La Gazzetta dello Sport - Sicilia

Djokovic avanza senza sorriso «Quando gioco non mi diverto»

- Ri.cr.

on arrivava così avanti a Montecarlo da 9 anni (2015, vinse il torneo per la seconda e ultima volta), ha staccato Nadal nel numero di semifinali giocate nei 1000 (77), l’ennesimo record di una carriera leggendari­a, diventando il più vecchio dell’Era Open a prendersi un posto tra i primi quattro nel Principato. Eppure lo sguardo di Novak Djokovic resta velato di tristezza, il suo linguaggio del corpo in campo segnala disagio e anche le parole dopo il successo con De Minaur non allontanan­o i dubbi sulle reali condizioni del numero uno: «Alla fine non mi andava di festeggiar­e troppo, la cosa più importante è che fosse finita la partita». L’australian­o lo ha aiutato mettendo in campo appena il 42% di prime, un suicidio contro quello che resta il miglior ribattitor­e della storia, e Nole ha alternato prodezze a errori grossolani, dimostrand­o che la crisi non è ancora alle spalle anche se l’obiettico dichiarato è farsi trovare pronto per il Roland Garros, visto che solo gli Slam ormai sembrano stimolargl­i la proverbial­e fame di successi: «In tutta onestà, non è stata una gran partita, soprattutt­o nel secondo set ci sono stati tanti errori e ho perso troppe volte il servizio: sulla terra può accadere che sia più difficile controllar­e i tuoi turni di battuta, ma nel secondo set non ero soddisfatt­o del mio rendimento. Sai, a volte bisogna comunque solo trovare un modo per vincere, stavolta è stato così. Durante il match ho avuto alcuni momenti davvero belli, alcuni momenti brillanti, e altri in cui ho avuto difficoltà a colpire la palla in modo pulito. Ma alla fine, un incontro abbastanza simile a quello con Musetti, nei tratti importanti sono riuscito a ottenere il break che contava per garantirmi la vittoria». Dice di avvertire

NNon è stata una gran partita, ma in certi casi devi trovare soltanto il modo giusto per portarla a casa

Novak Djokovic, 36 anni, re di Montecarlo nel 2013 e nel 2015

ancora le farfalle allo stomaco quando è negli spogliatoi, ma è evidente che qualcosa sta ingolfando gli ingranaggi: «Mi piace ancora l’allenament­o, anche se non come prima, mi piace l’imprevedib­ilità del mio sport, ma in campo non mi sto divertendo». Però a un Djokovic in semifinale devi sempre dare credito, soprattutt­o se è avanti 5-0 nei precedenti con Ruud, l’avversario di oggi. Il norvegese, che solo 18 mesi fa era in corsa per il numero uno e poi è piombato in una crisi mentale più che tecnica dopo la finale persa a giugno al Roland Garros, proprio contro Djokovic, sembra finalmente aver ritrovato il senso della vita («Arrivare così in alto in classifica mi aveva messo tanta pressione») e sulla terra può di nuovo diventare un’insidia per tutti. Perché a volte ritornano.

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Per il tris

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