La Gazzetta dello Sport - Romana

«Riva, un favoloso compagno La Sardegna ci ha unito e siamo diventati i suoi eroi»

- Di Germano Bovolenta OLYCOM

Pierluigi Cera

È nato il 25 febbraio 1942 a Legnago (Vr). Ha debuttato in A con il Verona, da centrocamp­i sta, poi nel 1964 sbarca al Cagliari, dove l’allenatore Scopigno gli chiede di arretrare in difesa: diventa così il primo libero italiano moderno. Nel 1973 va al Cesena dove resta fino al 1979. In Nazionale ha giocato 18 partite, comprese quelle del Mondiale

1970 era c’è sempre. Disponibil­e e gentile, parla e si diverte con voce squillante. Battute in veneto, delicata ironia. Pierluigi, detto Piero, va per gli 83 e dice: «So’ diventa’ vecio, scusa se sbaglio qualche data o se non ricordo un nome».

C▶Com€ va, Piero? Tutto bene di salute?

«Benissimo. Sono appena stato al bar con gli amici, poi vado a prendere mia nipote a scuola. Poi pranzo e faccio un pisolino e se in serata c’è una partita, ci do un’occhiata. Magari abbasso l’audio, questi qui urlano tutti. Non sono mica sordo. Io non urlavo neanche in campo, anche se ero il libero e il capitano».

▶ Il primo libero moderno, il capitano di Gigi Riva…

«Sono diventato libero per caso, l’anno dello scudetto. Si era fatto male Tomasini. Eravamo in 17, giocavo a centrocamp­o, davanti alla difesa. L’allenatore Scopigno mi ha chiesto se potevo scalare dietro. Abbiamo un po’ discusso…».

▶ Di cosa?

«Gli ho detto: va bene, ma se lo faccio, lo faccio a modo mio, senza aspettare il pallone, mollargli un calcione e spazzare. Scopigno parlava a voce bassissima, bisbigliav­a. Credo abbia detto sì».

▶ È nato il libero italiano alla Beckenbaue­r…

«Dai, non esageriamo. Diciamo alla Cera, questo sì. E mi ha fatto tanto piacere sentire poi dire che Scirea e Tricella si erano ispirati a me».

▶ L’ha detto anche Franco Baresi…

«Ah, sì? Anche lui ha interpreta­to alla grande il suo ruolo: un gigante».

▶C€ra ha giocato con i giganti, nel Cagliari di Riva. Ma vi sentivate veramente così forti?

«Certo, una grandissim­a squadra. Vero, là davanti c’era Riva, il numero uno, ma eravamo solidi in tutti i reparti. Portiere, difesa, centrocamp­o, attacco. Abbiamo subito solo undici gol. Dico undici, con un’autorete e un rigore».

▶L’autogol ovviamente di Niccolai. È passato alla storia…

«Hanno esagerato. “Agonia” una volta mi ha detto: “Piero, qui mi massacrano con gli autogol. Ne ho fatti in tutto cinque. Ma non lo sanno che Franco Baresi e Riccardo Ferri ne hanno fatti quasi il doppio? Vadano a controllar­e…”».

▶ Come lo chiamava? Agonia?

«Sì, sì. Comunardo camminava tutto storto, ciondoloni, sembrava pieno di dolori. Ma era un gran difensore, chi è stato marcato lo sa. Si esaltava con i centravant­i più famosi. Andate a chiedere ad Altafini, Sormani, Boninsegna. Per Niccolai parlano i numeri. Vincemmo lo scudetto segnando 32 gol, 21 di Riva, e incassando­ne appena 11. Un record, merito anche di Agonia».

▶▶iva. Cosa è stato per lei e per quella squadra?

«Un amico, un favoloso compagno di squadra. Un po’ ci somigliava­mo. Eravamo schivi, silenziosi, parlavamo poco. Si lavorava, eravamo felici, abbiamo vinto e ci hanno fatto sentire tutti degli eroi. Lui è arrivato nel 1963, io l’anno successivo. Pensa, c’ero andato controvogl­ia, la Sardegna allora ci sembrava un po’ lontana e misteriosa. Con Gigi sono rimasto nove anni e si poteva vincere di più. Cagliari resterà per sempre nel nostro cuore, siamo stati tutti bene. Gigi si è fermato per tutta la vita, io sono venuto via malvolenti­eri. Ormai la Sardegna mi era entrata dentro».

▶ In quel Cagliari non c’era nessun sardo. Ma, è stato più volte raccontato, avevate addosso tutta l’Isola. Cosa si provava?

«Un grande, smisurato orgoglio. Eravamo dei signori profession­isti, c’era il nostro Manlio, un uomo, un allenatore meraviglio­so. Fumava un po’, vero. Ma Gigi fumava di più. Il ricordo è il calore, il grande affetto nel giorno della partita. La mia Sardegna è stata piena di bella gente, discreta, un po’ sulle sue, ma quando decideva di aprirsi ti dava tutto. Si giocava all’Amsicora, uno stadio piccolo, famigliare. La tribuna d’onore erano quattro gradoni di cemento coi numerini pitturati. Una sola curva, tutta in tubi Innocenti. Ma a mezzogiorn­o era tutto pieno, un tifo dolce, molto civile. Non come a Milano e a Torino, dove ci accoglieva­no a sassate sul pullman e per tutta la partita ci urlavano “banditi” e “pecorai”. L’ho detto tante volte e adesso lo ridico con il cuore in mano: io che non ci volevo andare sono felice di aver fatto qualcosa, e non è un caso se molti del gruppo-scudetto sono rimasti a vivere a Cagliari a fine carriera».

▶ Pierluigi Cera, libero dello scudetto e della Nazionale, uno degli eroi di Mexico ‘70, della partita del secolo. È così?

«Mah. Sulla partita del secolo avrei dei dubbi. Ha ragione Rivera quando dice: supplement­ari del secolo. I primi novanta minuti non sono stati molto esaltanti, quello che è successo dopo invece è roba da fuori di testa».

▶ In Nazionale ci arriva a 28 anni, fra mugugni e critiche. Cos’era successo?

«Il c.t. Valcareggi mi fa esordire da mediano nel 1969. Poi anche lì, pensa i casi della vita, sono scalato. Il titolare era Sandro Salvadore della Juventus. Purtroppo è stato sfortunato: due mesi prima del Mondiale giochiamo a Madrid contro la Spagna, siamo in vantaggio due a zero, con gol di Anastasi e Riva, Bernabeu conquistat­o, non ci prendono più. Invece Salvadore nel giro di due minuti fa due clamorose autoreti. Non è stato più convocato. Valcareggi ha provato Ferrante della Fiorentina in coppia con Puja del Torino, ma nella prima partita in Messico contro la Svezia il libero sono io, con Niccolai stopper».

▶E ha continuato a fare il libero tutta la vita. Ma perché ha lasciato Cagliari?

«Stavo bene, benissimo. C’era un presidente, Paolo Marras, dirigente molto bravo e corretto. Gli è subentrata una cordata. Alle ore 21 dell’ultimo giorno di mercato, nell’estate del 1973, ho saputo che mi avevano ceduto al Cesena. Il primo anno me lo sono goduto: ambiente simpatico, e poi volevo dimostrare di non essere finito. Pensavo di retroceder­e e quindi di smettere, invece siamo arrivati undicesimi. Così la stagione successiva. E l’anno dopo siamo arrivati in Coppa Uefa. Ho lasciato a 37 anni, poi ho fatto il direttore sportivo fino al 2000. Sono in Romagna da 50 anni».

▶A Cesena ha ingaggiato e lanciato Marcello Lippi…

«Sì, l’ho preso dalla Carrarese in Serie C. Poi ho avuto anche Albertino Bigon. Hanno vinto scudetti. E, ricordiamo­lo, nella Primavera ho avuto anche Arrigo Sacchi. Mica male, eh?». s TEMPO DI LETTURA 4’54”

«Il nostro Cagliari era solido in tutti i reparti, più Riva davanti Una grandissim­a squadra»

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 ?? ?? Relax a Messico 70 Un momento di relax al Mondiale in Messico: sulla sdraio Gigi Riva, in piedi Angelo Domenghini, sdraiato Gianni Rivera, seduto Pierluigi Cera
Relax a Messico 70 Un momento di relax al Mondiale in Messico: sulla sdraio Gigi Riva, in piedi Angelo Domenghini, sdraiato Gianni Rivera, seduto Pierluigi Cera

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