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«Degni della Grande Inter Ci siamo ripresi lo scudetto prestato al Milan nel 2022»

Dalla terrazza 21 in Duomo si affacceran­no i giocatori e Inzaghi. Il live dopo Inter-Lazio: attesa per Bocelli e Pezzali

- Di Luca Taidelli

ianfranco Bedin era il cucciolo della Grande Inter, inventato mediano dal Mago Herrera al posto di Carlo Tagnin. L’allora ragazzo di San Donà di Piave è stato il più giovane a vincere scudetto, coppa dei Campioni e Interconti­nentale. Un simbolo della corazzata nerazzurra che il 15 maggio 1966 col 4-1 sulla Lazio, conquistò il decimo scudetto, quello della stella precedente al bis di Lautaro&C.

GBedin, quale fu la prima sensazione quel giorno?

«Quella di toccare il cielo con un dito, perché ero un ragazzino alla sua prima esperienza, pieno di energia ed entusiasmo. Mi sentivo invincibil­e. Herrera a un certo punto decise che io, che fino ad allora avevo fatto l’attaccante esterno nella squadra riserve segnando un sacco di gol, avrei preso il posto di Tagnin, che era stanco. Non so cosa aveva visto in me, fatto sta che il Mago era un visionario. Vincemmo la prima partita, poi la seconda e non uscii più».

▶Prima

della stella, vinceste l’Interconti­nentale, malgrado... i sassi degli argentini. «Che esperienza con l’Independie­nte ad Avellaneda! Dopo il 3-0 per noi nell’andata di San Siro, là ricordo alcuni dei nostri in panchina con il caschetto protettivo. Peirò fu colpito da un sasso lanciato con la fionda. Giocò con un bernoccolo gigante. Al momento di entrare allo stadio, il nostro pullman rimase bloccato in una sorta di agguato, con le auto parcheggia­te male apposta per non farci passare. Quando iniziò il lancio di pietre, per fortuna l’autista decise di fare strike distruggen­do tutte le fiancate per portarci in salvo».

▶Nel ‘66 avrebbe creduto che per la seconda stella sarebbero serviti altri 58 anni?

«Ovviamente no, già ai miei tempi avremmo potuto vincere altri scudetti, oltre alla Coppa Campioni contro il Celtic. Invece nel ‘67 arrivammo a fine stagione stracotti e in quattro giorni, tra Lisbona e Mantova, ci scivolò tutto tra le dita. Il Mantova era retrocesso da mesi ma vinse 1-0, la colpa fu data a Sarti che poi passò alla Juve e si prese tutte le colpe. Ma io stesso sbagliai due gol incredibil­i. La verità è che eravamo bolliti. Bisogna considerar­e che ai tempi vivevamo in ritiro. Giocando la domenica e il mercoledì, anche dopo la partite tornavamo in ritiro. L’unico momento per vedere le famiglie era il giovedì pomeriggio. Dopo anni così, eravamo stracotti».

▶Le

due stelle hanno come comune denominato­re la famiglia Moratti.

«Massimo, persona stupenda che poi mi ha permesso di rimanere in nerazzurro a vita studiando gli avversari anche con Mancini e Mourinho, già allora seguiva la squadra col padre. Angelo era un grande uomo, la sua personalit­à forte mi metteva in difficoltà, ricordo ancora quando mi consegnò il primo contratto, dicendo che lo riteneva soddisface­nte. Al tempo non si trattava sui soldi...».

▶Co⏻a rispondere­bbe a chi le dovesse dire che gli scudetti sul campo sono 19?

«Mi farei una grande risata e gli direi che sono tutti e 20 meritatiss­imi. E che avremmo potuto e dovuto vincerne diversi altri... Non mi faccia aggiungere altro. Noi siamo orgogliosi dei nostri scudetti. Dovrebbero solo applaudirc­i, dopo un campionato del genere».

▶Quella di Inzaghi è stata l’Inter più bella?

«Di sicuro ci siamo divertiti tanto. Vedo in Lautaro e compagni la stessa convinzion­e che avevamo noi. Grande rispetto per gli avversari, ma sapevamo che alla fine vincevamo noi».

Un altro tratto comune tra questa e la Grande Inter?

«L’efficacia e la tecnica. Noi andavamo in porta con 3-4 passaggi grazie al lancio di Suarez per Mazzola o Jair. Inzaghi oggi ci arriva con venti passaggi e va in porta con la palla».

Quanto è stato bello vincere lo scudetto nel derby?

«Temevo che ne nascesse una partita bloccata tra paura loro di

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 ?? LIVERANI ?? Mediano della Grande Inter
Gianfranco Bedin, al centro, con Mario Corso, Giacinto Facchetti (sullo sfondo), Spartaco Landini e Sandro Mazzola
LIVERANI Mediano della Grande Inter Gianfranco Bedin, al centro, con Mario Corso, Giacinto Facchetti (sullo sfondo), Spartaco Landini e Sandro Mazzola

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