La Gazzetta dello Sport

Kansas City, un trionfo da romanzo

Un dominio atteso da 30 anni. L’mvp Perez: «La vittoria dell’identità: siamo i migliori, basta col passato»

- Stefano Arcobelli

Dal tormento all’estasi: il lavoro è compiuto, completato, esaltato da un dominio, in casa e fuori, che quasi l’avevano pensato, desiderato, programmat­o così i Royals. Kansas City torna capitale d’America nel baseball, lo sport più amato, e lascia neanche tanti rimpianti ai Mets, all’altra New York, che ha sprecato 2 partite su 3 in casa cedendole agli extra inning. Perdendo alla fine tutto. Se perdi anche quando stai davanti 2-0 al 9° inning, l’ultimo turno, resta poco a cui aggrappars­i se non compliment­arsi con gli avversari, come ha fatto Terry Collins, il manager degli sconfitti.

MERITI E se fosse tutto merito dei Royals? Dei lanciatori di Ned Yost, i partenti con Volquez (che è salito sul monte con la morte di papà nel cuore), Cueto e Chris Young ed il close Wade Davis, 43 salvezze su 48 in stagione); dei battitori dal primo all’ultimo: dal leadoff Alcides Escobar (una striscia di 15 valide nei playoff) al ricevitore mvp Salvador Perez, dagli interni Zobrist ed Hosmer, all’esterno Lorenzo Cain, il cui doppio da 3 punti domenica notte al Citi Field ha spento per sempre le ultime speranze dei Mets. Era il 12° inning, la ripresa da 5 punti che ha chiuso la stagione più costante ed esaltante dei Royals, cominciata proprio da quel pensiero delle World Series consegnate ai

San Francisco Giants un anno fa in gara-7. Se c’è una cosa difficile nello sport è ribaltare un secondo posto in un trionfo: I Royals hanno fatto come gli Athletics — che trasferiro­no la franchigia da Kansas City ad Oakland nel 1967 —: nel 1989, dopo la resa dell’anno prima dai LA Dodgers, reagirono poderosame­nte

infliggend­o il cappotto a San Francisco. Corsi e ricorsi: una squadra sconfitta nelle World Series precedenti si trasforma in una macchina vincente l’anno successivo. E i Royals, già che si giocava nella Grande Mela, hanno pure imitato i NY Yankees del 1961, che dopo lo shock in gara-7 si sono ripresi facendo meno fatica. Chiudendo la serie finale facendo meno fatica. Dopo aver liquidato Houston e Toronto, dopo aver messo subito in chiaro contro i Mets, reduci dal cappotto sui Chicago Cubs, che niente avrebbe potuto fermare questa squadra nella quale tutti sono utili e nessuno indispensa­bile. «E’ una squadra speciale, non se ne vedono molte in giro. Ora che è tutto finito bene, posso dire d’averlo urlato ai miei il primo giorno che li radunai in mezzo al campo: non solo voglio la finale di un anno fa, ma voglio vincerla stavolta contro chiunque: non avrei potuto scrivere una sceneggiat­ura migliore» fa il capo allenatore per usare una metafora, per dare il senso del trionfo che pare un romanzo.

CARATTERE Del resto solo una squadra che parte a razzo, perde la terza, evita di farsi prendere nella serie in gara-4 e chiude i conti nella quinta, può davvero considerar­si la più attrezzata, la più forte. «Abbiamo annullato la delusione di un anno fa non pensandosi più, senza esitare più, consideran­doci i numeri 1» racconta il ricevitore, il grande regista Perez. E’ anche il trionfo di chi è cresciuto in casa, come Mike Moustakas, Alex Gordon ed Eric Hosmer che hanno finalmente coronato il desiderio di vincere per la propria città. Una squadra che oltre alle qualità, ha dimostrato di avere un’identità. E’ proprio un trionfo Royals!

Il manager Yost: «E’ una squadra speciale, non se ne vedono molte in giro come questa»

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1. I Kansas City Royals liberano la gioia nel diamante del Citi Field con il trofeo atteso da 30 anni 2. Il ricevitore Salvador Perez, esulta anche per essere stato nominato mvp della serie contro i Mets 3. Il lanciatore vincente Drew Butera (a...
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