La Gazzetta dello Sport - Sicilia

MAGICA VITTOZZI

Lisa dagli occhi d’oro «In valigia ho portato i fuochi d’artificio...» Capolavoro della friulana di Sappada nell’individual­e dopo un guaio alla carabina

- Di Claudio Lenzi

l capolavoro di Lisa Vittozzi. La bambina che giocava con le pistole a pallini è cresciuta, fino a toccare il tetto del mondo. Vengono i brividi solo a pensarci, ad ammirarla in una gara dominata dall’inizio alla fine, come solo le grandi sanno fare. Medaglia d’oro nell’Individual­e ai Mondiali di Nove Mesto, in Repubblica Ceca, dopo l’argento nell’Inseguimen­to appena due giorni fa. Suona bene? «Cavoli, molto bene. Era uno degli obiettivi che avevo in testa dall’estate scorsa, ora che ci sono riuscita posso dirlo: avevo la mentalità giusta».

ITesta Quanto fa la testa nello sport, nella vita. Qualche anno fa Lisa era la più promettent­e di tutte, ma era anche molto giovane, e così nel 2019 le aspettativ­e hanno finito per sorpassarl­a sul traguardo, schiaccian­dola. Più si sentiva obbligata a vincere, più retrocedev­a. Ha pensato perfino di smettere, ma l’amore per il biathlon alla fine ha prevalso. Con l’aiuto del fidanzato Marco, del dottor Rusciano come mental coach, degli allenatori Kahkonen per il tiro, Romanin e Inderst per il resto, dopo un biennio critico è tornata a divertirsi. È passata dal buio alla luce, riassapora­ndo il piacere per le gare. «La mia vittoria più grande è proprio essere uscita da quel periodo lì, vale più di qualsiasi medaglia, anche dell’oro di oggi (ieri, ndr). Se mi volto indietro non fa più male, oggi sono orgogliosa di me per la persona che sono, sicurament­e più forte. Tutto quello che ho passato è dentro questa successo». Lisa vince perché ha imparato a perdere.

Cuore Ma l’impresa della 29enne sappadina - come i miti Silvio Fauner e Pietro Piller Cotter - e tifosa della Juventus, è anche un fatto di cuore. Non c’entra San Valentino, sebbene l’azzurra al traguardo avrebbe voluto più di tutti il suo Marco, piuttosto la dedica che a fine gara le viene naturale: «Alla squadra, stiamo lavorando veramente bene, li sento vicini e mi hanno fatto tornare a essere quella che sono oggi». E poi la gara, un’opera d’arte: nemmeno un contrattem­po alla carabina capitato al primo poligono l’ha destabiliz­zata, anzi, sulla consapevol­ezza dei propri mezzi ha costruito un inseguimen­to perfetto e privo di errori al tiro. Prima Vittozzi, dietro la tedesca Hettich-Walz con 20”5 di ritardo e la fortissima francese Simon, bronzo a 29”6. «Sapevamo che la Francia era forte, ma lo sono

Lisa Vittozzi

29 anni, sul periodo nero

Orgogliosa di me per la persona che sono: il passato non mi fa più male

anche io - sorride sicura la nuova regina mondiale -. Il bello del biathlon è che ogni giorno sembra diverso, mai arrendersi dopo la prima gara. Anche stavolta un colpo è rimasto abbassato e ho dovuto sbattere la canna per aggiustarl­o. Ma sono rimasta calma, non volevo sbagliare come l’anno scorso nell’ultimo poligono a Oberhof». Lisa e il pettorale numero 10, come i suoi podi mondiali (4 individual­i, più un bronzo olimpico), Lisa che ci trascina dietro alle superpoten­ze Francia e Norvegia nel medagliere, Lisa che ha gli occhi verdi e non blu, come dice quella canzone degli Anni 60, ma le trecce sì, e forse anche per questo è tornata a essere quella degli esordi, testa, gambe e mira da prima della classe.

Festa Su Nove Mesto risuona l’Inno di Mameli e gli occhi si fanno lucidi, anche quelli di Dorothea Wierer, ieri quattordic­esima, ma prima italiana a riuscire in questa impresa. Poi è la volta dei fuochi d’artificio: non sono dell’organizzaz­ione, li ha portati l’azzurra: «Ma ne ho messi solo cinque in valigia, non volevo esagerare». Gli altri, magari, le serviranno tra due anni nei Giochi di Milano-Cortina: «Ci spero, manca sempre meno e le cose si mettono bene». Lisa chiama il cuoco, serve un bel piatto di pasta per recuperare dopo tanta fatica. E poi si sa, l’appetito vien mangiando...

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la Nba ha inserito un torneo con una formula simile perché le partite “dentro fuori” piacciono a tutti. E porta grande attenzione sul basket ad alto livello».

Nei quarti di finale c’è Trento: com’è?

«Sta facendo una bellissima stagione. Ha avuto la sfortuna di perdere Quinn Ellis per infortunio ed è stato sostituito da Matt Mooney che è diverso ma anche lui è un giocatore forte. Contro di loro abbiamo faticato e vinto solo all’ultimo quarto».

▶E Brescia capolista?

«Posso dire solo bene. È forte e sta giocando benissimo. Un primato meritato». rento arriva in Coppa nel momento più difficile della sua stagione. Dopo essere transitata anche al 3° posto in classifica, oggi sarebbe fuori dai playoff causa 6 sconfitte nelle ultime 7 partite che l’hanno fatta precipitar­e al 10° posto. La squadra ha perso per infortunio il “gioiellino” Ellis, ha inserito l’esterno Mooney per il trasparent­e Stephens ed è uscita dall’Eurocup dopo avere accarezzat­o la qualificaz­ione ai playin. Il coach Paolo Galbiati, 39 anni, milanese cresciuto nelle giovanili Olimpia, deve a questo torneo il lancio ad alto livello nel coaching italiano: nel 2018 ha alzato il trofeo alla guida di Tori

TPaolo Galbiati, 39 anni, ha vinto la Coppa con Torino

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