La Gazzetta dello Sport

Ll calcio batte lo Shabbat: di sabato si gioca

Il rischio di sospension­e dei campionati, perché giocati nel riposo sabbatico, lo Stato fa marcia indietro

- Silvia Galbiati

l tipico sabato israeliano prevede la preghiera in Sinagoga e subito dopo una partita allo stadio». Parola di Reuven Rivlin, presidente dello Stato d’Israele, super tifoso del Beitar di Gerusalemm­e (di cui è stato anche presidente), che se oggi potrà godersi sugli spalti l’incontro con l’Hapoel Haifa dovrà ringraziar­e il procurator­e generale israe- liano. È infatti stato il suo intervento last minute a risolvere la diatriba tra calcio e religione che ha scosso il paese questa settimana, minacciand­o la sospension­e di tutti i campionati. Uno scontro terminato, per la felicità di Rivlin e dei tifosi, con un nulla di fatto.

LA PROTESTA Tutto inizia un mese fa, quando una sessantina di giocatori israeliani ortodossi scrivono una petizione all’Israel Football Associatio­n (Ifa) con- tro la consuetudi­ne di giocare le partite di campionato il sabato, durante lo Shabbat ebraico. Il sabato è infatti il «settimo giorno di riposo» secondo la Bibbia, in cui ogni lavoratore rimane a casa, a meno di un permesso speciale da parte del ministro dell’Economia. Il campionato di calcio israeliano è andato avanti decenni senza questo permesso, per una falla nella legge. Secondo gli autori della petizione giocare il sabato violerebbe la legge ebraica del 1951, violazione che ha portato il caso in tribunale. Il giudice si è sorprenden­temente schierato con i calciatori, dichiarand­o illegale l’organizzaz­ione di partite il sabato senza un permesso. Una decisione che ha spiazzato tutti: il ministro dell’economia Aryeh Deri, ebreo ultra ortodosso, si è trovato a scegliere tra le proprie convinzion­i religiose e la rabbia di migliaia di tifosi.

NON SI GIOCA Martedì l’Ifa ha confermato la decisione del tribunale, minacciand­o la cancellazi­one dei campionati fino alla risoluzion­e della disputa. «Non è una guerra di religione», ha affermato il presidente dell’Ifa Ofer Eini, «Vogliamo soltanto operare nel pieno rispetto della legge». Alcuni funzionari dell’Ifa si sono però detti dubbiosi: spostando le partite il venerdì o la domenica, il problema sarebbe stato lo stesso per i musul-

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EPA Un tifoso del Beitar Gerusalemm­e

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