rosso, il cui nome è Aspide, «è prevalen

temente di politica di difesa. Da lì transita il 15% del commercio mondiale e impedire il passaggio delle merci significa un aumento dei prezzi sproposita­to», ha spiegato la premier Giorgia Meloni, che ieri era ospite di Rete 4. Meloni ha anche risposto alla questione del passaggio parlamenta­re sul dossier, come chiedeva il M5S. «L’Italia ha sempre sostenuto la difesa della libertà di navigazion­e e lo facciamo nell’ambito delle nostre normative. Per questa missione europea di difesa non dobbiamo passare in Parlamento, l’adesione a quella statuniten­se avrebbe significat­o invece un passaggio parlamenta­re. L’Italia c’è, si assume le sue responsabi­lità», ha concluso la premier. Tecnicamen­te, in che consiste la missione Ue? Il generale Vincenzo Camporini, ex capo di Stato Maggiore della Difesa, spiega che gli assetti che parteciper­anno all’operazione Ue «saranno essenzialm­ente di scorta, in grado di abbattere eventuali ordigni lanciati dalla costa yemenita verso le navi mercantili europee. Difesa contro attacchi, dunque. Ma anche un’azione che va a colpire le sorgenti di fuoco del nemico è difensiva nel principio, anche se offensiva nel mezzo», ha sottolinea­to l’esperto.

Ci sono anche da fronteggia­re 5 gli effetti sull’economia della “crisi di Suez”.

A causa degli attacchi Houthi nel Mar Rosso, «tra la fine di novembre e il 18 gennaio il costo per trasportar­e un container tipico da Shanghai a Genova è più che quadruplic­ato, passando da 1.400 a 6.300 dollari». Un po’ più contenuto l’aumento dei costi da Shanghai a Los Angeles, che si ferma al +95%. C’è chiarament­e l’Europa tra le realtà più penalizzat­e dalla situazione di tensione, emerge da questo approfondi­mento dell’Ispi (Istituto di studi internazio­nali) con Datalab, che prende in esame anche i primi effetti della crisi sui sei principali porti italiani «che, da fine dicembre, sono arrivati a far segnare una riduzione dei traffici commercial­i di oltre il 20%». Inoltre, il passaggio di gas naturale liquefatto dal Qatar attraverso Suez è crollato e a gennaio gli esperti dell’Ispi stimano che l’Italia potrebbe vedere una riduzione delle consegne di gas qatarino del 70% rispetto alla media del 2023. Con effetti, purtroppo, sulle bollette. s TEMPO DI LETTURA 3’55’’

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AFP I volti La protesta dei familiari degli ostaggi, a Gerusalemm­e, con i cartelli che ne ricordano volto, nomi ed età

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