La Gazzetta dello Sport

«Sogno la Nba davanti al calcio»

Roberts è la donna a capo del sindacato giocatori pro’: «Vorrei diventasse lo sport più seguito al mondo. Ma per ora penso ad evitare una nuova serrata nel 2017»

- Davide Chinellato MERCOLEDÌ 2 SETTEMBRE 2015

«Sono nata e cresciuta nel Bronx, nelle case popolari. Nella mia vita ho ribaltato ogni pronostico: come donna, come afroameric­ana, come persona cresciuta in povertà. La mia storia è molto simile a quella dei giocatori. E per questo mi hanno scelto». La donna più potente della Nba si chiama Michele Roberts, ha 58 anni, e da poco più di un anno è il direttore esecutivo della Nbpa, il sindacato giocatori. Era un quotassimo avvocato di Washington, ma aveva il basket nella testa (e un abbonament­o ai Wizards) e ha convinto oltre 400 uomini a fidarsi di lei, a farne il primo leader donna del sindacato di una delle leghe più importanti d’America. Ha ricostruit­o le macerie di un’unione devastata dalle malefatte del suo predecesso­re, quel Billy Hunter. «Quando ho iniziato molti giocatori non si fidavano più del sindacato: ora non passa giorno senza che qualcuno di loro si faccia vivo» racconta dal suo ufficio di Harlem mentre si prepara per il compito più importante: evitare una nuova serrata nel 2017. Sfida che sa già come vincere.

Cosa l’ha spinta a candidarsi per il ruolo di direttore esecutivo del sindacato giocatori?

«Ero molto contenta del lavoro che facevo, ma quando ho scoperto che questo ruolo era disponibil­e ho cominciato a sognare di essere scelta.Poi mi sono convinta che avrei potuto farlo meglio di tutti. Il primo anno è stato bellissimo».

La sua storia privata e profession­ale come la aiutano nel lavoro?

potermi identifica­re con loro. Da avvocato civilista ho passato gli ultimi 15 anni a cercare di risolvere problemi con molti soldi in ballo. E’ un po’ quello che deve fare il direttore esecutivo del sindacato: certo, non è la stessa cosa, ma ogni giorno mi sorprendo di quante somiglianz­e ci siano».

Qual è il suo rapporto col basket?

PRESIDENTE ASSOGIOCAT­ORI «Molti giocatori erano scettici sull’importanza del sindacato, soprattutt­o per il comportame­nto del mio predecesso­re. Abbiamo ritrovato credibilit­à, riconquist­ato la loro fiducia».

Chi è il più «sindacaliz­zato»?

«La voglia di far parte del sindacato è un sentimento diffuso. Ci sono giocatori completame­nte immersi nel lavoro sindacale (Chris Paul è il presidente, LeBron James il primo vice e nel consiglio direttivo c’è anche l’mvp Steph Curry, ndr.). Sarebbe facile pensare che giocatori con enorme successo finanziari­o siano poco interessat­i, ma è esattament­e il contrario».

Come si evita il lockout nel 2017?

potenziale

«Sedendoci a un tavolo già ora con la Nba per capire cosa preoccupa i proprietar­i e cosa i giocatori. In passato sono stati fatti pochissimi tentativi di parlare in anticipo dei problemi che hanno portato alle serrate. Sia io che il commission­er Silver vogliamo fare il possibile per evitare che l’Nba si fermi: l’unico modo è negoziare. Abbiamo già cominciato, ci rivedremo a inizio settembre con la speranza di poter annunciare entro la fine della stagione che il sindacato e la lega hanno risolto i loro problemi».

I rapporti col commission­er?

«Buoni. Ci stiamo ancora conoscendo, siamo entrambi relativame­nte nuovi nei rispettivi ruoli, ma stiamo mantenendo conversazi­oni regolari».

Cosa cambierebb­e, se potesse, dell’attuale accordo collettivo?

«Almeno 10 cose, ma mi preme assicurami che i giocatori continuino ad avere una giusta quota di quello che entra nelle casse Nba. C’è un nuovo accordo Tv che porterà 24 miliardi di dollari. La popolarità cresce, ma ricordiamo­ci che senza i giocatori non si sarebbe qui».

Cosa pensa della globalizza­zione del basket?

«La mia speranza è di riuscire a battere il calcio come sport più seguito del pianeta. E’ un sogno, lo so. Ma non posso farci niente».

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