La Gazzetta dello Sport - Romana
ITALIA DEVI CREDERCI
Voglio vincere gli Europei ma serve un branco di lupi E basta con le Playstation...
Luciano Spalletti, sei mesi dopo aver preso la Nazionale e aver ottenuto una difficile qualificazione agli Europei, si può già tracciare un primo bilancio. È così che si aspettava l’esperienza da c.t.?
«Sì da un punto di vista del lavoro da fare. Abbiamo guadagnato la qualificazione, meritandola. Siamo stati coerenti nelle scelte e nel giocare un calcio propositivo, senza mai abbandonarlo. Ma dobbiamo essere più bravi a mantenerlo per tutta la durata delle gare: non ci siamo ancora riusciti».
▶Ha capito il perché?
«Ci sono state tante diverse difficoltà e superarle tutte con disinvoltura non era facile. Alcune in campo, dove abbiamo affrontato squadre forti come Inghilterra e Ucraina. Alcune fuori dal campo: in tre raduni per due volte sono venuti a prenderci giocatori dentro il ritiro».
▶Il caso scommesse è stato il momento più difficile da gestire?
«Sicuramente sì e ha prodotto una reazione importante del gruppo. Anche se non riesco a capire perché abbiano deciso di venire a interrogare i giocatori in ritiro e non magari a casa in un momento più riservato e meno traumatico per loro. Si sono visti portare via cellulari e tablet, dove oggi c’è l’intera vita privata dei ragazzi. Hanno vissuto una sensazione di precarietà e di fragilità. Però è stato un bene che tutto questo sia successo perché ha permesso a loro e a chi nell’inchiesta non è finito di rimettersi in carreggiata e rendersi conto degli errori e dei rischi che si corrono. Quando prendi il vizio perdi la strada della felicità, che è fatta di radici, rapporti, cose sane».
▶ In casi come la ludopatia le parole pesano e non sono facili da trovare. Il c.t. della Nazionale è chiamato spesso a rispondere a domande extra campo, come sulla guerra prima dell’incontro con l’Ucraina, ad affrontare temi etici e sociali.
«È uno degli aspetti del mio ruolo che maggiormente assorbe energie. Ho il dovere di essere costantemente informato su quello che succede nel mondo e di trasmettere i giusti valori e messaggi. È una grande responsabilità. Basta nulla per scivolare e finire nella gogna mediatica dei social».
▶P€rò lei ha la fortuna di affrontare questo ruolo nel pieno della sua maturità umana e professionale.
«È il momento più alto della mia carriera e del mio percorso di uomo. Io sono una persona tranquillissima e maledettamente per bene, nonostante episodi del passato abbiano fatto pensare il contrario a qualcuno. Certo l’età ha anche smussato qualche angolo del mio carattere, però in ambito professionale sono sempre stato estremamente corretto. E per riuscirci a volte sono stato costretto a prendere posizioni che non sono piaciute all’opinione pubblica, ai tifosi o a chi giudicava da fuori. Ma all’interno dello spogliatoio i miei comportamenti sono sempre stati giusti e necessari per ottenere risultati di squadra. Voglio sperare che mi sia stato affidato il ruolo da c.t. non solo per le mie capacità da allenatore ma perché come uomo posso rappresentare bene la Nazionale del paese più bello del mondo».
▶L€i parla spesso di lavoro, valori, applicazione, professionalità, rispetto dei ruoli propri e altrui.
«Perché si parte da lì. Quella è la base su cui poi si deve aggiungere il talento. Maglia, valori, orgoglio, responsabilità, non sono parole che uso a caso, anche se qualcuno deve averlo pensato... Alcuni giocatori devono aver creduto che Spalletti abbaia e poi non ha i dentini, invece si sbagliano e ora ci sono delle cose che vanno messe in chiaro. Da qui in avanti le Playstation le lasciano a casa e non le portano più. Glielo invento io un giochino a cui pensare per distrarsi la notte. Vengono da me e gli do i compiti da fare la sera se non sono bastati quelli di giorno. Perché in Nazionale si sta sul pezzo, concentrati, non si cazzeggia. Ripeto lo slogan degli All Blacks, “Niente teste di ca... qui”».
▶Un messaggio piuttosto chiaro...
«Io ho bisogno di far venire fuori una Nazionale forte, non mi accontento di nulla. Voglio vincere l’Europeo e poi voglio vincere il Mondiale. Poi possiamo uscire anche subito, ma i discorsi che faccio alla squadra sono quelli che si aspettano tutti gli italiani: noi si va in Germania per vincere, non per partecipare. Lo richiede la nostra storia. Per riuscirci ho bisogno che questi calciatori diventino meglio di quello che sono. Non ho il tempo di esercitarli: serve qualcosa che gli entri dentro e gli accenda un fuoco, gli faccia sgranare gli occhi, gli dia la convinzione di potercela fare».
▶La chiave più che tattica è psicologica?
«È quella che fa la differenza. Alla squadra vanno date certezze e motivazioni, non scuse e alibi. Non ci manca niente per competere con i migliori».
▶E il famoso gap con le grandi d’Europa?
«Lo so che Inghilterra, Francia, Spagna e Germania sono forti, ma noi possiamo essere alla loro altezza. Però non si vince con calciatori che giocano bene solo per 20’ ma con quelli che fanno tante cose per 90’. E che sono dentro la partita anche se entrano dalla panchina o se sono in tribuna. Le energie mentali non vanno sprecate per gestire chi mette il muso. Perché sono energie tolte alla preparazione delle partite e noi non possiamo permettercelo. Per questo dobbiamo scegliere ragazzi propositivi, affidabili, con entusiasmo. Chi non ha queste caratteristiche può stare a casa, non ci serve. Voglio un gruppo sano e lasciare un’orma in questi tre anni, poi posso anche smettere».
▶Mi sta dicendo che dopo la Nazionale finirà di allenare?
«Magari cambierò ruolo, perché avrò difficoltà dopo l’Italia a fare ancora l’allenatore».
▶ Oltre alla Playstation i giocatori devono lasciare altro a casa? I cellulari nello spogliatoio sono ammessi?
Qualcuno non ha capito bene: in Nazionale si viene per i trofei non per giocare di notte alla Play
«I cellulari devo sopportarli, ma non possono essere tenuti sul lettino dei massaggi e durante le cure. Ho parlato di videogiochi perché ci sono state cose che NON mi sono piaciute e il “non” la prego di scriverlo in maiuscolo. Voglio far rivivere i raduni e i ritiri di un tempo: vecchie abitudini e atmosfere. Cose semplici e sane. E Buffon in questo mi aiuterà. Se la modernità è giocare alla Playstation fino alle 4 di mattina quando c'è la partita il giorno dopo, allo
ra questa modernità non va bene. Viviamo in un mondo che poco incentiva il duro lavoro, il sudarsi le cose: i ragazzi di oggi preferiscono mettere una foto su Instagram con il capello fatto piuttosto che abbassare la testa e pedalare. Questi non sono i valori che la mia Italia deve trasmettere. Si viene in Nazionale con gli occhi che ridono e con il cuore che batte e ci si sta come un branco di lupi che vanno in fila indiana per spingere il compagno davanti e non lasciare nessuno indietro. Gli italiani chiedono una Nazionale cazzuta e responsabile, solida e spavalda. Si viene in Nazionale per vincere l’Europeo non per vincere a Call of Duty (un videogioco, ndr)».
▶ Chiesa, Zaniolo, Scamacca, Raspadori, Locatelli, Bonaventura sembrano in difficoltà. Preoccupato del calo di rendimento nei club?
«Le difficoltà le osservo, ma in
Nazionale alcuni cambiano compiti e rendimento. In ogni caso io devo essere pronto a sterzare e a trovare soluzioni alternative: voglio provare il 3-4-2-1 per tentare di mettere più a proprio agio alcuni calciatori. Mantenendo una propensione offensiva, senza tornare sempre a 5 dietro in fase di non possesso, creando equilibri che ci consentano di fare sempre la partita a viso aperto».
▶P€rò ci sono anche molti giovani che si stanno candidando per far parte del gruppo….
«Buongiorno è fortissimo, Bellanova una forza della natura, Calafiori è pronto, Fabbian una sorpresa, Gaetano ora gioca, Folorunsho una belva e poi Cambiaso, Baldanzi, Lucca, Carnesecchi, Di Gregorio,
Provedel... Nella rosa ci possono essere petali nuovi. La lista è di 23 ma ne porterò in preconvocazione 4 o 6 di più».
▶ Dalla Nazionale alle Coppe: come giudica il percorso delle italiane?
«Ottimo. Abbiamo tecnici di primo livello, giocatori importanti e si avverte l’esperienza della scorsa stagione quando siamo arrivati in finale in tutte le competizioni. Possiamo ripeterci quest’anno».
▶L’Int€r può vincere la Champions?
«Sì, perché ha tutto: gioco, equilibrio, compattezza, maturità, unità di intenti. Tutti si aiutano, non vedi atteggiamenti sbagliati, gesti di stizza dopo un cambio o un errore. Sono una squadra. Si allenano bene e in mezzo al campo sono fortissimi».
▶L€ dispiace il poco minutaggio di Frattesi?
«Sì, ma lo avrò più fresco agli Europei. Lui è uno che riempie sempre bene la scatola della partita».
▶ Il calcio italiano è cresciuto ma il campionato da due stagioni, con il suo Napoli e l’Inter, non ha storia: un’anomalia?
«Più che di anomalia, parlerei di un minimo comun denominatore tra le due squadre: l’unione assoluta tra i giocatori. Tutti partecipano alla gioia comune e individuale. Alle avversarie che potevano lottare con l’Inter forse sono accadute le cose che non voglio vedere in Nazionale: calciatori che tengono alta l'attenzione per 20’ anziché 90’ e non si relazionano col gruppo».
▶Quanto le è dispiaciuto veder soffrire i tifosi del Napoli quest’anno?
«Le racconto un episodio che racchiude tutto. Sono andato a vedere Milan-Napoli, ero al bar nella zona Lounge: un bambino tifoso del Napoli a 7-8 metri ha cominciato a fissarmi. Quando il papà gli ha dato il permesso è corso da me e si è attaccato alle gambe: piangeva. L’ho preso in braccio e ancora singhiozzava. Avrei voluto chiedere al papà il numero di telefono. Se sta leggendo o qualcuno lo conosce, vorrei tanto riparlare con quel bambino che mi ha stretto il cuore».
▶D€ Laurentiis ha recentemente detto che lei gli ha fatto perdere 100 milioni, che non avrebbe dovuto lasciarla andare, che forse aveva già un accordo con la Figc…
«Quale dei De Laurentiis ha parlato? Ce ne sono 4-5 in giro e non mi riferisco ai figli... C’è quello grato, quello malinconico, quello rancoroso, quello retroscenista. Gli auguro di centrare il Mondiale per club che garantisce enormi introiti, nel ranking del Napoli c’è anche la mia mano».
▶La sorpresa del campionato?
«Nel Bologna rivedo molte cose del mio Napoli, gioca un calcio europeo. Sovraccarico intorno alla palla e scambio continuo di posizioni mantenendo un equilibrio di squadra. L’Atalanta non è più una sorpresa: ha completato il suo percorso, è una squadra matura, solida. E poi ha Koopmeiners».
▶Una squadra che le piace sempre guardare?
«Il Milan. Probabilmente tra le grandi è la più camaleontica e le sue partite sono sempre diverse. Sanno fare un po’ tutto, Pioli riesce sempre a mandare in campo una squadra competitiva ad alti livelli, valorizzando le qualità dell’intera rosa».
▶D€ Rossi ha detto: sono un figlio di Spalletti…
«È stato molto carino e lo ringrazio. L’impressione che mi trasmette in panchina è che oltre ad essere l’allenatore, ha mantenuto vivo il carisma del capitano che è stato, del leader che si spende per la squadra. Questo i suoi calciatori lo percepiscono e glielo stanno restituendo sul campo. In più ha portato alla Roma un cambio di mentalità e di gioco. Non era facile in così poco tempo».
s TEMPO DI LETTURA 9’11”
Io punto pure ai Mondiali, poi smetto di allenare Chi gioca bene solo 20’ non mi serve E non spreco energie per i musi lunghi