La Gazzetta dello Sport - Romana
LA GUERRA ALLE BIG TECH GLI USA CONTRO APPLE «MONOPOLIO DEGLI IPHONE LEGGI ANTITRUST VIOLATE»
Il Dipartimento di Giustizia fa causa al colosso tecnologico L’accusa è di aver danneggiato sviluppatori e consumatori Nei guai anche in Europa, Cupertino si difende: azione pericolosa
Il sistema nel mirino Il ministro della Giustizia, Merrick Garland (nella foto), è stato esplicito:
«Gli utenti non dovrebbero pagare di più perché le società violano le leggi e creano barriere». Nel mirino tutto il sistema Apple e le sue restrizioni. Appena due settimane fa, il gruppo era stato sanzionato dalla Commissione Ue per abuso di posizione dominante nello streaming musicale
Dagli Stati Uniti è arrivata 1 una notizia destinata a far discutere a lungo.
Una mela di traverso, verrebbe da dire. Il Dipartimento di Giustizia americano ha avviato un’azione legale contro Apple per aver infranto le regole antitrust, ritenendo che abbia il monopolio sul mercato della telefonia e danneggi consumatori, sviluppatori e aziende rivali. I documenti, al termine di un’indagine durata cinque anni, sono stati consegnati al tribunale del distretto del New Jersey. «Un’azione sbagliata, un precedente pericoloso. Se la causa avrà successo, metterà in pericolo la capacità di creare la tecnologia che la gente si attende da noi. Si tratta di una minaccia ai principi che hanno permesso ai nostri prodotti di distinguersi su mercati molto competitivi. Ci difenderemo», è stato l’immediato commento del colosso di Cupertino, mentre le notizie creavano scompiglio a Wall Street e il titolo arrivava a perdere il 3,6% (il peggiore sul Dow Jones). Va ricordato che Apple, in Italia, era finita a maggio dell’anno scorso nel mirino dell’Agcm, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato: aveva avviato un’istruttoria, con accuse simili. Quanto al Dipartimento di Giustizia statunitense, è alla seconda imponente azione legale contro una Big Tech, dopo aver accusato Google di monopolio nelle ricerche online.
Di che cosa parliamo? 2
Il Dipartimento e sedici procuratori generali statali accusano Apple di aver abusato del suo potere nel settore degli smartphone, negando agli sviluppatori di software e alle società di videogiochi di poter offrire opzioni migliori per l’iPhone (da tempo va avanti lo scontro con Epic Games, sviluppatore del popolarissimo gioco Fortnite). Provocando, inevitabilmente, prezzi più alti. Ha spiegato Merrick Garland, ministro della Giustizia: «I consumatori non dovrebbero pagare di più perché le società violano le leggi e creano barriere, riducendo la concorrenza». Le pratiche illegali si estenderebbero ben oltre l’iPhone, intaccando Apple Watch (inserito nello sterminato settore dei dispositivi indossabili), Apple Pay, FaceTime, la pubblicità e l’offerta di news. Un intero ecosistema. Apple negherebbe le app di messaggistica tra piattaforme diverse, limitando la compatibilità degli smartwatch e bloccando i programmi che non sono presenti sull’App Store e i servizi di streaming mobile su cloud. Fa sapere ancora il Dipartimento: «Sono state imposte una serie di regole mutevoli per ostacolare l’innovazione, offrire un’esperienza meno sicura o degradata e limitare le alternative competitive». Per avere un’idea di questo mercato, nel 2023 l’iPhone ha registrato vendite per 200 miliardi di dollari, l’Apple Watch per 40. L’area dei servizi di Apple fattura 85 miliardi di dollari l’anno.
Ma non è la prima tegola 3 per l’azienda.
Infatti. Aveva già dovuto far fronte alle accuse sollevate in Europa e - per adeguarsi alle varie normative - è chiamata a sostanziali cambiamenti nel suo modello commerciale. Ciò che praticamente chiede il Dipartimento di Giustizia americano. Appena due settimane fa, per restare alla storia recente, la Commissione europea ha sanzionato Apple con una multa di oltre 1,8 miliardi di euro per aver abusato della sua posizione dominante sul mercato della distribuzione di applicazioni di streaming musicale agli utenti di iPhone e iPad, attraverso il suo App Store. Il procedimento era stato avviato a giugno 2020. Secondo la Commissione, il gruppo californiano ha applicato restrizioni agli sviluppatori, impedendo loro di informare gli utenti iOS su servizi di abbonamento musicale alternativi e più economici disponibili. Una condotta che si è protratta per dieci anni e potrebbe aver indotto molti utenti a pagare prezzi notevolmente più alti. Oppure a rinunciare ad abbonarsi, non trovando il servizio giusto da soli.
Anche in quel caso Apple 4 replicò a muso duro.
Proprio così: «La Commissione non ha prove credibili di danni ai consumatori e ignora la realtà di un mercato fiorente, competitivo e in rapida crescita». Poi l’affondo: «Il principale sostenitore di questa decisione e il più grande beneficiario è Spotify, società con sede a Stoccolma, in Svezia. Possiede la più grande app di streaming musicale al mondo e ha incontrato la Commissione europea più di 65 volte durante questa indagine. Oggi detiene una quota del 56% del mercato continentale e non paga nulla ad Apple per i servizi che hanno contribuito a rendere Spotify
uno dei marchi più riconoscibili al mondo». C’è stata naturalmente anche la reazione di Spotify, secondo cui «la decisione Ue rappresenta un momento importante nella lotta per un Internet più aperto per i consumatori».
È ipotizzabile utilizzare 5 queste sanzioni per chiedere compensazioni?
Ha spiegato Margrethe Vestager, a capo dell’antitrust Ue: «La nostra indagine ha mostrato che più del 20% dei consumatori che avrebbero altrimenti sottoscritto un abbonamento premium con Spotify non lo hanno fatto per le regole denominate anti-steering (le misure volte ad impedire che una applicazione possa reindirizzare l’utente ad un negozio esterno, ndr). Si tratta di milioni di persone che hanno pagato 2-3 euro in più al mese. Il quadro di regole europee per la concorrenza non prevede compensazioni per i consumatori, ma la nostra decisione può servire da prova in caso di ricorso a un tribunale».