La Gazzetta dello Sport - Romana

Gianfranco Zola

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mi regalava palloni, divenne poi presidente della squadra del paese: ecco, da quel momento in cui lui si è sportivame­nte innamorato di Gigi, sono diventato un calciatore».

▶C’è tanto Gigi dentro a Gianfranco insomma...

«Papà Ignazio aveva fatto il pastore, il camionista, non aveva avuto tempo di giocare a calcio, doveva lavorare. Poi è arrivato Gigi, un lampo: posso dire che sono diventato quel che sono stato grazie al mio papà e a lui. Gigi. Sì, in un certo senso Riva è dentro di me».

▶Bonin⏻€gna l’ha definito il “mio Hulk”. Per lei era?

«Per me era Dio, il centro dell’Universo, l’uomo che ha raffigurat­o e sostenuto un popolo, il nostro popolo. Lui non era un uomo costruito. Era naturale. Lui non è nato in Sardegna ma ha scelto la mia terra. E l’ha coltivata».

▶La vostra “prima volta”?

«Vidi quell’omone grande e carismatic­o in un piccolo torneo, un Memorial per il quale Gigi era venuto a dare il calcio d’inizio o a fare da testimonia­l. Eravamo a metà degli Anni 80, credo».

▶Gli chiese l’autografo?

«Non glielo chiesi solo perché dovevo cominciare a giocare, la partitina...».

▶Vi sentivate spesso?

«Avevamo anche mangiato insieme a un ristorante vicino al porto non molto tempo fa. Ci sentivamo sì, piacevolme­nte anche. Parlavamo anche della nostra gente: pur non essendo nato qui aveva una sensibilit­à verso questa terra straordina­ria, unica. Era vicino alla gente e alla gente ci teneva. I minatori, i venditori di latte: ha spalleggia­to le loro battaglie, ha parlato in loro favore sempre senza una frase in più ma con ragionamen­ti sobri, suoi, quelli senza tanti giri di parole inutili. Era il nostro portavoce».

▶Non aveva paura di dare. E di dire.

«Era schivo, onesto e schietto: sì, dava suggerimen­ti onesti. E non aveva problemi a esporsi. A darsi. Non aveva peli sulla lingua, mai. Ricordo che una volta mi confidai con lui sulla mia avventura in Inghilterr­a: mi consigliò una certa condotta, non lo ascoltai, me ne pentii e glielo dissi un po’ di tempo dopo».

▶▶acconti

NATO A OLIENA

IL 5 LUGLIO 1966 RUOLO FANTASISTA

ORA VICEPRESID­ENTE LEGA-PRO

agic Box per tutti, attore protagonis­ta di giocate e gol straordina­ri con Napoli, Parma, Chelsea, Cagliari e Nazionale con la quale ha giocato 35 partite (10 reti). Dopo alcuni step da allenatore, dal febbraio ‘23 è vicepresid­ente della Lega Pro

M«Ero al secondo anno di Inghilterr­a, raccontavo a lui come venivano scandite le giornate della settimana in previsione della gara successiva di Premier League col Chelsea. Allenament­i intensi, uno al giorno mattutino, e il pomeriggio si socializza­va, andavamo a giocare a golf con la squadra, insomma un approccio meno intenso che in Italia. Mi piaceva. Ero entusiasta. Si lavorava meno che da noi e insomma stavo in un mondo che mi pareva perfetto».

▶E lui disse che così perfetto non era...

In Premier mi diede delle dritte Gli chiesi consigli quando andai a Cagliari...

«Mi raccontò che non condividev­a nulla o ben poco di questa gestione. Mi disse: “Sai Gianfranco, mi piace l’Inghilterr­a e mi affascina il calcio inglese, ma ho sempre visto la preparazio­ne come periodo decisivo, come base fondamenta­le. Se la fai bene poi ti protegge tutto l’anno, ti fa star bene per tutta la stagione». Io ero convinto invece che quel che facevamo avrebbe portato benefici, meno stress, magari più tempo libero senza pensare solo ed unicamente al calcio. Ci crede? Passai un’annata con molti stop e alcuni infortuni, alti e bassi continui. E un giorno mi tornarono in mente le sue parole: aveva ragione lui».

▶L€i ha anche detto: «È il simbolo della nostra Sardegna. Lui ci ha scelto. Noi lo abbiamo ammirato, amato, respirato. Continuere­mo a farlo: per sempre, di generazion­e in generazion­e». Calcistica­mente sono state provate decine di paragoni: niente da fare, però...

«Di lui, umanamente, mi piaceva anche che se ne fregava di dire cose che magari sarebbero potute essere scomode. E giocava a calcio da campione. Poco alla volta sono stati fatti paragoni con altri, magari prendendo in esame il sinistro, la potenza, il fisico, il colpo di testa. Sembrerà banale: ma per me, e credo anche per tanti che hanno visto il calcio da lui in poi, resta e resterà un pezzo unico».

«La prima volta lo conobbi a un torneo di calcio: volevo chiedergli l’autografo ma...»

Giocava a calcio da campione, difficile fare paragoni con uno come lui...

▶Quali altri consigli le ha dato Giggirriva?

«Ci conoscemmo per bene in Nazionale: lui era legato a Robi Baggio ma dispensava consigli a chi li chiedeva. Lo chiamai prima del mio ritorno in Sardegna, a Cagliari: gli chiesi com’era l’ambiente, come la squadra, il presidente Cellino, insomma se sarebbe stato il caso di abbandonar­mi definitiva­mente alla voglia di tornare nella mia terra. Fu importante, mi diede suggerimen­ti enormi».

▶App€na saputa la notizia cosa ha pensato?

«Diego, Vialli, Paolorossi, ora lui: mi hanno tutti lasciato un segno, Gigi per me era una divinità».

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«Aveva scelto la nostra terra e l’ha coltivata. Per noi sardi ha fatto anche il portavoce»

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