«Sogno la Nba davanti al calcio»
Roberts è la donna a capo del sindacato giocatori pro’: «Vorrei diventasse lo sport più seguito al mondo. Ma per ora penso ad evitare una nuova serrata nel 2017»
«Sono nata e cresciuta nel Bronx, nelle case popolari. Nella mia vita ho ribaltato ogni pronostico: come donna, come afroamericana, come persona cresciuta in povertà. La mia storia è molto simile a quella dei giocatori. E per questo mi hanno scelto». La donna più potente della Nba si chiama Michele Roberts, ha 58 anni, e da poco più di un anno è il direttore esecutivo della Nbpa, il sindacato giocatori. Era un quotassimo avvocato di Washington, ma aveva il basket nella testa (e un abbonamento ai Wizards) e ha convinto oltre 400 uomini a fidarsi di lei, a farne il primo leader donna del sindacato di una delle leghe più importanti d’America. Ha ricostruito le macerie di un’unione devastata dalle malefatte del suo predecessore, quel Billy Hunter. «Quando ho iniziato molti giocatori non si fidavano più del sindacato: ora non passa giorno senza che qualcuno di loro si faccia vivo» racconta dal suo ufficio di Harlem mentre si prepara per il compito più importante: evitare una nuova serrata nel 2017. Sfida che sa già come vincere.
Cosa l’ha spinta a candidarsi per il ruolo di direttore esecutivo del sindacato giocatori?
«Ero molto contenta del lavoro che facevo, ma quando ho scoperto che questo ruolo era disponibile ho cominciato a sognare di essere scelta.Poi mi sono convinta che avrei potuto farlo meglio di tutti. Il primo anno è stato bellissimo».
La sua storia privata e professionale come la aiutano nel lavoro?
potermi identificare con loro. Da avvocato civilista ho passato gli ultimi 15 anni a cercare di risolvere problemi con molti soldi in ballo. E’ un po’ quello che deve fare il direttore esecutivo del sindacato: certo, non è la stessa cosa, ma ogni giorno mi sorprendo di quante somiglianze ci siano».
Qual è il suo rapporto col basket?
PRESIDENTE ASSOGIOCATORI «Molti giocatori erano scettici sull’importanza del sindacato, soprattutto per il comportamento del mio predecessore. Abbiamo ritrovato credibilità, riconquistato la loro fiducia».
Chi è il più «sindacalizzato»?
«La voglia di far parte del sindacato è un sentimento diffuso. Ci sono giocatori completamente immersi nel lavoro sindacale (Chris Paul è il presidente, LeBron James il primo vice e nel consiglio direttivo c’è anche l’mvp Steph Curry, ndr.). Sarebbe facile pensare che giocatori con enorme successo finanziario siano poco interessati, ma è esattamente il contrario».
Come si evita il lockout nel 2017?
potenziale
«Sedendoci a un tavolo già ora con la Nba per capire cosa preoccupa i proprietari e cosa i giocatori. In passato sono stati fatti pochissimi tentativi di parlare in anticipo dei problemi che hanno portato alle serrate. Sia io che il commissioner Silver vogliamo fare il possibile per evitare che l’Nba si fermi: l’unico modo è negoziare. Abbiamo già cominciato, ci rivedremo a inizio settembre con la speranza di poter annunciare entro la fine della stagione che il sindacato e la lega hanno risolto i loro problemi».
I rapporti col commissioner?
«Buoni. Ci stiamo ancora conoscendo, siamo entrambi relativamente nuovi nei rispettivi ruoli, ma stiamo mantenendo conversazioni regolari».
Cosa cambierebbe, se potesse, dell’attuale accordo collettivo?
«Almeno 10 cose, ma mi preme assicurami che i giocatori continuino ad avere una giusta quota di quello che entra nelle casse Nba. C’è un nuovo accordo Tv che porterà 24 miliardi di dollari. La popolarità cresce, ma ricordiamoci che senza i giocatori non si sarebbe qui».
Cosa pensa della globalizzazione del basket?
«La mia speranza è di riuscire a battere il calcio come sport più seguito del pianeta. E’ un sogno, lo so. Ma non posso farci niente».