La Gazzetta dello Sport - Romana
PRIMO AVVISO
Matteo sfida Machac, ai quarti potrebbe incrociare Jannik: «Obiettivo che mi motiva»
Francesco Bagnaia (a sinistra) e Marc Marquez: nel finale del GP a Portimao i due campioni sono stati protagonisti di un contatto che ha finito per metterli fuori gioco
«Li capisco, ma non li giustifico completamente». A Claudio Domenicali, a.d. Ducati, la domenica magica alla fine è risultata un po’ indigesta. Perché la doppietta di Portimao, con le GP24 di Jorge Martin ed Enea Bastianini davanti a tutti su un podio completato alla sola seconda gara in MotoGP! – dal potenziale spauracchio dei prossimi anni, ovvero Pedro Acosta (attendiamoci a breve la promozione nel team KTM per il 2025), avrebbe meritato una degna celebrazione. Che c’è stata nel box della Pramac, per la prima volta in testa al Mondiale, come nel lato del garage di Bastianini. Ma, inevitabilmente, e non avrebbe potuto essere diversamente, visto che parliamo dei due pesi massimi del Mondiale, l’attenzione della domenica si è spostata su quel contatto tra Francesco Bagnaia e Marc Marquez che al 23° giro, -3 dalla fine, ha spedito entrambi nella ghiaia.
Due galli Un incidente di gara, e su questo nessuno ha avuto nulla da obiettare, ma che però entrambi avrebbero anche potuto evitarsi. Pecco, conoscendo la cattiveria agonistica del rivale, stando più accorto nell’infilarsi nel pertugio lasciato dallo spagnolo di Gresini, andato largo dopo l’attacco alla curva 5. Marc, evitando a sua volta di chiudere la traiettoria sapendo che, come ogni pilota che si rispetti, il torinese avrebbe incrociato le linee per rintuzzare l’attacco. Un incidente nel quale, più che la posta in palio – tra 11 e 10 punti cambiava poco o nulla – c’era la leadership nel pollaio. Il campione degli ultimi due anni, contro quello che in classe regina ne ha vinti 6 e che, come la fenice che risorge dalle proprie ceneri, adesso che è tornato integro fisicamente e ha a disposizione una moto competitiva come la Ducati, è tornato a sognare podi e vittorie. Ma anche il pilota del team interno, che ha appena rinnovato fino al 2026, diventando de facto ancor più il riferimento della rossa, contro quello che ha rinunciato ai milioni della Honda per traslocare in un team satellite e guidare la moto della stagione precedente, sognando di tornare a essere il riferimento della griglia. Non fosse
ll’orizzonte c’è un quarto di finale 1000 mai raggiunto, ma soprattutto un’altra sfida da sogno magari ai quarti con Jannik Sinner. Ma procediamo con ordine: Matteo Arnaldi oggi incontra il ceco Tomas Machac con cui ha un solo precedente, negativo: «Ci ho giocato nelle qualificazioni di Dubai lo scorso anno — ha detto — e ho perso malamente». Colpa del solito virus che colpisce spesso nelle lounge del tennis: «In quelle settimane avevo l’influenza, ero debole, e quindi non lo conto neanche come precedente». Resta comunque un rivale difficile sulla strada verso i quarti e ha battuto Andy Murray, all’ultima apparizione della carriera in Florida. Sarà un incrocio molto diverso da
Aquelli contro Fils e Bublik: «Sì non sarà facile, ma io amo le sfide e il pensiero di poter eventualmente incontrare Sinner ai quarti mi motiva ancora di più. Aspettavo prima Tsitsipas, poi Rublev... ma sono usciti prima». Il tecnico che lo segue, Alessandro Petrone è sicuro che queste siano le esperienze da cui il suo giocatore ha imparato di più: «Le due partite con Alcaraz, ad esempio, prima a New York e poi a Indian Wells gli hanno dato indicazioni importantissime su come migliorare e dove deve crescere. E infatti nei match qui a Miami ha fatto tesoro di queste esperienze».
Al lavoro Ieri Arnaldi, accompagnato come sempre dalla fidanzata australiana Mia, ha passato circa un’ora e mezza sul campo ad allenarsi con coach Petrone e il preparatore atletico Diego
Silva. Caldo, vento, nuvole, succede di tutto in un’ora nel meteo di Miami, ma l’applicazione di Arnalds è sempre totale. È cresciuto molto nell’ultimo anno, anche fisicamente. E soprattutto grazie alle sfide importanti, come quelle di Davis: «Giocare in squadra è stato bello, abbiamo fatto un pezzo di storia». Intanto, mattoncino dopo mattoncino, è arrivato a un passo dalla Top 30: ora è 35 al mondo e se dovesse raggiungere l’obiettivo dei quarti sarebbe numero 32 virtuale. «Siamo lì lì, manca poco, però prima o poi comincerò anche io a perdere qualche punto...». Tranquillo Matteo, non c’è fretta. s TEMPO DI LETTURA 1’47"