La Gazzetta dello Sport - Romana

Marco Carnesecch­i

-

la sua parata più importante, finora.

«La più bella l’avevo fatta su Pereyra a Udine, ma se parliamo di importanza sì, lo è stata, molto. E per dirla tutta, sono stato pure un po’ fortunato».

▶Mod€⏻to, anche. Non come quando la scorsa estate, invece di restare a Cremona o prendere altre strade, ha scelto di tornare all’Atalanta. Senza certezze di giocare, visto che c’era anche Musso.

«La prima scossa me l’ha data il direttore D’Amico: è venuto a cena a Cremona, abbiamo chiarito un po’ di cosette del passato, mi ha fatto sentire quanto l‘Atalanta voleva che tornassi. La seconda il mister: «“Marco, ora che sei qui giocati bene le tue carte”».

▶ Se le sta giocando bene se da poco le hanno fatto firmare un rinnovo fino al 2028.

«Grende segnale di fiducia del club, ma me l’hanno sempre fatta sentire, in realtà. Il giorno che ho firmato, mi è tornata in mente quella telefonata del mio procurator­e, gennaio 2017, ero un ragazzo del Cesena: “Domani andiamo a Bergamo, ti prende l’Atalanta”. E sono stato felice non solo per me, ma anche per i miei genitori che mi hanno sempre aiutato: un premio per me, ma pure per loro».

▶ Si dice che per i portieri sia destabiliz­zante un’alternanza: e quei mesi di su e giù con Musso?

«Non ero abituato, ma era giusto: Musso è un grande portiere e stava facendo bene. Facciamo un mestiere complicato, è un ruolo che ha bisogno di misure, certezze: non è stato semplice, ma ora ho un’esperienza importante in più nel mio bagaglio».

▶C’è stata una partita svolta, per lei?

«Quel rinvio sbagliato con il Napoli, che ha portato al gol di Elmas e alla nostra sconfitta, mi ha fatto bene, mi ha scosso. Erano ancora i tempi dell’alternanza, potevo cadere in pensieri negativi e invece mi dissi: no, Marco, questo non sei tu. O ti vuoi nascondere ancora dietro all’alibi del “gioco poco”? Poi la sconfitta di Bologna, eravamo tutti incavolati neri, e io non mi sono più fatto la domanda “Sono pronto? Non sono pronto?”. No, mi sono chiesto: “Cavolo, Marco: cosa puoi fare ancora di più?”».

▶ Crede alle sliding doors? Se nel giugno 2022 non si fosse operato alla spalla, forse oggi sarebbe alla Lazio.

«Non lo so, ma non sempre - come si dice - tutti i mali vengono per nuocere. Quell’imprevisto mi ha fatto capire quanto è necessario essere profession­isti: per giocare ad alti livelli riducendo al minimo il rischio di infortuni bisogna avere pazienza e un metodo di lavoro importante».

▶ A proposito di metodo: quanto studia gli avversari?

Nato a Rimini il 1° luglio del 2000, cresce nel vivaio del Cesena fino al 2017 quando l’Atalanta lo porta a Bergamo. Nel 2019 viene prestato al Trapani in B per la sua prima esperienza tra i profession­isti. Inizia la stagione successiva da terzo portiere dell’Atalanta, ma a gennaio viene ceduto di nuovo in prestito alla Cremonese questa volta ancora in B. Nell’estate del 2022 viene rinnovato il prestito alla Cremonese che nel frattempo è salita in A. Nell’attuale stagione è rimasto a Bergamo. Ha vinto un campionato Primavera con l’Atalanta nel 2018-19.

«Molto, con il mio preparator­e Biffi e i suoi video: piede forte e meno forte, tendenza nei movimenti, calci piazzati, rigori. Un aiuto per me e i compagni, li guido a contrastar­li nel modo migliore».

▶L€i doveva “riconquist­are” Gasperini: come ha fatto?

«Non credo di averlo fatto ancora. Se il mister ti dà una maglia non è per sempre, se non lavori bene e sempre. Non ti fa mai accontenta­re: mi sento un giovane molto fortunato ad essere allenato da lui».

▶Ga⏻p ha detto di lei domenica: ha statura, braccia lunghe, buone letture delle traiettori­e. Ci si ritrova? E qual è la cosa che dice più spesso a lei?

Mi migliora nel gioco dal fondo con i piedi: essere allenato da uno come lui è una fortuna

«L’errore con il Napoli mi ha fatto bene. Gioco, ma non mi illudo: non ho il posto assicurato»

«A Cremona uscivo tanto, forse anche troppo: ho ritrovato la fiducia di andare sulle palle alte, e fa la differenza. E poi il mister cerca di modernizza­rmi, vuole che migliori soprattutt­o nel gioco da fondo campo con i piedi, per trovare l’uscita migliore, e a questo invece non ero granché abituato».

tempo si diceva che nell’Atalanta dei cento gol segnati a stagione si divertivan­o tutti tranne che il portiere. Oggi è più facile?

«Quando difendiamo in undici, con una grossa mano dalle punte, siamo molto scomodi. La compattezz­a è segnale di grande squadra: porta punti. Anche perché con la qualità che abbiamo davanti, poi può bastare una palla per risolvere una partita».

▶N€l vostro spogliatoi­o si parla di Champions?

«A marzo ci aspetta un tour de force complicati­ssimo: più pensiamo lontano e peggio è, perdiamo energie invece di utilizzarl­e per crescere ancora, visto che non abbiamo ancora toccato il nostro punto più alto. Non è che non ne vogliamo parlare, anzi, ma è meglio farlo più in là: mi rifà la domanda all’inizio di aprile?».

Grande portiere: non è stato semplice alternarmi con lui, ma è tutta esperienza

▶Non lo chiamiamo più sogno, perché ci è già arrivato: cos’è la Nazionale per lei, oggi?

«Quello che è da quando sono piccolo: un obiettivo. Il sogno, adesso, è essere convocato per l’Europeo».

▶Qu€⏻ta l’ha detta lei: «L’età è solo un numero». Dunque quanto si sente maturo, oggi?

«Le dico quello che non deve essere l’età: una scusa. Oggi nel calcio il giovane è ben visto, non deve trovarne: “Beh è giovane...”. I giocatori più maturi possono essere più lucidi e sicurament­e io non mi sento al top della maturità, anche se un po’ della gavetta che serve a sapere come comportars­i ho avuto la fortuna di farla. Ma se arrivi a giocare ad un certo livello, avere 20 anni o 30 conta fino ad un certo punto: devi dimostrare di poterci stare, e basta».

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy