La Gazzetta dello Sport - Romana

Parola di capitano «ERA UN’ITALIA CHE NON VINCEVA MAI LA SVOLTA COI GIOVANI CI PORTERÀ LONTANO»

Lamaro dopo il Torneo da record con due vittorie e un pareggio: «È tutto merito di un processo cominciato quattro anni fa. Chi entra oggi in gruppo trova un ambiente sereno»

- di Andrea Buongiovan­ni

Una notte di festa, tra compagni e familiari al seguito. Poi, ieri, il ritorno in Italia. Il Sei Nazioni 2024 tricolore - il più bello della storia - passa agli archivi dopo otto settimane vissute d’un fiato. Con una consapevol­ezza per tutti. A partire dal capitano Michele Lamaro, sempre più trascinato­re, sempre più dominante. Leader per la seconda volta della classifica dei placcatori (con una media esagerata di 20,6 a partita), anche la stampa estera in queste ore lo osanna. La sua prova di sabato (21 tackle, 29 punti d’incontro, 7 palloni recuperati e tanto altro) è stata da annali. Lui, Paolo Garbisi e Nacho Brex: sono i soli azzurri ad aver giocato tutti i 400 minuti del Torneo.

▶Mitch, che significat­o ha tutto questo?

«Soddisfazi­one e orgoglio sono grandi. Ma restiamo coi piedi per terra, sapendo che va considerat­o l’inizio di un percorso».

▶ Quanto vale questa squadra?

«Ripeto: così come in ottobre non ci avevano definito i due flop in chiusura del Mondiale, non ci devono definire i tre risultati utili di questo Torneo».

▶ Ma il passo in avanti è netto.

«Certo. Nel recente passato certi successi potevano essere considerat­i estemporan­ei. Ora la realtà è diversa, anche se ancora non credo che potremmo essere competitiv­i contro chiunque».

▶ Cosa fare per colmare il gap?

«Dobbiamo essere all’altezza anche giocando male. Nel Torneo, Irlanda a parte, abbiamo dimostrato che il nostro livello medio s’è alzato. Ma i margini in attacco, per esempio, sono ampi».

▶ Dopo il match ha parlato di “mancanza di rispetto” nei vostri confronti: a cosa si riferiva?

«In Galles ci sono state diverse, piccole situazioni spiacevoli, indegne di un Paese ospitante».

▶ Per esempio?

«In settimana ci hanno bombardato di “Son bravi, ma non si illudano: a Cardiff non si passa”. Poi, durante il riscaldame­nto, ci hanno detto che avremmo dovuto rientrare negli spogliatoi 15’ prima degli inni, ben in anticipo rispetto al solito. Abbiamo obbedito. Salvo vedere i gallesi in campo almeno 5’ più di noi».

▶Altro?

«Ai nostri accompagna­tori sono stati riservati biglietti in curva: Martina, la mia fidanzata, è finita ad altezza prato e ha visto poco o nulla. E nessuno, contrariam­ente a quello che accade abitualmen­te, è stato ammesso al terzo tempo. Come ho detto: piccole cose. Quanto basta per pensare che anche da questo punto di vista abbiamo ancora strada da fare».

▶Intanto, dato a Quesada quel che è di Quesada, il processo che ha portato qui ha radici che affondano nel tempo.

«A circa quattro anni fa. Franco Smith, con coraggio, ha dato il la a un necessario cambio generazion­ale, responsabi­lizzandoci molto. Poi Kieran Crowley ha sviluppato il progetto. Gonzalo ora conta su un gruppo solido».

▶ Fischetti, Lucchesi, Favretto, Cannone, Garbisi, Mori, giusto per citare alcuni nomi: insieme siete diventati grandi.

«All’inizio ci siamo trovati in un contesto negativo, alla caccia disperata di risultati che non arrivavano. Chi entra oggi nel giro gode di un ambiente sereno, diverso. Solo vincere, nei club o in Nazionale, aiuta a vincere».

▶Il tour estivo nel Pacifico cementerà ancor più il gruppo.

«Sì, ma non ne abbiamo parlato. Ora penserò a Treviso: tra Urc e Challenge Cup abbiamo tanti obiettivi da inseguire».

▶Qual è il segreto tecnico della sua montagna di placcaggi?

«Solo la dedizione al lavoro e l’ossessione del successo. Foglio dopo foglio si crea un plico».

▶ Quarto di sei figli, arriva da una famiglia di grandi sportivi, con papà olimpico nella vela e due fratelli maggiori ex rugbisti di livello: chissà l’orgoglio.

«Andavamo a vedere l’Italia al Flaminio, ero ragazzino: sono molto fieri. Anche se...».

▶Pr€go.

«È un momento difficile: la sera del successo contro la Scozia, a Cortina dove viveva da 12 anni, è scomparsa nonna Stefania, mia prima tifosa e grande amica di diversi miei compagni, molto conosciuta nell’ambiente del rugby romano. Mamma, che ora verrà qualche giorno a Treviso per stare con me, me lo ha detto solo l’indomani. Era malata, ma è un duro colpo per tutti. Le dedico i risultati di questo periodo, sono certo le farà piacere». s TEMPO DI LETTURA 4’22”

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GETTY/AFP
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