La Gazzetta dello Sport - Romana

«DISSE NO A ROCCO PER LA FAMIGLIA IO STUDIO ECONOMIA E NON CONOSCO NOIA»

L’interno del Bologna: «La mia serie A la dedico a lui. In rossoblù sto benissimo e penso anche al mio futuro»

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«Ho fatto le superiori seguendo l’indirizzo del liceo scientific­o sportivo, prima a casa e poi presso la scuola dell’Inter. Preso il diploma di maturità mi sono iscritto a Economia e Commercio. Mi interessan­o le materie, ho già dato tre esami. Calciare e pensare non sono due termini in contraddiz­ione. Nel calcio ci vuole talento, che è una forma di intelligen­za istintiva, ma pure capacità di ragionamen­to, visione del gioco, scelta dei tempi, disciplina tattica. Tutte cose che hanno a che fare con il sapere. Ecco, io non sento una frattura tra quello che faccio in campo e quello che mi spinge a capire i libri universita­ri».

▶ Quando studia? Immagino che tra partite e allenament­i..

«Studio quando posso, quando il lavoro mi consente di farlo. Lo sento come un dovere e non mi dispiace affatto farlo. Mi sembra di non sprecare tempo. So che la carriera di un calciatore non è infinita e che bisogna crearsi una seconda strada per il dopo».

▶ Molti suoi colleghi hanno parlato di noia, spesso per motivare scelte sbagliate, come le scommesse. Davvero un calciatore di serie A si annoia?

«Noia? Ognuno, finito il lavoro, usa il tempo come vuole. Non saprei giudicare la vita di altri: ciascuno ha il suo carattere, la sua sensibilit­à, il suo progetto futuro. Io non mi annoio. Non ho tempo per annoiarmi».

▶Ch€ allenatore è Thiago Motta? Dovunque è stato ha lasciato un segno e quest’ anno il vostro Bologna delizia chi ama il bel calcio. E, diciamoci la verità, nessuno a inizio campionato lo aveva previsto.

«Con lui mi trovo benissimo. È un maestro di calcio che chiede molto a ciascuno di noi e sa garantire un clima molto bello, molto sereno all’interno dello spogliatoi­o, in campo e fuori. Sa essere duro, quando serve. E aiuta a migliorare, tecnicamen­te e tatticamen­te».

▶ La simpatia che la vostra squadra comunica è il prodotto di una certa allegria, di una libertà di inventare calcio e di sentirsi squadra che ormai è rara…

«Siamo un gruppo di ragazzi che hanno una gran voglia non solo di vincere, ma di giocare al calcio. Che consideran­o questo verbo, giocare, non come una pura definizion­e, ma come un invito a vivere il football come invenzione e profondità e di costruire fraseggi da vicino. Tutto il calcio, in un ruolo solo».

▶P€n⏻o che lei sia il tipo di giocatore che piace a Spalletti, non solo per come gioca, ma per come è.

«Ora non ci penso, mi sembra tanto, troppo. Ovviamente sarei felice, onorato. La maglia azzurra è il sogno che popola l’immaginazi­one di ogni ragazzino che spera di giocare al calcio. È quindi anche il mio sogno, ma posso attuarlo solo giocando bene e comportand­omi meglio. Così, solo così, questo tipo di desideri si avvera».

Se piaccio a Spalletti? Ora non ci penso, mi sembra troppo. A Bologna vedo gioia nella gente

Credo che veda se stesso nella mia maglietta. Segue tutte le mie partite

▶ Non le chiedo se tornerà all’Inter o cosa farà, tanto lei non mi rispondere­bbe.

«Sto benissimo qui, e non è una risposta diplomatic­a. È un gran gruppo, ci divertiamo. Il domani lo affrontere­mo domani».

▶L€i andò via di casa per raggiunger­e il collegio dell’Inter a quindici anni. Si ricorda quel momento preciso?

«Ho dovuto salutare la famiglia ed è stata dura. Ero un bambino o poco più e qualche lacrima è scesa. Però è stata un’esperienza bellissima, che mi ha fatto crescere. Con molti di quei ragazzini soli ho mantenuto un legame che credo resterà per sempre. La prima notte è stata difficile, ma ero curioso di provare cose significav­a bastare a sé stessi, vivere senza la cura dei genitori e dunque anche avere autonomia. Mi creda, anche quando la nostalgia mi acchiappav­a il cuore, non ho mai avuto voglia di tornare indietro». s TEMPO DI LETTURA 6’10”

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