La Gazzetta dello Sport - Romana
«È un pezzo di vita mia, nostra, di tutti Ma è morto solo»
Stefano Garzelli, vincitore del Giro d’Italia 2000, lo ripete di getto: «Marco Pantani è stato un pezzo della mia vita». Poi aggiunge: «È stato un pezzo della vita di ognuno di noi».
▶ Garzelli, perché lo dice?
«Io vivo in Spagna e nella squadra giovanile che porta il mio nome, dove pedalano tanti giovanissimi - ragazze e ragazzi tutti sanno chi è Pantani. In Spagna, non in Italia. E poi...».
▶Pr€go.
«Un mese fa, esco in bici. Vado piano. Mi sorpassano due-tre cicloamatori in salita, io dico ‘ora mi metto dietro e non mi faccio staccare’. Non sapevano chi fossi io. Vedono che non mi stacco e fanno ‘Oh, dai Pantani’. Capito? Non hanno citato Valverde, Contador, Indurain. No. Pantani. Perché tutti, ben oltre i confini dell’Italia, sanno chi è stato Marco. Tutti».
▶ Si è spiegato perché?
«Lei mi ha chiamato per ricordare Marco, non per altro. Ne parliamo ancora a vent’anni dalla morte. Non solo per i risultati sportivi, questo è chiaro. Per il carisma, il modo di essere, le fragilità. Era ‘magnetico’. Affascinante. Nonostante parlasse poco. Ma quando parlava, lasciava il segno, sempre. Mi restava l’impressione che i giornalisti, quando dovevano intervistarlo, ne avessero soggezione. E tanti suoi colleghi poi me lo hanno confermato».
▶ Avete cominciato a essere compagni nel 1997, alla Mercatone Uno, fino al 2000.
«Quella squadra fu creata attorno a Marco. Io mi sentivo ‘devoto’ a lui. E come me, gli altri. Un paragone con quello che dicevano di Maradona i giocatori del Napoli e dell’Argentina degli anni 80? Potrebbe essere. Non era solo un capitano. Per noi era naturale che la nostra vittoria fosse il coronamento di un risultato di Marco. Ha presente Campiglio ‘99 al Giro?».
▶ Che cosa, in particolare?
«Quando fu escluso, noi avremmo potuto rimanere in corsa. No: ci ritirammo tutti».
▶Quali sono gli episodi che vi legano che più ricorda?
«Giro 2000, dopo la tappa dell’Izoard quando lui mi aveva passato delle borracce... Alla sera io non avevo ancora la rosa e lui mi disse: “tranquillo, domani vinci il Giro”. “Magari”, risposi io. L’indomani, nella crono, strappai il primato a Casagrande. Ci credeva più di me».
▶ E poi?
«La foto più bella che ho. Giro 2003, tappa dello Zoncolan. Due teste pelate che si scontrano. Siamo io e Marco, due maglie gialle di due squadre differenti. “Col cavolo che mi stacchi, Marco”, dicevo. Poi, altro giorno, nella discesa del Sampeyre. Faccio una curva forte, vado contro un muro. Dietro di me, va a terra pure Marco. Poi ripartiamo. Il giorno dopo mi disse: “Potevi farla più piano quella curva”».
▶ Vi potevate definire amici?
«Amico personale... non potrei dirlo. Un collega-amico, credo. Abbiamo avuto momenti divertenti, e anche screzi. Io andai alla Mapei, Marco non ne era contento, ma nel 2003 ci eravamo riavvicinati».
▶ Ripensa a quel 14 febbraio 2004?
«Rifletto sul fatto che Marco è morto vicino a casa sua, solo. Tutti lo hanno ammirato, idolatrato. Ma era solo quando la sua vita terrena è finita. Contrasto indicibile, straziante. Che mi fa male». s TEMPO DI LETTURA 2’45”
Quando mi aiutò a vincere il Giro 2000, era più convinto di me. Aveva un carisma unico
Tutti sanno chi era Pantani, anche i giovani che pedalano nella mia squadra in Spagna
Stefano Garzelli