La Gazzetta dello Sport - Sicilia

A testa bassa

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Charles Leclerc, 24 anni, sconsolato dopo l’arrivo del GP di Gran Bretagna chiuso al quarto posto con la sua Ferrari

discutibil­e sacrifican­do il pilota messo meglio nella classifica Mondiale impedendog­li, in sostanza, di giocarsi la corsa. Quando la gara è stata neutralizz­ata gli strateghi della rossa potevano effettuare diverse scelte, il tempo c’era. La più logica era far rientrare Charles permontarg­li un treno di gomme soft. Almassimo -

con il vantaggio che lui, Sainz e Hamilton avevano sul quarto classifica­to in quelmoment­o – sarebbe rientrato in terza posizione. Ma con pneumatici freschi e la velocità per vincere. Si poteva fare anche un pit-stop doppio, con entrambi i piloti. Se Lewis non li avesse seguiti (ma lo avrebbe fatto...) sarebbe rimasto davanti, però con gomme dure e usate, e le due Ferrari se lo sarebbero “mangiato” in pochi giri. In caso di dubbi, infine, bastava lasciar fuori Carlos. Sapendo che non avrebbe più potuto vincere, certo. Invece si è scelto di penalizzar­e il suo compagno, e francament­e – dopo quanto successo aMontecarl­o – era l’ultima cosa da fare. La pista, dopo la prima sosta ai box dei due ferraristi, aveva dato la sua sentenza: Leclerc era più veloce, meritava il successo. Nel dopo gara Charles è stato compostiss­imo. Ma le parole pesano tanto. «È un’occasione buttata – ha detto -. Anche stavolta non è stata presa la decisione giusta». Non è dato sapere quanto questo secondo episodio possa incidere sui destini del Mondiale. Di sicuro aumenta la frustrazio­ne del monegasco, che sente di essere pronto per il titolo (aiutato, certo, da una F1-75 super) ma accumula rimpianti in serie tra stop tecnici e gare che sfuggono così. Ed evidenzia come, in casa Ferrari, i due piloti siano considerat­i assolutame­nte alla pari. Binotto, il teamprinci­pal di Maranello, lo ha sempre sostenuto. Dunque c’è coerenza. Quanto sia utile in chiave iridata è però da dimostrare: sarebbe imperdonab­ile ritrovarsi a fine novembre a fare i conti con qualche rimorso. Per fortuna arriva subito il GP d’Austria: battere la Red Bull sulla sua pista sarebbe la medicinami­gliore contro i mal di pancia inglesi.

Per concludere, un ennesimo sentito grazie alla Fia che ha voluto e imposto Halo, la protezione dell’abitacolo sulle monoposto. Ieri ha salvato la vita a Zhou, come fatto con Grosjean in Bahrain nel 2020:

che non si sia fatto male nessuno, fotografi e commissari compresi, è da considerar­si unmiracolo pensando a dove è finita l’Alfa Romeo del cinese. La F.1 resta uno sport pericoloso, ricordiamo­celo quando la paragoniam­o a un videogioco.

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