JUVE DA CHAMPIONS MORATA&MANDZUKIC
Allegri esclude Dybala e punta sul tandem che ha più gol in Europa
Il senso del rispetto riconquistato si percepì prima di Berlino. Un settimanale tedesco generalista - politica, scienza e società fra i temi più seguiti – presentò la finale di Champions con un servizio di quattro pagine sulla Juventus e non su Messi. Si aspettavano di vedere nella capitale il Bayern o il Real Madrid, non gli italiani, allora cominciarono a spiegare anche ai non tifosi come era stato possibile. Per parecchi giorni non si è parlato del nostro campionato come quello degli stadi lerci, della violenza ripugnante, dei debiti eterni e degli scandali continui, ma di come cinque anni dopo una squadra campione d’Italia poteva giocarsi la coppa. «Quanto fatto allora entra nella storia della Juve, dopo abbiamo dovuto metterci tutti in discussione per centrare gli obiettivi. La Champions dà una visibilità mondiale, ma non lascia il tempo di recuperare: se sbagli rischi di rimanere fuori», racconta Massimiliano Allegri.
LA POSSIBILITA’ Da Berlino a Mönchengladbach ci sono circa 600 chilometri; da una Juve all’altra quasi cinque mesi di cambiamenti, dubbi, sorprese e anche parole affilate. In Europa il disagio è minore, con una vittoria stasera e un successo del City a Siviglia i pensieri di promozione verrebbero superati. Però i vicecampioni sono discontinui nei risultati, che fanno stupore anche in Germania, tanto che Schubert la definisce «una rivale che non ha convinto in Italia». E sono pure differenti, alla ricerca della stabilità, anche nella proiezione tattica, che «conta meno rispetto all’atteggiamento» come ripete l’allenatore, ma infonde una personalità più garantita se non muta spesso.
LA SISTEMAZIONE Con il 43-3 la Juve ha sbancato Manchester e ha steso il Torino sabato; funziona se gli esterni d’attacco si sdoppiano per abbassarsi senza il possesso (Morata di solito ci sta, anche troppo, Cuadrado meno) e gli interni di centrocampo capiscono al volo il livello di difficoltà anche vicino alla fascia. Nel derby gli spostamenti di Pogba dietro alle punte hanno poi portato al gol e a un maggiore indice di pericolosità. Difficile che il Borussia piazzi un uomo in marcatura fissa sul francese come Ventura ha provato con Acquah. I due centrocampisti di Schubert, Xhaka e il diciannovenne Dahoud, tengono più la posizione che l’avversario. Ma in quel settore, dalla parte opposta, il Borussia conta di strizzare i bianconeri. Se Hernanes, non elemento di rottura, sarà confermato davanti alla difesa, avrà due seccature da gestire, perché sia Stindl che Raffael non sono prime punte ma retrocedono, girano, si spostano per aprire lo spazio o andare al triangolo. Stindl fra i due è il più polivalente; da mediano, a esterno, a trequartista, ha fatto e può fare di tutto. Il Borussia ha già mandato in rete undici giocatori diversi. Sabato a Berlino anche il terzino destro Nordtveit è arrivato all’esultanza.
ALL’ATTACCO Se vuole, non come a Torino quando venne sfoggiata soltanto la fase difensiva, sa attaccare in massa e portare quattro cinque uomini nell’area avversaria. Se avviene, la Juve dovrebbe approfittare di questo coraggio, cercare la riconquista e far valere la superiorità con ribaltamenti veloci. Con Schubert il Gladbach ha radicalmente svoltato in dati fondamentali: media gol da 0,4 a 3,5 per partita (21 centri nelle sei vittorie di Bundesliga); occasioni da gol per match da 2,4 a 7,7; contrasti vinti da 48,8% a 53,2. Effervescenti ma duri. Però il rispetto che la Juve si è guadagnata in Europa va mostrato di nuovo in Germania, per non far somigliare la Champions all’attuale Serie A.